donald trump giorgia meloni

L’INCONTRO IN FLORIDA TRA MELONI E TRUMP E’ STATO FAVORITO DA ELON MUSK, CHE HA LA RESPONSABILITA’ DI TRATTARE RISERVATAMENTE CON L’IRAN PER CONTO DELLA CASA BIANCA SUL DOSSIER NUCLEARE – LA DUCETTA HA CALATO LE BRAGHE: HA PROMESSO A TRUMP DI OFFRIRE SOSTEGNO POLITICO ALLA SUA AMMINISTRAZIONE, A PARTIRE DAL DOSSIER STARLINK, MANDERA’ I GIUSTI SEGNALI SULL’UCRAINA E SI IMPEGNERA’ A MAGGIORI SPESE PER LA NATO – IN CAMBIO SPERA CHE GLI USA NON CHIEDANO L’ESTRADIZIONE DI ABEDINI O CHE, ALMENO, ACCETTINO UN “NO” ALLA RICHIESTA - LA MOSSA DELLA MELONI TAGLIA FUORI TAJANI E NORDIO E SCAVALCA OGNI MEDIAZIONE RISERVATA TRA GLI 007...

Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini,Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

INCONTRO A MAR A LAGO TRA DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI

Il contatto decisivo, a ridosso di Capodanno, è quello con Elon Musk. A lui, Giorgia Meloni si rivolge per risolvere il caso di Cecilia Sala, perché a lui Donald Trump ha affidato una delle missioni più delicate della nuova amministrazione: trattare riservatamente con l’Iran. La premier gli chiede aiuto, senza girarci intorno: «Devo incontrare il Presidente».

 

È l’unica strada per convincere il tycoon ad accettare la mancata estradizione dell’iraniano Mohammad Abedini. O per coinvolgerlo in una partita a tre — con dentro gli Usa — che consenta la liberazione della giornalista in un quadro di scambi più ampio. Un compromesso che eviti alla leader una scelta impossibile: la libertà della cronista o l’alleanza di ferro con Washington?

INCONTRO A MAR A LAGO TRA DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI

 

In Florida, la premier offrirà dunque al tycoon un sostegno politico totale alla sua amministrazione, a partire dal dossier di Starlink, caro al fondatore di Tesla e agli interessi americani. Manderà segnali sull’Ucraina, dove Meloni non intende opporsi esplicitamente alla linea del repubblicano. Aprirà a un maggiore impegno nelle spese militari per la Nato. Ma aggiungerà anche una preghiera politica, anticipata al cerchio magico, che si può riassumere così: «Se vuoi che sia io la tua sponda europea, devi darmi forza».

 

Tradotto: troviamo il modo per riportare in Italia la giornalista detenuta. Sarebbe un successo internazionale, per Meloni. Capace di cancellare gli errori delle ultime due settimane.

 

La prima idea vagliata con Musk, a dire il vero, era quella di sfruttare il giuramento di Trump del 20 gennaio per un contatto tra i due: scartata, non ci sarebbe stato comunque tempo per un faccia a faccia. Bocciata anche la seconda opzione, proposta da Roma: un colloquio alla Casa Bianca il 23 gennaio. Alla fine, il multimiliardario riesce nel miracolo: incontro a sorpresa, immediato, a Mar-a-Lago. Meloni soddisfatta. Anche a costo di uno sgarbo diplomatico a Joe Biden, ancora in carica.

INCONTRO A MAR A LAGO TRA DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI

 

Il viaggio da Trump, d’altra parte, è il piano A di Meloni fin dall’incontro a Palazzo Chigi con la mamma di Cecilia Sala. «Lasciatemi fare. Fidatevi di me», aveva detto. È una strategia che taglia fuori chi fino a quel momento aveva gestito la partita: i ministeri di Esteri e Giustizia. E che scavalca ogni possibile mediazione riservata tra intelligence.

Per Meloni, non esiste altra strada percorribile.

 

INCONTRO A MAR A LAGO TRA DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI

Il sottosegretario Alfredo Mantovano le ha disegnato un quadro quasi brutale: la partita con l’Iran è complessissima, perché troppi sono gli interlocutori e poche le garanzie. Non si può dunque risolvere in un rapporto bilaterale tra l’Italia e l’Iran. Per uscirne, serve parlare con gli Stati Uniti. Per provare una difficile partita a tre che inserisca il caso Sala in uno dei dossier già aperti tra Washington e Teheran, se possibile. Ma soprattutto, per spiegare “all’amico Donald” che l’Italia non può concedere l’estradizione di Abedini.

 

«Che non significa cedere a un ricatto», ripetono alte fonti dell’intelligence a interlocutori del governo. «Da un punto di vista tecnico ci sono diversi elementi che giustificano una “non estradizione”. Ecco perché è importante far capire agli Usa che non consegnare l’ingegnere non è un atto ostile, ma una nostra necessità ben supportata dal diritto». È una via impervia, dove è decisivo il supporto di Musk. A fine novembre, saltando ogni formalità diplomatica, il fondatore di Tesla aveva incontrato l’ambasciatore iraniano presso l’Onu, in un bilaterale centrato sulla necessità di disinnescare le tensioni tra i due Paesi. Un discorso, dunque, è stato avviato. […]

 

DONALD TRUMP - ELON MUSK - GIORGIA MELONI

La strada giudiziaria sembra al momento la più rapida per favorire la liberazione della cronista. Gli Stati Uniti — che non hanno ancora trasmesso la richiesta di estradizione dell’iraniano — hanno tempo fino al 30 gennaio. In astratto, potrebbero non chiedere la consegna dell’ingegnere. Sarebbe la soluzione ideale, perché permetterebbe all’Italia di liberarlo.

 

È un’ipotesi improbabile, però. Tutti i segnali arrivati nelle ultime ore vanno in senso opposto: gli Usa hanno chiesto, con un documento durissimo, di non concedere ad Abedini i domiciliari, considerandolo pericoloso e ricordando le responsabilità dell’Italia nella fuga del russo Arthem Uss, mentre si trovava ai domiciliari su richiesta americana. […]

 

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