“A UNA FESTA DI ALBERTO SORDI MI PRESENTAI BRILLO. MI AVVICINAI PER UNA FOTO E LUI: 'MI SA CHE STASERA NUN TE SEI BEVUTO LA 'FERRARELLE'...” – L’ATTORE RICCARDO ROSSI RACCONTA LA SUA VITA DA "TAMPINATORE SERIALE" DI STAR, DA SEAN CONNERY A FANNY ARDANT - LA PRESUNTA COTTA PER FEDERICA MORO (“NON MI FILAVA PROPRIO, ERA GIÀ UNA STAR”), CLAUDIA GERINI, FIORELLO E BUBLE’ E QUELLA CENA "IN UN TAVOLO LATERALE" DALLA CARRA’ – "A 62 ANNI RESTO UNO SCAPOLONE. SE TI SPOSI, DOPO CHE TI RIMANE TRA I SACRAMENTI? GIUSTO L’ESTREMA UNZIONE”
Giovanna Cavalli per corriere.it - Estratti
L’inquilino del piano di sopra.
«Quando ero piccolo quassù ci abitava Domenico Modugno. Avevamo il telefono in comune».
Il mitico duplex della Sip.
«Papà non lo voleva. “Capirai, lei starà sempre al telefono”. “Tranquillo, chiamo solo di notte”».
Bocciato alla maturità.
«Ero uno da sei e mezzo fisso. All’orale però persi la testa. Litigai con il commissario, esimio grecista. Sostenevo che I Malavoglia fossero una robetta».
Anche lei però.
«Si arrabbiò. Andai male pure in matematica. Speravo in un 36,invece dovetti ripetere il terzo liceo classico. L’anno dopo in classe leggevo il giornale». E puoi giurarci che faceva un gran chiasso Riccardo Rossi, 62 anni, attore e volto molto familiare di cinema, teatro e tv. Uno che conosce tutti e che tutti conoscono. E che di solito inizia una frase parlando e la termina urlando, preso com’è dall’entusiasmo del racconto.
(...)
Dopo di che, Pony express.
«Sul Vespone 125, senza parabrezza perché era considerato da “soggettone”. Quanta acqua ho preso. Entravo strillando: “C’è da firmare qui!”».
Mi pare di sentirla. Intanto debuttava al cinema con «College», commedia cult del 1984.
«Il primo giorno di riprese dovevo baciare la ragazza che era la mia fidanzatina nel film. Ero agitatissimo. Per farmi perdonare in anticipo le portai un mazzo di anemoni».
Andò ospite di Baudo vestito da cadetto.
«Tentai di rubare il vestito di scena, lo nascosi nello zainetto, fui scoperto e costretto a restituirlo ai costumisti. Però mi sono tenuto le scarpe bianche».
Non prese una cotta per Federica Moro?
«Lei non ci filava proprio, era già una star».
Diventò segretario tuttofare per Enrico Lucherini, il re dei press agent.
«Mi conosceva già. Una volta gli avevo rotto le scatole davanti a un cinema perché volevo sapere a tutti i costi quando partiva Fanny Ardant da Fiumicino, per farmi una foto insieme a lei».
E l’ha beccata?
«Sì sì».
riccardo rossi gianni boncompagni
Quante ne ha viste, in quei due anni.
«Le conferenze stampa casalinghe con Zeffirelli: i giornalisti sdraiati sul lettone di Enrico, Franco seduto sul divano».
Quella movimentata con Francesca Dellera.
«Le chiesero: “Qual è la tua attrice preferita?”. “La Loren”. Gina Lollobrigida, accanto a lei, era furibonda”».
Beh, lo credo.
«Eh ma la Lollo aveva cominciato per prima, dichiarando che era stata costretta a doppiarsi per colpa della Dellera che in presa diretta, beh, insomma, ha capito».
Finì a «Non è la Rai» a fare Cenerentola.
«Un’idea di Boncompagni. Mi misero la parrucca bionda, la borsetta e le ballerine».
Numero?
«43».
È tornato in teatro con il suo nuovo spettacolo «Volevo fare il musicista».
«La musica era la mia grande passione. Mamma mi mandava a Santa Cecilia con le sue zie ottantenni. Avrei voluto studiare al conservatorio, mi spedì al classico. “Devi diventare giornalista come tuo nonno Paolo”. Da quattro anni ho ripreso a fare lezioni di piano».
(…)
A tempo perso era un instancabile tampinatore seriale di star. Tipo Sean Connery.
«Dopo la prima di Mai dire mai nel 1983, l’ho inseguito dall’hotel Hassler alla Cassia, solo per scoprire dove andava a mangiare. Arrivò a casa di Ursula Andress. Appena scese dall’auto, inchiodai, saltai giù e lo rincorsi strillando:”Signor Connery! Signor Connery!».
L’avrà presa per matto schizzato.
«Dai, avevo 21 anni. Io e il mio amico ci eravamo spacciati per due giornalisti».
Risultato?
«Quella foto che vede lì sopra».
Le pareti dello studio di casa Rossi sono tappezzate di fotografie di celebrità, autografate e no. «Guardi bene, io e Sean Connery abbiamo la stessa giacca».
(…)
Alberto Sordi la rimbalzò.
«Alla festa per i suoi 70 anni gli chiesi una foto insieme, mi rispose: “Nun me va”. Ci riprovai per quella degli 80. Il suo ufficio stampa Paola Comin ebbe pietà di me e mi lasciò entrare. Però ero seduto lontanissimo da Albertone».
Beh.
«Ma avevo un piano. Ad ogni portata, approfittando del fatto che la gente andava e veniva, cambiavo tavolo, avvicinandomi sempre di più. E brindavo col prosecco. Al dolce, ormai brillo, mi ritrovai seduto al tavolo di Piero Piccioni, accanto a Rita Levi Montalcini e Silvio Berlusconi che mi chiese: “Lei che lavoro fa?”. “Veramente sarei un attore, anche per le sue reti”».
fiorello susanna biondo riccardo rossi
E Sordi?
«A un tratto si alza, io lo inseguo. “Alberto, Alberto! Ti prego, una foto!”. Farfugliavo, con tutto quel prosecco che mi ero scolato. E lui: “A’ Rossi, mi sa che stasera nun te sei bevuto la Ferrarelle”. Ma la fece, guardi, sta lassù».
Con Raffaella Carrà a «Carramba che fortuna».
«Con lei stavo buono. Era molto gentile, ma impaurita dalla mia irruenza. Una sera mi invitò a cena a casa sua con altre persone. C’era il tavolo grande, più importante. E uno laterale, dove aveva messo anche me. “Lì state più comodi”. Ma era comunque un onore per me».
Amico e autore di Fiorello.
«Una grande scuola, lavorare con lui. A casa sua mi ha fatto conoscere Michael Bublé. “Ma non azzardarti a chiedergli una foto”».
Conosceva il suo pollo. Com’è andata?
«Benissimo. È finita in caciara. A cantare tutti in coro Funiculì funiculà».
Niente foto?
«Aspetti. Stavo chiacchierando con Emily Blunt, che ai tempi era la sua fidanzata, ero l’unico che la conosceva. Giuro che non ho chiesto niente. Ad un tratto mi fa: “Dai, facciamo una foto io, te e Michael”. “Beh, se insisti”».
Agli inizi girò uno spot per i Baci Perugina con Claudia Gerini.
«Stavamo nella stessa agenzia, ci capitava spesso di presentarci ai provini insieme. Claudia voleva proprio fare l’attrice, io ero più vago, non avevo ancora deciso».
Era giudice di «Cuochi e Fiamme» su La7.
«Fu un’idea di Barbara Boncompagni. Cucina bene, da buona forchetta sono spesso a cena a casa sua».
E lei come se la cava ai fornelli?
«Faccio i piatti di nonna Fernanda. Spezzatino, amatriciana, cacio e pepe. Durante il programma mi toccavano 16 assaggi al giorno. Più gli avanzi, tra una pausa e l’altra. Il problema era quando alle 10 di mattina magari dovevo mangiare il risotto al nero di seppia. Era dura».
Non la si trova mai sui giornali di gossip.
«Perché non vado in giro per locali. Sto a casa. Sono un tipo tranquillo, piaccio alle mamme».
Ha amici tra i colleghi di un tempo?
«Fabio Ferrari, de I Ragazzi della Terza C».
E poi chi frequenta?
«A volte succede per caso. Una sera ho incrociato Fausto Leali e l’ho invitato a cena. Ci siamo fatti fuori una boccia di vodka in quattro. Mi ha cantato A chi di là in cucina».
(…)
Me lo figuro.
«Una volta invece ero a Bologna ed ho chiamato Gianni Morandi. Mi fa: “Vuoi venire a farti due spaghetti qui da me?”. Siamo stati a chiacchierare sei ore, poi mi ha pure riaccompagnato alla stazione. Non molla mai. Vorrei avere il suo spirito e il suo entusiasmo».
Nella vita privata è uno scapolone convinto, come il suo mito Alberto Sordi.
«Ho pensato tanto al lavoro. Ma ero un romanticone, sognavo l’amore eterno, l’anima gemella».
Non l’ha trovata.
«Ho avuto qualche storia bellissima, le mie ex adesso sono tutte mie amiche».
Ha una collezione speciale.
«Ho tenuto tutte le partecipazioni di nozze che ho ricevuto in tanti anni. Bene, otto su dieci sono diventate carta straccia, i matrimoni sono finiti».
Non si è sposato e non si sposerà?
«Se ti sposi, dopo che ti rimane tra i sacramenti? Giusto l’estrema unzione».
Sempre fedele alla teoria degli appartamenti separati?
«Certo. Sono la fortuna delle coppie. O almeno una stanza e un bagno per uno, con il salotto e la cucina in comune, per quando si ha voglia di stare insieme».
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