LA MANOVRA DELLE PROMESSE TRADITE – I DUE TERZI DEI 30 MILIARDI DI EURO STANZIATI DALLA LEGGE DI BILANCIO SE NE VANNO PER RICONFERMARE MISURE IN SCADENZA – LE RIFORME DELLA DESTRA RIMANGONO UNO SPOT: LA RIDUZIONE DI DUE PUNTI DELLA SECONDA ALIQUOTA IRPEF (DAL 35 AL 33%), ANNUNCIATA DAL MELONIANO LEO, SI È SCHIANTATA CONTRO IL FLOP DEL CONCORDATO FISCALE – LA LEGGE FORNERO NON È STATA SMANTELLATA E LE PENSIONI MINIME VENGONO AUMENTATE DI UNA MISERIA (1,8 EURO AL MESE) – E PER INCENTIVARE LA NATALITÀ NON SI VA OLTRE UN BONUS UNA TANTUM…
Estratto dell’articolo di Patrizia De Rubertis per “il Fatto quotidiano”
giancarlo giorgetti voto di fiducia sulla manovra 2024 foto lapresse
La promessa della premier Giorgia Meloni era che la sua terza legge di Bilancio sarebbe dovuta essere quella improntata sull’aiuto alle famiglie per sostenere la natalità. Ma, alla fine di un iter segnato da due lunghissimi mesi di litigi in maggioranza per spartirsi qualche mancetta e dalla figuraccia sulla “sovracopertura” trovata giusto in tempo per evitare l’esercizio provvisorio di bilancio, quel che è rimasto sta tutto nel “rammarico” dichiarato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: “Avrei voluto fare di più per la famiglia e per figli”.
Il risultato è che oltre a scontri e polemiche su faccende finanziariamente secondarie come il taglio del canone Rai, la norma anti-Renzi sui compensi esteri o i rimborsi viaggio per i ministri, i 30 miliardi della prossima manovra saranno impiegati quasi tutti per riconfermare misure in scadenza come il taglio del cuneo e dell’Irpef (che da soli valgono quasi i due terzi delle risorse), gli sgravi per le assunzioni e i premi di produttività.
All’appello delle misure inserite nella legge di Bilancio, insomma, mancano proprio quelle promesse arrivate dal governo e rivolte alle famiglie, ai pensionati o ai lavoratori che parlavano di taglio di tasse, riforme e buste paga e assegni pensionistici più pesanti.
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Famiglie&figli. La smentita arrivata dal ministro del Mef è nelle stesse misure previste: la grande novità per incentivare la natalità è un bonus da 1.000 euro per ogni nuovo nato in nuclei con Isee sotto 40mila euro, quasi identico all’una tantum voluta da Silvio Berlusconi nel 2005.
giorgia meloni giancarlo giorgetti
Meloni spera di invertire la rotta spendendo 1 miliardo con solo delle conferme (assegno unico, decontribuzione previdenziale per le lavoratrici madri e rafforzamento dei congedi parentali e il bonus asili nido) che nei primi 6 mesi del 2023 non hanno però spinto a fare figli con l continuo calo dei bebé in Italia (-4.600 in meno i nuovi nati secondo l’Istat).
Stipendi. Il piatto forte della manovra è dato dagli effetti del cosiddetto taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 40 mila euro e la riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre che diventano strutturali. Misure che per il governo equivalgono a un aumento degli stipendi. Ma per gran parte dei lavoratori non cambierà nulla, anzi la situazione peggiorerà per circa un milione di lavoratori, secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio. Questo perché cambia la forma ma non la sostanza della misura e l’effetto replica grosso modo l’impatto della decontribuzione già in vigore.
GIORGIA MANI DI FORBICE - MEME
Tanto che a ottenere un significativo vantaggio saranno quelli nella fascia tra i 35 mila e i 40 mila euro che adesso saranno coinvolti nel bonus. Con un paradosso: nella fascia tra i 32 mila e 40 mila nasce una aliquota marginale di fatto pari al 56%, la più alta di tutte.
Ceto medio. La promessa del viceministro dell’Economia con delega al fisco, Maurizio Leo, di intervenire in favore del ceto medio con una riduzione di due punti della seconda aliquota Irpef (dal 35 al 33%) si è schiantata contro il flop del concordato fiscale. Lo sgravio da 2,5 miliardi non è stato coperto dalle adesioni arrivate con due finestre: ha partecipato solo un sesto della platea potenziale.
matteo salvini giancarlo giorgetti voto di fiducia sulla manovra 2024 foto lapresse
Pensioni. Checché ne dica il leader della Lega Matteo Salvini (anche ieri è andato ripetendo che la legge Fornero sarà smantellata entro la legislatura, ma lo dice da tredici anni, da quando è entrata in vigore la riforma delle pensioni del governo Monti), alla fine è quella che regna: c’è solo la proroga (già depotenziata) delle uscite anticipate (Quota 103, Ape sociale e Opzione donna) che però manderanno in pensione prima dei 67 anni solo qualche migliaio di persone.
C’è poi la beffa delle pensioni minime nonostante la promessa a più riprese di Forza Italia di portarle a mille euro. Il governo ha ottenuto un solo risultato: per le pensioni minime medio-basse c’è il totale recupero dell’inflazione che si traduce in un aumento di 1,8 euro che andranno a 1,8 milioni di pensionati.
GIORGIA MELONI CON LA CALCOLATRICE A PORTA A PORTA MANOVRA
E se la grande riforma promessa da Meloni&C. fosse il nuovo canale di pensionamento anticipato (che fa leva sulla previdenza integrativa), meglio chiarire che avrà una portata molto modesta e andrà a vantaggio dei fondi. Gli statali infine otterranno la pensione di vecchiaia solo a 67 anni, dai 65 attuali, e potranno (volontariamente) restare in servizio fino a 70. [...]
adolfo urso giancarlo giorgetti voto di fiducia sulla manovra 2024 foto lapresse