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NON DISTURBATE IL TORTURATORE – ALMASRI, RIENTRATO IN LIBIA CON UN VOLO DI STATO, TACE SULLE ACCUSE CHE GLI VENGONO MOSSE E ANCHE SULLA SITUAZIONE POLITICA CHE SI È CREATA IN ITALIA DOPO LA SUA SCARCERAZIONE: “SE SONO TORNATO AL MIO LAVORO? PREFERISCO NON COMMENTARE” – IL CAPO DELLA POLIZIA DI TRIPOLI E' ACCUSATO DALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE DI CRIMINI CONTRO L'UMANITÀ, OMICIDI, STUPRI E TORTURE E RIMPATRIATO CON UN VOLO DI STATO…
Valentina Errante per il Messaggero - Estratti
Adesso che è tornato a casa, Osama Almasri Najeem risponde al telefono tranquillamente. «Grazie ma preferisco non commentare». Non vuole dire nulla sul suo rientro il Libia. E lui, il protagonista dello scontro tra maggioranza e opposizioni, che ha messo in difficoltà il governo, anche sul piano internazionale, preferisce tacere sulle accuse che gli vengono mosse e anche sulla situazione politica che si è creata in Italia dopo la sua scarcerazione.
Soprattutto non risponde alla domanda principale: È tornato a occupare il suo posto al vertice della polizia, a Tripoli?
«Non commento, non voglio», dice. Di fatto, accolto in Libia con tutti gli onori, il generale, che al telefono preferirebbe parlare tedesco anziché inglese, sembra tutt'altro che preoccupato. In parlamento, intanto, la polemica non si è affatto spenta. E le risposte dei ministri dell'Interno Matteo Piantedosi, e della Giustizia Carlo Nordio, lasciano alcuni punti oscuri sulla gestione della vicenda e sulla scarcerazione dell'uomo accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l'umanità, omicidi, stupri e torture e rimpatriato con un volo di Stato.
In merito al mandato e alla mancata richiesta di arresto alla Procura generale da parte del ministero della Giustizia, Nordio ha sostenuto che le accuse nel mandato trasmesso dall'Aia fossero lacunose, non chiare, che si riferissero a fatti avvenuti a partire dal 2011 e che in una seconda versione si contestavano reati a partire dal 2015. Inoltre si è fatto riferimento alla mancata traduzione dell'atto: 432 pagine in inglese.
Ma la legge 237 del 2012 che regola i rapporti tra la Cpi e l'Italia non prevede che il ministro valuti la fondatezza delle accuse contenute nel mandato di arresto. Ma semplicemente si prevede che il ministro dia corso alla richiesta della Corte. Tra l'altro la legge che ratifica i rapporti tra Italia e Cpi stabilisce che la Corte venga informata, «qualora la persona nei cui confronti è stata eseguita la misura chieda la concessione della libertà provvisoria».
Come la stessa Corte ha ricordato in una nota successiva alla scarcerazione di Almasri: «Il cancelliere ha anche ricordato alle autorità italiane che, nel caso in cui avessero dovuto incontrare problemi che potessero ostacolare o impedire l'attuazione della sua richiesta di cooperazione, dovrebbero consultare senza indugio la Corte per risolvere la questione». Perché sia mancata questa comunicazione resta un punto oscuro.
In un primo momento, tra l'altro il governo aveva sostenuto di non avere ricevuto gli atti dall'Aia.
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E la Corte aveva smentito. (…)
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