“DI CONTE LO SMEMORATO MI INTERESSA POCO”; “NON CONSENTO A NESSUNO DI SCHERZARE. SU DI ME RICOSTRUZIONI IMBECILLI” – IL BOTTA E RISPOSTA TRA SALVINI E CONTE DOPO L’ASSOLUZIONE DEL "CAPITONE" SUL CASO OPEN ARMS RISALENTE A QUANDO PEPPINIELLO ERA A PALAZZO CHIGI E IL LEADER LEGHISTA AL VIMINALE – AL NETTO DEGLI STRAPPI, I DUE SI SONO SEMPRE PIACIUTI. TROPPI I PUNTI DI CONVERGENZA: DA UNA PERDURANTE SIMPATIA PER TRUMP AL DIALOGO CHE ENTRAMBI AVEVANO CON IL PUTIN PRE UCRAINA. E OGGI CHE TORNANO A PUNZECCHIARSI, NON C’È UNO CHE SCOMMETTA SULLA FINE DEL LORO IDILLIO. SI RITROVERANNO, PRIMA O POI…
Tommaso Labate per roma.corriere.it - Estratti
Sei anni fa, nell’unico Natale del governo gialloverde, stavano brindando assieme, l’uno da presidente del Consiglio, l’altro da suo vice e ministro dell’Interno. Felicissimi di aver blindato una manovra finanziaria con reddito di cittadinanza e quota cento ma soprattutto sorridenti per l’artificio politico-aritmetico grazie al quale, complice il furbissimo utilizzo di una virgola, avevano confermato il deficit «a due e quattro» nonostante il diktat di Bruxelles di scendere dal 2,4 al 2,04 percento del Pil, che però si poteva leggere nello stesso modo. Più o meno.
Sei anni dopo sono ancora là, stavolta in parti opposte della barricata, a inseguirsi, punzecchiarsi, farsi la guerra per poi fare la pace e ricominciare daccapo, come due nemici che però non possono fare a meno l’uno dell’altro, tipo i protagonisti di un cartoon novecentesco tra lo stile Tom&Jerry e la tendenza Willy il Coyote e Beep-Beep.
Loro sono Matteo Salvini e Giuseppe Conte, che duellano a distanza sull’ultimo lascito sopravvissuto nella contemporaneità di quella stagione gialloverde. Non il reddito di cittadinanza o quota cento, i cui ricordi sono ormai sepolti dall’odore di naftalina; bensì i famosi «porti chiusi» contro l’immigrazione, con tanto di respingimento dell’Open Arms che a uno dei due, e cioè Salvini, è valso il processo che si è chiuso in primo grado con l’assoluzione.
«Se ho sentito Conte? Sinceramente a me di Conte lo smemorato interessa ben poco», ha scandito il leader leghista subito dopo la sentenza. L’altro, chiamato in causa, gli ha risposto dallo studio di In Onda, su La7, a stretto giro: «Se parliamo di memoria, di metterci o non metterci la faccia, non consento a nessuno di scherzare (…). Oggi ho letto delle ricostruzioni imbecilli, dove si è letto che in questo processo mi sarei ri-vendicato di Salvini…».
E dire che il destino, per loro, aveva scelto la liturgia tipica di quelle celebrazioni che si concludono con un addio per sempre e un «andate in pace». Soprattutto quando, nell’agosto del 2019, il leader leghista aveva deciso al Papeete di percorrere senza ritorno la strada della crisi di governo.
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Ma visto che non sempre tutto è come sembra, e soprattutto considerato che i due — come riconoscono i rispettivi fedelissimi — «si sono sempre piaciuti», in privato l’atterraggio era stato decisamente più morbido. Troppi i punti di convergenza – da una perdurante simpatia per Donald Trump, che oggi Salvini celebra indossando la cravatta rossa, a una certa propensione al dialogo che entrambi avevano con il Putin pre Ucraina – per liquidare così un’amicizia duratura.
«Giuseppe merita che le cose gliele dica in faccia, non tramite Di Maio», aveva spiegato il leghista ai suoi anticipando loro la decisione di spiegare di persona a Conte la decisione di liquidare l’esperienza gialloverde. E infatti, col tempo, i due si sono ritrovati: per esempio alle elezioni per il Quirinale del 2022: quando entrambi, con Enrico Letta, avevano confezionato d’amore e d’accordo la candidatura di Elisabetta Belloni poi naufragata nel giro di poche ore. E oggi che tornano a punzecchiarsi, non c’è uno che scommetta sulla scritta «The end». Si ritroveranno, prima o poi, come Tom con Jerry e Willy il Coyote con Beep-Beep. Basta aspettare la prossima puntata.
GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI MEMEmatteo salvini giuseppe conte