“VIAGRA E CIALIS NON MI SERVONO PERCHÉ HO ADOTTATO UNA SOLUZIONE PIÙ RADICALE, MI È STATA IMPIANTATA UNA PROTESI, DA ATTIVARSI ALLA BISOGNA” - WALTER SITI PARLA DEL SUO NUOVO LIBRO CHE HA DEDICATO AI CORPI – "ALLE PARALIMPIADI I DISCORSI ERANO TUTTI IMPRONTATI AL “NON CI SONO DISABILI, ESISTONO SOLO PERSONE DIFFERENTI”. UNA SOCIETÀ CHE ANNULLA LA DISABILITÀ È UNA SOCIETÀ PIÙ GIUSTA? DAVVERO AL MONDO NON ESISTONO SVANTAGGI MA SOLO DIFFERENZE? SE A UNA DONNA INCINTA LE DICONO CHE IL FIGLIO NASCERÀ PRIVO DEGLI ARTI SUPERIORI, AVRÀ ANCORA IL DIRITTO DI ABORTIRE O LA METTEREMO SUL BANCO DEGLI IMPUTATI PER AVER NEGATO L’ESISTENZA A UN FUTURO CAMPIONE OLIMPICO?” – E POI LE DONNE CHE CORRONO PIU' PIANO DEI MASCHI, IL PORNOTERRORISMO E IL NUTSCAPING..
Antonello Piroso per “la Verità” - Estratti
Walter Siti, scrittore vincitore del premio Strega nel 2013, saggista, già docente di letteratura italiana contemporanea all’università dell’Aquila, curatore delle opere di Pier Paolo Pasolini per i Meridiani Mondadori, studioso dal multiforme ingegno e dagli interessi più disparati (è stato anche autore televisivo di un talk show, Dio lo perdoni), è attratto dai corpi. Degli altri.
Intesi come categoria, «entità biologiche» che diventano oggetto di studio. Anche se, ricorda lui stesso fin dalle prime pagine del suo ultimo libro C’era una volta il corpo, «quelli di più della metà del genere umano (le donne, se questa parola ha ancora il senso che aveva anni fa) mi sono indifferenti.
Ma anche ai corpi dei maschi faccio poca attenzione se li trovo sessualmente insignificanti. Il che accade almeno nel 90% dei casi». Un corpo vivisezionato idealmente, visto cioè attraverso i fenomeni contemporanei che lo riguardano e lo investono: tatuaggi, rimozione della vecchiaia e della morte, abiti genderless, crisi della natalità, differenze di classe, body shaming, estensione delle funzionalità attraverso l’AI, l’intelligenza artificiale. Il tutto affrontato sempre con la giusta dose di ironia, e soprattutto di autoironia.
Partiamo da un dato anagrafico. Il suo. Lei scrive: «I 50 (anni) sono i nuovi 30, i 60 sono i nuovi 40, i 70 sono i nuovi 50. Solo i 90 sembrano per ora immuni da questa cadenzata cantilena che scandisce il folle desiderio umano di sottrarsi alla biologia». Ha saltato gli 80. È perché il traguardo la riguarda personalmente, visto che è uno splendido - sosterrebbe Nanni Moretti - 77enne?
«Per niente, io dico già 78 e vorrei averne 80. Certe volte di anni addosso me ne sento 6, ma questo è un altro discorso».
Il corpo comunica, desidera, seduce. Si riproduce. Invecchia, si ammala e muore (tutte parole sue). Però può venire curato sempre meglio, tanto da rimpiazzare gli organi malati con pezzi di ricambio: «Trapianti. Protesi peniene che garantiscono l’erezione quando Viagra e Cialis falliscono (a proposito: ne ha mai fatto uso?). Braccia e gambe artificiali capaci di saltare e di correre». So che ha seguito in tv le ultime Paralimpiadi.
«Per rispondere alla domanda sull’“aiutino” farmacologico, non mi serve perché ho adottato una soluzione più radicale, ne parlo nei miei romanzi».
Per quei pochi che non li hanno letti, di cosa si tratta?
«Mi è stata impiantata una protesi, da attivarsi alla bisogna».
Ah. Capisco (almeno credo). Tornando alle Paralimpiadi...
«All’inizio avevo deciso di non seguirle: avevo seguito già le Olimpiadi, soprattutto le gare maschili».
Le femminili no?
«Se devo essere sincero, con quelle delle donne faccio più fatica: corrono più piano, saltano meno in alto, lanciano più vicino...».
La cosa più divertente è quando, in tema di diritti civili, se esprimo posizioni eterodosse o non allineate rispetto alle parole d’ordine Lgbtq, mi danno del “frocio omofobo”».
Siti!
«Frocio non mi disturba (penso al popolo dei Froci, principi generosi, che sogna il piccolo Useppe nella Storia della Morante). Sa, sono all’antica, come diceva Ennio Fantastichini nel film Saturno contro di Ferzan Ozpetek, ma omofobo, via... Comunque: ero lì che facevo zapping, quando mi capita di vedere una gara di nuoto. Be’, sono rimasto affascinato dalla straordinaria capacità e abilità degli atleti di sfidarsi, che so, a “rana” non avendo le braccia.
Da lì mi sono appassionato, e ho visto cose pazzesche, per esempio quelli che tirano con l’arco tenendolo con i piedi. È evidente che hanno compiuto un lavoro su sé stessi, un percorso impressionante. Ma era strano quel che avveniva nei discorsi del dopo gara».
Che succedeva?
«Era come se la disabilità non esistesse più. I discorsi erano tutti improntati al “non ci sono disabili, esistono solo persone differenti”, allora ho cominciato a pormi delle domande. Per esempio: se una donna incinta fa un’amniocentesi, e le dicono che il figlio o la figlia nascerà privo degli arti superiori, avrà ancora il diritto di abortire o la metteremo sul banco degli imputati per aver negato l’esistenza a un futuro campione olimpico?».
Vedo che se non provoca non è contento.
«In linea teorica, la funzione della letteratura non dovrebbe essere quella di risultare rassicurante, ma di portarti alla scoperta dei luoghi oscuri, anche quelli tuoi. Invece oggi i romanzi assomigliano sempre di più a manuali di self help, tendono cioè a illustrare trame e situazioni sulla base di quello che è giusto fare, secondo lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, o degli algoritmi usati dagli editori per realizzare prodotti appetibili sul mercato. Se però il quesito le suona urticante, ne ho un altro più diretto, al limite della banalità: avere le braccia è meglio che non averle? A occhio, direi che con le braccia si fa meno fatica, per dir così. Dopo di che, è ovvio che siano encomiabili i sacrifici, l’impegno, la disciplina, la forza di volontà. E che molti atleti paralimpici si sentano individui migliori, non malgrado, ma grazie alla loro disabilità».
Sento che sta per arrivare un «ma...».
«Ma quando affermiamo che tutti a nostro modo siamo speciali, che in fatto di valori identitari si deve bandire per sempre l’espressione “x è meglio di y”, stiamo davvero costruendo una società più giusta? Davvero al mondo non esistono svantaggi ma solo differenze?».
(...)
Grazie al suo libro, un documentato viaggio intorno al corpo, ho scoperto l’esistenza del pornoterrorismo e del nutscaping.
«Il primo ha la sua profetessa in una femminista esasperata, ai limiti dell’ossessione, di nome Diana Torres, che con il gruppo delle Cagne Orizzontali...».
Prego?
«Che vuole, si chiamano così. Con Torres inscenano performance che sfidano la legge e le regole della convivenza civile. Vogliono vendicare “tutte le donne che non hanno mai avuto un orgasmo”...».
Vasto programma, per dirla alla De Gaulle, se è vero che non poche donne hanno confessato di averlo raggiunto a fatica, o in età matura.
ANTONELLO PIROSO - CAVALIERE NERO VIRGIN RADIO
«È forse anche per questo che le loro esibizioni, rigorosamente “in presenza”, sono innervate da una rabbia rivoluzionaria che porta Torres ad esclamare: “Se qualcuno dovesse morire d’infarto guardando quello che faccio, sinceramente mi farebbe piacere”.
Quanto al nutscaping, è una pratica demenziale per cui si fotografano i paesaggi piegandosi, in modo anche un po' acrobatico, così che nell’immagine compaiano, come sospesi per aria, tipo pallone aerostatico, i testicoli dell’autore».
Be’, vista la genialata, se si scattava un selfie, senza contorsionismi, faceva prima.
«Battuta facile. Ma qui la coglioneria è pure maschilista, la Natura vista come femmina. Non oso pensare a una risposta dell’altro sesso».