
DOPO QUELLA DEL PING PONG, ARRIVA LA DIPLOMAZIA DELL’HOCKEY - NELLA TELEFONATA DI IERI, PUTIN HA PROPOSTO DI ORGANIZZARE PARTITE IN RUSSIA E IN AMERICA FRA SQUADRE DELLE RISPETTIVE LEGHE PROFESSIONISTICHE COME SEGNO DI DISGELO TRA LE DUE SUPERPOTENZE. E TRUMP “HA APPOGGIATO L’IDEA”, FA SAPERE IL CREMLINO - L’HOCKEY INSIEME AL JUDO È LO SPORT PREFERITO DA “MAD VLAD”, MA ALL’EPOCA DELLA GUERRA FREDDA ERA UN TERRENO DI SCONTRO, AL PARI DEGLI SCACCHI, FRA AMERICANI E RUSSI O, MEGLIO, SOVIETICI...
Enrico Franceschini per "la Repubblica" - Estratti
DONALD TRUMP GIOCA A HOCKEY CON PUTIN - IMMAGINE GENERATA DALL IA
Dopo la diplomazia del ping pong, arriva la diplomazia dell’hockey. Su ghiaccio, naturalmente, che per giocare deve essere ben solido: ci fosse il disgelo sul campo, nessuno potrebbe pattinare. Ma come metafora di un disgelo politico fra Mosca e Washington va bene lo stesso, deve avere pensato Putin: perciò nella telefonata di ieri ha proposto di organizzare partite in Russia e in America fra squadre delle rispettive leghe professionistiche, la National Hockey League americana e la Kontinental Hockey League russa, e Trump «ha appoggiato l’idea», afferma il Cremlino.
Non è sorprendente che il presidente russo abbia scelto l’hockey come veicolo di migliori rapporti con gli Stati Uniti. Insieme al judo, è il suo sport preferito: si diletta spesso a impugnare la mazza per giocare con amici e veterani, che danno l’impressione, naturalmente, di lasciarlo vincere.
Numerosi campioni russi, inoltre, giocano negli Usa, tra i quali Aleksandr Ovechkin: come capitano dei Washington Capitals è il secondo marcatore di tutti i tempi della Nhl e proprio nei giorni scorsi è arrivato a 8 reti dal numero uno assoluto, l’americano-canadese Wayne Gretzky, oggi ritiratosi dalle gare ma rimasto famoso come Michael Jordan nel basket. Messi al bando dai tornei internazionali a causa dell’invasione dell’Ucraina, quando giocano per la Russia, i russi possono ancora competere individualmente: e Ovechkin, soprannominato “The Great 8”, il Grande 8, dal numero che ha sulla maglia, è troppo forte per venire contestato.
All’epoca della Guerra fredda, in verità, le sfide a hockey fra americani e russi o, meglio, sovietici, erano, come negli scacchi, un altro terreno della lotta per la supremazia fra le due superpotenze, fra democrazia e comunismo.
Una in particolare è passata alla storia: il “miracolo sul ghiaccio” alle Olimpiadi invernali del 1980 a Lake Placid, nello Stato di New York, quando la squadra americana, nonostante l’Urss avesse vinto la medaglia d’oro in cinque dei sei precedenti giochi olimpici e fosse favorita, prevalse 4 a 3 in una drammatica partita. In quella come in altre occasioni, la gara sembrò una battaglia: nell’hockey, del resto, non è insolito che il ghiaccio si tinga di sangue. Ma nelle partite ora proposte da Putin a Trump è probabile che lo spirito sarà assai più amichevole.
Una squadra Usa di tennis tavolo, visitando la Cina nei primi anni 70, diventò la prima presenza Usa nella Repubblica popolare dopo la rivoluzione di Mao, aprendo la strada allo storico reciproco riconoscimento: quella “diplomazia del ping pong” fu uno degli strumenti usati dal presidente Nixon e dal suo consigliere Kissinger per stabilire relazioni con Pechino.
la telefonata tra donald trump e vladimir putin
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