“NON SA STARE ALLE REGOLE, LA SUA CONDOTTA COSTITUISCE L’INTEGRALE SMENTITA DEI BUONI PROPOSITI ESTERNATI” – L’EX SINDACO DI ROMA GIANNI ALEMANNO RESTA IN CARCERE E DOVRÀ SCONTARE, RIPARTENDO DA ZERO, I 22 MESI DELLA SUA CONDANNA PER TRAFFICO DI INFLUENZE - LO HA DECISO IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA, CHIAMATO A PRONUNCIARSI SULLE VIOLAZIONI DI “ALE-DANNO” AL REGIME DI PENA ALTERNATIVA CHE AVEVA OTTENUTO FACENDOSI ASSEGNARE ALLA COMUNITÀ “SO. SPE.” DI SUOR PAOLA - I GIUSTIFICATIVI DI COMODO PER ALLONTANARSI DAL LAZIO E NON RIENTRARE A CASA ENTRO LE 22, COME ERA SUO OBBLIGO, E GLI INCONTRI CON I PREGIUDICATI COME…
Fulvio Fiano per il Corriere della Sera - Estratti
Gianni Alemanno resta in carcere e qui dovrà scontare, ripartendo da zero, i 22 mesi della sua condanna per traffico di influenze, ricevuta in un rivolo dell’inchiesta «Mondo di mezzo». Lo ha deciso il Tribunale di sorveglianza, chiamato a pronunciarsi sulle violazioni dell’ex sindaco di Roma al regime di pena alternativa che aveva ottenuto facendosi assegnare alla comunità «So. Spe.» di suor Paola. Alemanno era stato arrestato il 31 dicembre.
Più volte l’ex ministro dell’Agricoltura nel governo Berlusconi ha infatti prodotto giustificativi di comodo per allontanarsi dal Lazio e non rientrare a casa entro le 22, come era suo obbligo. Per promuovere il suo movimento Indipendenza ha anzi partecipato a incontri politici in Liguria, Calabria, Veneto, Lombardia, mascherandoli dietro impegni di lavoro nella sua veste di amministratore in una società immobiliare. Nei suoi viaggi Alemanno ha incontrato anche pregiudicati, come Paolo Colosimo (zio del presidente della commissione antimafia Chiara Colosimo) altra fattispecie incompatibile con l’affidamento, ed è risultato essere indagato per riciclaggio in un’altra inchiesta. «Ho sbagliato ma l’ho fatto perché innamorato della politica», si era giustificato lui nell’udienza di venerdì scorso.
Nel motivare il provvedimento in senso più restrittivo di quanto chiesto sia dalla difesa (i domiciliari) sia dal sostituto procuratore generale (scontare i 18 mesi residui al netto dei quattro già trascorsi in comunità) il Tribunale rimanda al periodo troppo esiguo trascorso in affidamento prima delle violazioni. Una messa alla prova da considerare fallita per «il mancato recepimento dell’offerta rieducativa» denotando «l’incapacità del soggetto di adeguarsi alle regole ordinamentali ripetutamente violate con pervicacia, dimostrando inettitudine ad autodeterminarsi in senso positivo».
E questo anche in considerazione della «modesta afflittività delle prescrizioni, a fronte dell’entità di una prolungata ed ininterrotta condotta violativa, di gravità inaudita». Sempre secondo il giudice, queste condotte «lungi dal rivelare un positivo evolversi della personalità, sono sintomatiche di strumentalizzazione da parte dell’affidato degli ampi spazi di apertura concessi, palesano una radicata e recrudescente condotta di vita all’insegna del mancato rispetto delle regole dell’ordinamento e costituiscono l’integrale smentita dei buoni propositi esternati».
Duro il commento dell’avvocato difensore, Cesare Placanica: «Stupisce, al pari di un arresto la notte di Capodanno, che non sia stato considerato neppure il parere del procuratore generale che salvava il primo periodo di affidamento.
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