
MELONI, DALLE STELLE ALLO STALLO! - "LA STAMPA": “IL GOVERNO NON HA UNA POLITICA ECONOMICA, NE’ UNA INDUSTRIALE, NON C’E’ UNA STRATEGIA SUL LAVORO, LA SANITÀ E’ SENZA SOLDI, LA CULTURA SPARITA DAI RADAR, IL PIANO ALBANIA SULL’IMMIGRAZIONE NON FUNZIONA, A SMONTARE L'AUTONOMIA CI HA PENSATO LA CORTE COSTITUZIONALE. TUTTO QUESTO RACCONTA DI UN DEFICIT DI VISIONE. L'UNICA VERA RIFORMA CHE PROCEDE SPEDITA È QUELLA DELLA GIUSTIZIA. CONSENTE DI TENERE ALTO UN RACCONTO SIMBOLICO FONDATO SULLA RICERCA DEL NEMICO…”
Alessandro De Angelis per “la Stampa” - Estratti
giancarlo giorgetti giorgia meloni foto lapresse.
L'entusiasmo dichiaratorio sul governo tra i più "longevi" della storia. Le cifre del ritardo sul Pnrr. In questa vertigine tra entusiasmo e realtà c'è la fotografia non solo dell'oggi. Se non ci fosse la guerra che copre tutto, il bilancio apparirebbe particolarmente severo sul principio di realtà. Non c'è, innanzitutto, una vera politica economica al di là della gestione dell'esistente. Nella prima manovra c'era alibi del "siamo appena arrivati".
La seconda fu fagocitata dalle bollette. La terza ha reso strutturale il cuneo però, nel complesso, non incide, in termini di shock per la crescita o di redistribuzione. Oltre le manovre, nell'ambito dei vincoli imposti dal patto di stabilità, per Giorgetti è stato complicato anche rimediare i tre miliardi per le bollette che coprono giusto un trimestre. E neanche la riapertura del concordato è bastata a recuperare i soldi per l'Irpef al ceto medio.
giancarlo giorgetti giorgia meloni foto lapresse.
Non c'è nemmeno una vera politica industriale. Non solo l'Ilva, per cui non si è trovato un imprenditore solido. I tavoli di crisi aperti coinvolgono oltre centomila lavoratori di chimica, moda, carta, automotive. Lo stimolo agli investimenti affidato a "transizione 5.0" non funziona, anche perché troppo complicato nei suoi tredici passaggi burocratici: su 6,3 miliardi, sono stati spesi solo 400 milioni. E non c'è una vera politica per il lavoro. Il metro di questa assenza è una gigantesca questione salariale.
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Tutto questo racconta certo di un adattamento alle compatibilità, ma anche di un deficit di visione. L'unica vera riforma che procede spedita è quella della giustizia. Consente di tenere alto un racconto simbolico fondato sulla ricerca del nemico. Per la serie: non siamo noi che non riusciamo a governare, sono le perfide toghe rosse che ce lo impediscono.
giancarlo giorgetti giorgia meloni al senato
Ed è pressoché a costo zero, vista scarsa popolarità della magistratura nel paese, anche rispetto alle altre "madri di tutte le riforme".
All'Autonomia, che ha un impatto al Sud, ci ha pensato la Corte. Né Calderoli è riuscito a reintrodurla con altri mezzi. Ha tentato un blitz sulla protezione civile, che mirava a trasformare i governatori in super-commissari con poteri straordinari in deroga alle norme dello Stato. È fallito per ora. Il premierato invece è inabissato, almeno fino a fine legislatura, perché l'idea è di celebrare il referendum dopo il voto sulle politiche. Prima, si rischia la ghirba.
Oltre alla separazione delle carriere e alle tante minacce di sanzioni ai magistrati se partecipano a eventi politici, sulla giustizia c'è il vuoto: è stato annunciato, da mesi, un piano per l'emergenza carceraria.
Per l'impresa è stato nominato anche un commissario ad hoc, l'ennesimo (in tutto, i commissari sono oltre una sessantina, secondo l'andazzo che, a ogni emergenza se ne nomina uno, compreso quello alla siccità).
giancarlo giorgetti giorgia meloni antonio tajani foto lapresse
Ebbene per la prima volta si è appalesato la scorsa settimana per varare un mini-piano che prevede la realizzazione di soli 384 posti detentivi in più. Constatata l'impossibilità di costruire nuove strutture ci si arrangerà anche con prefabbricati nei cortili delle attuali carceri. Il risultato è la famosa storia del cane e della coda: non riesci a costruire ma neanche a svuotare, anzi il contrario, complice la legislazione pan-penalista - c'è un reato su tutto da offrire alla curva - e la cultura del "buttiamo la chiave".
L'altro caso icastico della vertigine tra propaganda è realtà è l'immigrazione. I numeri della realtà sono quelli di una "non emergenza" grazie agli accordi con l'Africa. Il racconto securitario che, anche qui, serve a compensare il resto e ad alimentare la polemica coi giudici, è l'Albania. Non funziona e il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha annunciato che i centri potrebbero essere trasformati in Cpr.
Aveva promesso anche un Cpr per regione ma, al momento, non ne è stato costruito nemmeno uno.
giancarlo giorgetti giorgia meloni antonio tajani foto lapresse
Insomma, è un classico: il populismo si nutre della costruzione di un immaginario, più che di risultati. Ed è quel che accade anche sulla scuola, ove l'immaginario è l'Italia degli anni Cinquanta: Bibbia, latino, voto in condotta e cultura della punizione. Concretamente, le riforme sono un flop. Lo è quella dell'istruzione tecnologico-professionale.
Il ministro ha parlato di un successo, in relazione alla cifra di 5.449 iscritti, in aumento rispetto allo scorso anno. Rapportati però al numero di percorsi attivati (628), la media è di 8,6 alunni per classe, insufficiente a far partire molti di quei percorsi. E lo è il famoso liceo del Made in Italy, presentato in pompa magna dalla premier: solo 412 le iscrizioni di quest'anno.
Dove non c'è neanche un racconto è la Sanità. O meglio il racconto lì è delegato alla commissione Covid, sfavillante passerella che legittima no vax e complottisti. Per il resto agli atti c'è solo una diminuzione dei fondi in relazione al Pil, scesi dal 6,2 al 6 per cento e l'indebolimento della parte del Pnrr sulla sanità.
Come unica iniziativa è stata annunciata la riforma dei medici di famiglia con l'idea di trasformali da liberi professionisti in dipendenti del Servizio sanitario nazionale. Si è arenata nel confronto con le Regioni.
Sparita dai radar anche la Cultura, dopo i fuochi d'artificio di Gennaro Sangiuliano. Il cosiddetto Piano Pirelli, una specie di piano Mattei – inarrivabile Godot del governo – sulla Cultura è pressoché una scatola vuota. Mentre il tax credit è un gigantesco problema. Dopo la paralisi di fatto del settore il 4 marzo, in vista della sentenza del Tar, è stato annunciato un decreto correttivo della precedente riforma, di cui circolano delle bozze. A proposito di immaginario. C'è un'attività in cui il governo eccelle: l'istituzione di giornate celebrative.
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DONALD TRUMP - MATTEO SALVINI - GIORGIA MELONI - MEME BY EDOARDO BARALDI
GIORGIA MELONI TRA GIANCARLO GIORGETTI E ANTONIO TAJANI