cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

DAGOREPORT

 

cecilia sala daniele raineri 1

Lo “scambio” di prigionieri è solo un pezzo del caos medio orientale. Il "no" all'estradizione negli Usa di Mohammad Abedini, la mente dei droni killer iraniani arrestata a Milano il 16 dicembre, avverrà nei prossimi giorni, quando il clamore intorno all’arresto di Cecilia Sala sarà affievolito, ed è stato concordato con una triangolazione tra Usa, Iran e Italia.

 

Ma il semaforo verde all'ingegnere iraniano non è l’unica concessione che l’Italia concederà a Teheran. Il regime iraniano si aspetta che Giorgia Meloni contribuisca ad “aiutare” la sopravvivenza del regime iraniano.

 

L’operazione, di certo, è stato un indiscutibile successo del governo Meloni e della “filiera” (come l’ha chiamata Conte) italiana dell’intelligence e diplomatica. I veri artefici dell’operazione sono stati il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli, che non a caso è volato in persona a Teheran per liberare la giornalista, insieme alla Farnesina di Tajani, per tramite del rappresentante diplomatico italiano in Iran, Paola Amadei (non a caso oggi promossa “per meriti", al massimo grado di ambasciatrice – ma la notizia è che finora non lo era, nonostante l’Iran sia una sede cruciale).

l arrivo a casa di cecilia sala foto lapresse 2

 

Un ruolo non secondario l’ha avuto anche il rapporto di amicizia del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, con il padre di Cecilia Sala, Renato, rivelata dallo stesso banchiere ieri: “Fortunatamente abbiamo abitato per dodici anni a due passi l'uno dall'altro e c'è stata una frequentazione trasformata in un'amicizia”.

 

La filiera, si diceva, sin dall’inizio ha voluto “scollegare” il caso Abedini da quello Sala. Non a caso Tajani più volte ha detto pubblicamente, l’ultima ieri, a rischio di essere sbugiardato pubblicamente, che le vicende non erano correlate.

 

Si è esposto contando sul “ritardo” nella non estradizione dell’ingegnere-spione iraniano, che avverrà tra qualche giorno, comunque prima dell’inaugurazione del mandato di Donald Trump, il 20 gennaio (è la contropartita chiesta dal tycoon a Giorgia Meloni nella cena di venerdì a Mar-a-lago, in Florida).

GIOVANNI CARAVELLI - FOTO LAPRESSE

 

Ma Abedini non è l’unica merce di scambio sul piatto. Il do ut des, secondo alcune fonti autorevoli dell’ambiente diplomatico, infatti, va un po’ oltre il destino dell’uomo che ha contribuito a realizzare per conto di Khamenei i velivoli killer che hanno ucciso centinaia di persone, tra cui tre cittadini americani in Giordania. E riguarda la drammatica situazione in cui è avvinghiato il regime iraniano.

                   

La teocrazia di Teheran, infatti, sta vivendo i suoi giorni peggiori. All’interno, l’economia è disastrata, e la dittatura islamica fatica a contenere le proteste per il caro vita. E si sa, in fondo alle tasche vuote si trovano sempre le ragioni per una rivoluzione.

 

mahmoud pezeshkian foto lapresse

Il “moderato” Masoud Pezeshkian è stato “eletto” (tra virgolette, visto che le elezioni sono tarocche e decidono gli ayatollah) con la promessa di rimuovere le dure sanzioni americane.

 

Il calcolo dei turbantoni sciiti è semplice, ed è lo stesso già tentato qualche anno fa con Rouhani (altra “colomba” finita in padella): mostriamo il volto buono e riapriamo il dialogo con l’Occidente.

 

È l’unico modo per salvare il potere: il rial, la moneta iraniana, ha perso il 35% del suo valore in sei mesi e il governo ha dovuto ordinare blackout di scuole, uffici e industrie per via della crisi energetica causata dall’embargo. Il colmo, per il terzo Paese al mondo per riserve di petrolio e gas naturale.

 

MASOUD PEZESHKIAN E VLADIMIR PUTIN

“Presto – scrive Gabriella Colarusso su “Repubblica” - l’esecutivo potrebbe essere anche costretto ad aumentare i prezzi dei carburanti, una mossa che in passato ha causato proteste diffuse”.

 

Pezeshkian ha tutto l’interesse a cambiare approccio anche per il fallimento della guerra per procura dell’Iran a Israele. Il regime negli anni ha finanziato e foraggiato di armi e uomini Hamas, le milizie Houthi e soprattutto gli Hezbollah libanesi.

 

Movimenti, fazioni, “partiti” che sono stati distrutti dalle bombe di Netanyahu. A Israele è bastato un anno e mezzo per devastare decenni di lavoro sottotraccia dell’“asse della resistenza”. Ultimo schiaffone per Khamenei è stata la cacciata di Assad, in Siria. Mentre il suo più grande alleato, la Russia di Putin, è impantanato da oltre due anni con la guerra in Ucraina. E l'Iran "ha rimasto" solo a fronteggiare l'Occidente.

 

HOUTHI ATTACCANO PETROLIERA GRECA

Scrive ancora Colarusso: “Da quando si è insediato, a giugno, Pezeshkian si è trovato di fronte un mondo mutato. Il giorno del suo giuramento, gli israeliani hanno ammazzato il capo di Hamas Haniyeh in un edificio governativo a Teheran, sotto gli occhi dell’intelligence.

 

Di lì, l’escalation è stata costante: la guerra con Israele è uscita dall’ombra, mentre gli alleati dell’Iran nella regione subivano i colpi del conflitto in Libano e il collasso di Assad in Siria. Tra dodici giorni, alla Casa Bianca si insedierà Trump, che durante il suo primo mandato adottò una politica di massima pressione economica contro l’Iran e ordinò l’uccisione del suo stratega più arguto e influente, il generale Qassem Soleimani”.

 

benjamin netanyahu angela merkel 1

E con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, la situazione potrebbe peggiorare ancora. A Teheran vivono con il terrore di un possibile asse tra il Tycoon e “Bibi”, che ha promesso nei mesi scorsi ai cittadini iraniani che saranno “liberati”.

 

Un messaggio del tipo: “Dopo Haniyeh, Nasrallah e Sinwar, adesso ci occuperemo dell’Iran”, che fa venire gli incubi ai pasdaran, che peraltro ancora ricordano della morte di Qassem Soleimani, il creatore del suddetto “Asse della resistenza” ucciso da un raid americano a Baghdad il 3 gennaio 2020. Alla Casa Bianca, guarda caso, c’era Trump. lo stesso che oggi dice: “Se Hamas non rilascia gli ostaggi, una volta alla Casa Bianca succederà l'inferno”

 

DONALD TRUMP GIORGIA MELONI

Il “moderato” Pezeshkian, insomma, deve fare i conti con una doppia crisi: da un lato monta la rabbia della gente, scontenta per la crisi economica e devastata dalla mordacchia del regime, che bastona e reprime chi viola le leggi islamiche. Dall’altro tutta la sua strategia all’esterno è crollata sotto il peso delle bombe israeliane.

 

In questo scenario, “forzare” la mano su Cecilia Sala sarebbe stato un errore. Anche perché, come scrive Gabriella Colarusso su “Repubblica”, “gli osservatori più attenti delle dinamiche interne al sistema concordano nel sostenere che il governo non fosse stato avvertito dell’arresto di Sala, che il presidente Pezeshkian ha reagito con durezza alla notizia e che il caso dimostra che pezzi di apparato seguono agende diverse”.

 

GIOVANNI CARAVELLI

L’Italia, per quanto fuori dal circolo dei Paesi che contano, può diventare un alleato utile in una nuova operazione di sbianchettamento della reputazione iraniana nel mondo.

 

Pezeshkian ha calcolato il rischio e ha ottenuto un win-win: riavrà Abedini, che per gli Usa è un terrorista, ma soprattutto conta su una possibile moral suasion italiana nei tavoli europei.

 

Lunedì prossimo si riaprono a Ginevra i colloqui sul nucleare: i rappresentanti iraniani incontreranno i rappresentanti dell’E3, Germania, Regno Unito e Francia.

 

L’obiettivo è riprendere i negoziati, anche se è ormai opinione comune che non ci sia più niente da negoziare (Macron, non certo un atlantista di ferro, ha ammesso che l’Iran “si sta avvicinando a un punto potenzialmente irreversibile”. In pratica, gli ayatollah hanno la bomba atomica, o comunque ci sono molto vicini).

 

Mohammad Abedini najafabadi

Non potendo più contare sulla Washington dei bei tempi di Obama, ora che torna il falco Trump (che non esclude di bombardare i siti nucleari iraniani insieme a Netanyahu), a Pezeshkian e compagnia non resta che l’Europa.

 

La stessa Europa che in questi anni ha varato sanzioni molto più lievi nei confronti del regime, e che oggi, grazie anche alla possibile influenza di Giorgia Meloni, può diventare un grimaldello con cui rompere l’isolamento mondiale.  

 

L’obiettivo, come scrive ancora “Repubblica”, “è la ripresa dei negoziati con l’Ue e l’America, ma per portare il confronto sul piano della diplomazia Teheran ha bisogno di alleati in Europa, di Paesi storicamente non ostili come l’Italia".

 

Ecco perché il destino di Cecilia Sala e di Mohammed Abedini è solo un atto che va incastonato nel cambiamento delle forze in campo nel Medio Oriente.

 

Mohammad Baqer Qalibaf - Qassem Soleimani Mohammad Abedini najafabadi

Ultimi Dagoreport

donald trump elon musk vincenzo susca

“L'INSEDIAMENTO DI TRUMP ASSUME LE SEMBIANZE DEL FUNERALE DELLA DEMOCRAZIA IN AMERICA, SANCITO DA UNA SCELTA DEMOCRATICA” - VINCENZO SUSCA: “WASHINGTON OGGI SEMBRA GOTHAM CITY. È DISTOPICO IL MONDO DELLE ARMI, DEI MURI, DELLA XENOFOBIA, DEL RAZZISMO, DELL’OMOFOBIA DI ‘MAGA’, COME  DISTOPICHE SONO LE RETI DIGITALI NEL SOLCO DI ‘X’ FITTE DI FAKE NEWS, TROLLS, SHITSTORM E HATER ORDITE DALLA TECNOMAGIA NERA DI TRUMP E MUSK - PERSINO MARTE E LO SPAZIO SONO PAESAGGI DA SFRUTTARE NELL’AMBITO DELLA SEMPRE PIÙ PALPABILE CATASTROFE DEL PIANETA TERRA - IL SOGNO AMERICANO È NUDO. SIAMO GIUNTI AL PASSAGGIO DEFINITIVO DALLA POLITICA SPETTACOLO ALLA POLITICIZZAZIONE DELLO SPETTACOLO. UNO SPETTACOLO IN CUI NON C’È NIENTE DA RIDERE”

ursula von der leyen giorgia meloni donald trump friedrich merz

DAGOREPORT – HAI VOGLIA A FAR PASSARE IL VIAGGIO A WASHINGTON DA TRUMP COME "INFORMALE": GIORGIA MELONI NON PUÒ SPOGLIARSI DEI PANNI ISTITUZIONALI DI PREMIER (INFATTI, VIAGGIA SU AEREO DI STATO) – LA GIORGIA DEI DUE MONDI SOGNA DI DIVENTARE IL PONTE TRA USA E UE, MA URSULA E GLI EUROPOTERI MARCANO LE DISTANZE: LA BENEDIZIONE DI TRUMP (“HA PRESO D’ASSALTO L’EUROPA”) HA FATTO INCAZZARE IL DEEP STATE DI BRUXELLES – IL MESSAGGIO DEL PROSSIMO CANCELLIERE TEDESCO, MERZ, A TAJANI: "NON CI ALLEEREMO MAI CON AFD" (I NEONAZISTI CHE STASERA SIEDERANNO ACCANTO ALLA MELONI AD APPLAUDIRE IL TRUMP-BIS), NE' SUI DAZI ACCETTEREMO CHE IL TRUMPONE TRATTI CON I SINGOLI STATI DELL'UNIONE EUROPEA..."

paolo gentiloni francesco rutelli romano prodi ernesto maria ruffini elly schlein

DAGOREPORT - COSA VOGLIONO FARE I CENTRISTI CHE SI SONO RIUNITI A MILANO E ORVIETO: UNA NUOVA MARGHERITA O RIVITALIZZARE LA CORRENTE RIFORMISTA ALL’INTERNO DEL PD? L’IDEA DI FONDARE UN PARTITO CATTO-PROGRESSISTA SEMBRA BOCCIATA - L’OBIETTIVO, CON L’ARRIVO DI RUFFINI E DI GENTILONI, È RIESUMARE L’ANIMA CATTOLICA NEL PARTITO DEMOCRATICO – IL NODO DEL PROGRAMMA, LA RICHIESTA DI PRODI A SCHLEIN E IL RILANCIO DI GENTILONI SULLA SICUREZZA – UN’ALTRA ROGNA PER ELLY: I CATTO-DEM HANNO APERTO AL TERZO MANDATO PER GOVERNATORI E SINDACI…

giorgia meloni daniela santanche galeazzo bignami matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ, LA PATATA BOLLENTE DEL MINISTRO DEL TURISMO RINVIATO A GIUDIZIO È SUL PIATTO DELLA DUCETTA CHE VORREBBE PURE SPEDIRLA A FARE LA BAGNINA AL TWIGA, CONSCIA CHE SULLA TESTA DELLA “SANTA” PENDE ANCHE UN EVENTUALE PROCESSO PER TRUFFA AI DANNI DELL’INPS, CIOÈ DELLO STATO: UNO SCENARIO CHE SPUTTANEREBBE INEVITABILMENTE IL GOVERNO, COL RISCHIO DI SCATENARE UN ASSALTO DA PARTE DEI SUOI ALLEATI AFFAMATI DI UN ''RIMPASTINO'', INDIGERIBILE PER LA DUCETTA - DI PIU': C’È ANCORA DA RIEMPIRE LA CASELLA RESA VACANTE DI VICE MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, OCCUPATA DA GALEAZZO BIGNAMI…

donald trump joe biden benjamin netanyahu

DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI ECONOMICA, POTERI TRADIZIONALI E GUERRA VANNO A SCIOGLIERSI DENTRO L’AUTORITARISMO RAMPANTE DELLA TECNODESTRA DEI MUSK E DEI THIEL, LA SINISTRA È ANNICHILITA E IMPOTENTE - UN ESEMPIO: L’INETTITUDINE AL LIMITE DELLA COGLIONERIA DI JOE BIDEN. IL PIANO DI TREGUA PER PORRE FINE ALLA GUERRA TRA ISRAELE E PALESTINA È SUO MA CHI SI È IMPOSSESSATO DEL SUCCESSO È STATO TRUMP – ALL’IMPOTENZA DEL “CELOMOLLISMO” LIBERAL E BELLO, TUTTO CHIACCHIERE E DISTINTIVO, È ENTRATO IN BALLO IL “CELODURISMO” MUSK-TRUMPIANO: CARO NETANYAHU, O LA FINISCI DI ROMPERE I COJONI CON ‘STA GUERRA O DAL 20 GENNAIO NON RICEVERAI MEZZA PALLOTTOLA DALLA MIA AMMINISTRAZIONE. PUNTO! (LA MOSSA MUSCOLARE DEL TRUMPONE HA UN OBIETTIVO: IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA, MOHAMMED BIN SALMAN)