NEVERENDING PUTIN – 25 ANNI FA, IL 31 DICEMBRE 1999, QUANDO ELTSIN ABDICÒ A SORPRESA, SALÌ AL POTERE UN FUNZIONARIO DEL KGB SEMISCONOSCIUTO DI NOME VLADIMIR PUTIN, CHE LA TRASMISSIONE SATIRICA “KUKLY” CHIAMAVA “NANETTO” – COSÌ “MAD VLAD” È DIVENTATO, DOPO STALIN, IL LEADER RUSSO PIÙ LONGEVO: LA CACCIA AGLI OLIGARCHI, LE APERTURE NEI SUOI CONFRONTI DI TUTTI I LEADER OCCIDENTALI, DA SCHRÖDER A BUSH, DA CHIRAC A BERLUSCONI. E POI L’INVOLUZIONE AUTORITARIA E BELLICISTA – LA VISIONE SUL FUTURO DELLA RUSSIA DELLO “ZAR” È SEMPRE PASSATA DALLA VOLONTÀ DI VENDICARE IL PASSATO…
1. 25 ANNI DA ZAR
Estratto dell’articolo di Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
«Chi?», se lo chiesero in molti. Quel giorno, 31 dicembre del 1999, gli occhi del mondo intero erano rivolti altrove. Guardavano al millennium bug, alla paura che i computer potessero leggere il 2000 come anno zero, cancellando tutti i dati raccolti fino alla mezzanotte dell’anno ancora in corso. Nessuno si aspettava l’annuncio di Boris Eltsin. Nemmeno i suoi compatrioti.
«Noi che siamo stati al potere per molti anni, dobbiamo andarcene» fu l’esordio del vecchio e malandato presidente, il primo eletto democraticamente nella storia millenaria del suo Paese. Parlando lentamente, chiese perdono per tutto quello che non era riuscito a fare. «Credevo che ci saremmo lasciati alle spalle uno stagnante passato totalitario per andare verso un luminoso futuro di progresso. Ma non è stato possibile». […]
Appena finito il discorso, Eltsin si rivolse all’uomo che gli stava accanto. Magro, piccolo di statura, dall’aria anonima, appena nominato presidente ad interim. «Abbia cura della Russia», gli disse. Vladimir Putin non rispose. Era primo ministro da quattro mesi, ma rimaneva un perfetto sconosciuto, uno dei tanti capi di governo usa e getta di quella decade.
Sono passati venticinque anni da allora. Il funzionario grigio del Kgb che la trasmissione satirica Kukly chiamava «nanetto», è rimasto al Cremlino più di tutti i suoi predecessori, secondo solo a Stalin. All’inizio, gli danno una mano gli attentati dinamitardi in serie che fanno centinaia di vittime.
gerhard schroeder e vladimir putin
Il sospetto che fossero stati organizzati dai servizi segreti per indirizzare il consenso verso un loro uomo, che nel frattempo dichiarava che sarebbe andato a cercare i terroristi «anche nel cesso», non è mai stato provato. L’ex agente Aleksandr Litvinenko, che sosteneva questa tesi, morirà avvelenato dal polonio a Londra.
Putin consolida il suo potere liberandosi di tutti coloro che l’hanno aiutato a raggiungerlo. Il magnate Boris Berezovskij gli mette i suoi media a disposizione per le presidenziali del 2000, il vero punto di svolta, illudendosi di poter giocare al grande burattinaio. Finirà ben presto in esilio. Vladimir Gusinskij, proprietario dell’emittente Ntv, quella del programma satirico, viene arrestato. La sorte più brutale è quella di Mikhail Khodorkovsky, patron del colosso petrolifero Yukos, spedito in Siberia.
BERLUSCONI PUTIN VILLA CERTOSA
Gli oligarchi sono un bersaglio facile; i russi li considerano giustamente responsabili del saccheggio dei beni pubblici. Colpirne qualcuno, per far capire il nuovo corso a tutti gli altri e intanto aumentare la propria popolarità.
Per far acquisire Yukos dallo Stato russo, il cancelliere tedesco Gerhard Schröder fa da garante di un prestito internazionale, definendo Putin un «democratico senza macchia». Sono molti coloro che la pensano allo stesso modo. «Diretto e affidabile, dagli occhi si può leggere la sua anima» dichiara George W. Bush dopo il loro primo incontro.
telefonata tra donald trump vladimir putin - vignetta by osho
Per amore o per affari, da Jacques Chirac a Silvio Berlusconi, i leader dell’epoca lisciano il pelo al nuovo Orso. Sono gli anni in cui lui stesso definisce la Russia come «parte inalienabile» dell’Europa. È il primo a chiamare Bush dopo l’undici settembre, dichiara la fine della guerra fredda, cita Pietro il Grande, che voleva Mosca sempre più vicina a Parigi e Berlino. Con poche eccezioni, va così fino al 2007.
Quando alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco di Baviera, Putin prende tutti a ceffoni, denunciando un piano di destabilizzazione occidentale dietro le proteste di piazza nello spazio post-sovietico vicino alla Russia come Ucraina, Georgia, Kazakistan. Neppure quel brusco risveglio fa deviare dalla linea di appeasement intrapresa dall’Occidente. Anzi. L’indifferenza con la quale all’estero viene accolto l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaja rimarrà un caso di scuola in tal senso.
angela merkel vladimir putin nella dacia di sochi
L’anno seguente, al vertice Nato di Bucarest, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy bloccano la proposta Usa di fare entrare Georgia e Ucraina nell’Alleanza. Putin li ringrazia e tre mesi dopo invade la Georgia. A margine di quel vertice, rimarrà una frase pronunciata mentre cammina sottobraccio a Bush. «Perché insisti tanto? Dovresti capire che l’Ucraina non esiste».
[…] In Russia c’è stata la staffetta, Putin scala a capo del governo, al Cremlino sale il suo delfino Dmitri Medvedev. I peana internazionali su un nuovo corso liberale si sprecano. Nel 2012, l’ex presidente si riprende il Cremlino. […]
Nel 2014, tocca all’Ucraina. «Quell’uomo vive in un altro mondo», dichiara sconsolata Merkel. Arrivano le prime sanzioni, ma anche il pressante invito di Barack Obama a Kiev: non dovete reagire sul piano militare, vi proteggeremo noi. Gli ultimi anni sono un piano inclinato verso l’attuale conflitto, ma sempre con un doppio binario, tra condanna e acquiescenza, fingendo di ignorare la storica ossessione del Cremlino per il territorio e per i propri confini.
IL TESSERINO IDENTIFICATIVO DELLA STASI CON IL NOME E LA FOTO DI VLADIMIR PUTIN
Nel mondo di Putin, abitano infatti decine di milioni di suoi connazionali convinti o rassegnati al fatto che è lui a incarnare l’idea russa. Uno dei più grandi errori che l’Occidente commette è quello di pensare che il suo consenso sia soltanto frutto della propaganda.
[…] Comincia tutto da lì. Dalla rovinosa caduta dell’Urss. Giocando sull’eterna paura del suo popolo di un ritorno all’epoca del disordine, e promettendo invece di restituire alla Russia la perduta grandezza, Putin ha sempre immaginato il futuro cercando di vendicare il passato. Il suo 25esimo anno al potere potrebbe essere quello decisivo per capire se riuscirà nel suo intento.
2. 25 ANNI DA ZAR
Estratto dell’articolo di Anna Zafesova per “La Stampa”
Se la Storia si potesse riavvolgere come un film, sarebbe avvincente tornare nel 31 dicembre 1999 - il giorno in cui i preparativi dei russi al cenone di Capodanno sono stati sconvolti dalla notizia che Boris Eltsin si era dimesso per cedere la poltrona a Vladimir Putin - e proiettare un filmato qualsiasi, a scelta, delle esternazioni del presidente russo degli ultimi mesi. […]
C'è un abisso tra la Russia che nella notte di Capodanno ascoltava, in un misto di sollievo e stupore, il suo neopresidente, e quella di oggi. La promessa di garantire la «libertà di parola, di coscienza e dei media» oggi suonerebbe quasi come una presa in giro, l'auspicio di «democrazia e riforme» appartiene a un vocabolario politico mandato al macero. Il Putin esordiente sembrava a molti un leader prudente e razionale, applaudito per le sue riforme economiche e istituzionali, e trattato come un partner da molti colleghi internazionali.
BERLUSCONI PUTIN VILLA CERTOSA
E per quanto era apparso evidente che il nuovo, all'epoca appena 47enne, presidente della Russia fosse sensibile alla retorica nazionalista e alla nostalgia sovietica, sembrava impossibile immaginarselo dopo 25 anni come un dittatore ossessionato dai missili, che sta efficacemente isolando il suo Paese dal resto del mondo in una paranoia militarista.
In mezzo tra questi due estremi, ci sono stati tanti passi, piccoli e grandi. Il primo fu la guerra in Cecenia, con le bombe su Grozny come presagio di quello che sarebbero poi diventate Aleppo e Mariupol. Fu in quei primi giorni che nacque il teorema politico più volte dimostrato in seguito: Putin beneficia sempre dalle guerre, e la guerra rimane il suo modo preferito di risolvere i problemi e affrontare gli avversari.
gerhard schroeder e vladimir putin
Ci fu l'arresto degli oligarchi ribelli, con il processo a Mikhail Khodorkovsky che nel 2003 aveva segnato una rivoluzione che molti scambiarono per l'inizio di una lotta alla corruzione. […] Fu così che nacque il termine di "Kremlin Corporation", e non è un caso che i dissidenti che avevano indagato la corruzione al Cremlino, come Boris Nemtsov e Alexey Navalny, sono stati uccisi.
È stata una discesa lenta verso l'abisso, sotto gli occhi di un Occidente che a volte quasi stentava a credere in quello che vedeva, come durante la guerra-lampo dell'agosto del 2008 contro la Georgia, che aveva segnato il ritorno ufficiale delle ambizioni imperiali russe nello spazio post-sovietico. A molti era sembrato un incidente di percorso, in una Russia che almeno nelle sue grandi città sembrava avviarsi a una modernizzazione che da economica, tecnologica e logistica doveva diventare inevitabilmente anche politica.
[…]
aleksandr litvinenko vladimir putin marina litvinenko
L'invasione dell'Ucraina, iniziata con l'annessione della Crimea nel 2014, e proseguita con la guerra totale nel 2022, a quel punto erano forse quasi inevitabilmente iscritte nella logica di un leader che si comportava come un monarca. La Storia ovviamente non ha il condizionale, ed è vano interrogarsi su quanto il timido Putin degli esordi stesse già covando l'odio per gli ucraini e la convinzione che i problemi si risolvano meglio con le bombe.
Quello che sappiamo con certezza è che mai, in questo percorso di un quarto di secolo, il dittatore russo è rimasto solo: è stata la sua promessa di «ammazzare i terroristi ceceni nel cesso» a farlo assurgere da funzionario semisconosciuto a idolo delle folle, ed è stata l'annessione della Crimea in nome della restaurazione dell'impero a portarlo al massimo dei consensi nei sondaggi.
Una delle chiavi del successo di Putin è sempre stata quella di essere parte del suo popolo, con la stessa confusione ideologica che mischia la nostalgia per Stalin e per gli zar, con lo stesso orgoglio nazionalista alimentato da un profondo risentimento verso l'Europa, sognata quanto incomprensibile, con la spregiudicatezza verso le regole caratteristica degli orfani delle dittature. Sentimenti che Putin ha alimentato, e di cui si è alimentato.
Avrebbe potuto entrare nella storia come modernizzatore della Russia postcomunista, e invece lascerà, un giorno, un Paese molto più lontano dall'Europa di quello che aveva raccolto, 25 anni fa.
vladimir putin VLADIMIR PUTIN donald trump vladimir putinVLADIMIR PUTIN HA VOGLIA DI TE - IMMAGINE CREATA CON MIDJOURNEY vladimir putin 2VLADIMIR PUTIN E BORIS ELTSIN