“MELONI? NON VEDO TUTTI QUESTI SUCCESSI, NEANCHE DI POLITICA INTERNAZIONALE” – L’EX MINISTRO SOCIALISTA CLAUDIO MARTELLI SMONTA LA DUCETTA: “SCHLEIN DOVREBBE NON LASCIARE IL TEMA DELLA NAZIONE ALLA DESTRA CHE HA DISTRUTTO QUESTO PAESE E L’HA PRECIPITATO NELLA GUERRA. LA NAZIONE IN ITALIA L’HA INVENTATA LA SINISTRA CON MAZZINI E GARIBALDI, LA RESISTENZA E LA COSTITUZIONE” – E SULLO IUS SOLI: "GIÀ ESISTE, OGGI È FISSATO A DIECI ANNI DI RESIDENZA, SI PUÒ RIDURRE QUEL TEMPO”
Walter Veltroni per il Corriere della Sera - Estratti
Claudio Martelli ha pubblicato, per la Nave di Teseo, un libro dal titolo «Il merito, il bisogno e il grande tumulto».
La base è l’importante discorso, per molti versi innovativo, che tenne alla conferenza programmatica di Rimini del 1982. Che cosa ha ancora di attuale quel testo?
«Rimane l’idea fondamentale che una posizione democratica, io dico anche socialista, non può non fondarsi su quei due pilastri, due coordinate del pensiero e dell’azione in una società evoluta come è quella che abitiamo.
Si fa riferimento alla natura umana: tutti abbiamo bisogni e, più o meno, tutti abbiamo anche dei meriti, delle capacità.
Quando io li ho pensati, questi due termini, erano anche ricchi di un contenuto positivo, costruttivo, due idee forza di sviluppo e equità. E, nel tempo, per me anche, due guide, due criteri per giudicare le politiche pubbliche. Hai soddisfatto i bisogni? Hai premiato i meriti?».
giorgia meloni parla alla camera foto lapresse 2
(...)
Il merito non ha bisogno della eguaglianza delle opportunità?
«Io non credo che tutto si possa risolvere dentro i confini del liberalismo, non lo credo né in termini di fatto né in principio. Quegli argini vanno rotti, non per approdare all’opposto, ma per ripensare il rapporto tra Stato e mercato nella nuova società».
Lo Stato non è un demone...
«No, assolutamente no, e poi dipende, non ha più senso la contrapposizione Stato-mercato, perché tutti i Paesi, tutte le nazioni, grandi o piccole, vivono integrando i due elementi, utilizzando gli uni e gli altri come il freno e l’acceleratore. Anche da noi, se guardi le grandi imprese che sono rimaste, sono tutte quelle statali: Eni, Enel, Ferrovie, Leonardo, Poste. Sono sorti pochi giganti privati come Del Vecchio e molte medie imprese che fanno il nostro export. Il resto svenduto negli anni Novanta e finito male».
Torniamo al discorso sulla fine delle ideologie.
«C’è stata una lotta molto dura tra ideologie irrigidite e obsolete come il comunismo o infragilite come il liberalismo e il socialismo. Infine è riemersa quella primigenia, il nazionalismo. Vorrei che non dimenticassimo la distinzione tra patriottismo e nazionalismo, il nazionalismo è l’avversione agli altri, è identificarti attraverso l’odio per chi non è come te, il patriottismo invece è l’amore per la tua casa, e questo è sacrosanto, è giusto che ci sia, e la sinistra dovrebbe non lasciare il tema della nazione alla destra».
Cosa pensi di questo governo?
«Secondo me si è un po’ troppo corrivi con la Meloni. Io non vedo tutti questi successi, neanche di politica internazionale.
Certo è brava nelle relazioni personali, su questo non c’è ombra di dubbio, ma se poi si guarda al fondo delle questioni, quale è l’ispirazione che la guida? La nazione? Io l’ho sentita comiziare alla Camera, tre anni fa, attaccando la sinistra e dicendo che doveva fare autocritica per aver trascurato la nazione, che è il perno di tutto.
Sarà anche vero, però la nazione in Italia l’ha inventata la sinistra di Mazzini e Garibaldi, non la destra. Cavour per quei tempi era un uomo di sinistra, un liberale e il liberalismo all’epoca era la cosa più avanzata...
Poi l’ha reinventata con la Resistenza e la Costituzione. La destra, nella storia del Novecento, che cosa ha fatto per questo Paese? L’Italietta liberale disprezzata da Mussolini era anche geograficamente molto più grande di quella che lui ci ha lasciato, comprendeva l’Istria, il Dodecanneso. La destra ha distrutto questo Paese, l’ha stordito sotto un’ondata di retorica folle e di violenza, l’ha precipitato nella guerra, lo ha fatto occupare dagli stranieri».
Il problema della sicurezza e del suo rapporto con l’immigrazione, è un tema esclusivo della destra?
«L’immigrazione può essere una risorsa, ma è sempre un problema, difficilissimo da regolare, perché suscita forti emozioni, reazioni. Ma oggi chi la fa l’integrazione? Nessuno. Presentando la mia legge, che ha generato due milioni e mezzo di nuovi cittadini, io dicevo che bisognerebbe pensare all’integrazione come una forma di adozione. Arriva uno straniero, chi se ne occupa? Per il lavoro l’impresa, se è un bambino sarà la scuola o l’asilo, oppure la famiglia se è una colf, oppure la chiesa, il sindacato.
Devono venire per chiamata, per adozione. La destra ha cancellato sia il principio di adozione sia il principio dello sponsor, dicendo che era un trucco per farne venire di più. No, era un’assunzione di responsabilità. Colgo l’occasione per dire agli amici del Pd che lo Ius soli già esiste, oggi è fissato a dieci anni di residenza, si può ridurre quel tempo. Ho visto che c’è chi propone che dopo 10 anni di scuola i ragazzi diventino italiani. Ma è già così, 10 anni, però non deve valere soltanto per i ragazzi, anche per i genitori. Non si capisce perché il bambino può diventare italiano e il papà e la mamma che l’hanno portato qui no, con l’effetto di separare legalmente le famiglie. Ma perché?».
Il socialismo è finito nel 1900?
«All’origine della nostra vita, della nostra storia, c’è la società. La signora Thatcher diceva: “Io non vedo la società, vedo solo gli individui”. Ti sbagli cara, vedi male. La famiglia, come del resto dice anche la nostra Costituzione, è la società naturale. Natura e società esistono prima degli individui. Poi la mano pubblica agisce per diminuire, o incrementare, le differenze di partenza. Qual è lo scopo del socialismo? Secondo me è quello che diceva Pietro Nenni: “Portare avanti chi resta indietro”.
giorgia meloni parla alla camera foto lapresse 1
Naturalmente non si può fare se la società deperisce, si impoverisce e quindi bisogna incrementare e premiare quanti sanno farla progredire. Io ero terrorizzato dal rischio che le persone di capacità e di merito venissero attratte e si sottomettessero ai capitalisti, volevo tenerle invece da questa parte della storia. E volevo che risarcire il bisogno e riconoscere i meriti fosse l’ossessione della sinistra. Se questa parola ha ancora un valore».