
I NOSTRI POLITICI NON SONO LEADER, SONO FOLLOWER (DEI SONDAGGI) - INVECE DI SPIEGARE LE RAGIONI DELLA DIFESA EUROPEA E DEL RIARMO, TEMONO DI PERDERE VOTI E INSEGUONO GLI ELETTORI (CHE RAGIONANO IN TERMINI DI CONVENIENZE PERSONALI E NON COLLETTIVE) – RISULTATO? EQUILIBRISMI, SUPERCAZZOLE, IPOCRISIE. LA MELONI BANDISCE LA PAROLA "RIARMO" PER NON PRESTARE IL FIANCO A SALVINI - ELLY SCHLEIN, STRATTONATA DA CONTE, VUOLE METTERE NERO SU BIANCO IL NO ALLE ARMI – LA STAMPA: “SE BERLINGUER, UNO CHE GUIDAVA, SI FOSSE AFFIDATO A UN SONDAGGIO PER DECIDERE SE DIRE CHE SI STA PIÙ SICURI 'SOTTO L'OMBRELLO DELLA NATO', QUELLE PAROLE NON LE AVREBBE MAI PRONUNCIATE…”
Alessandro De Angelis per "la Stampa" - Estratti
MATTEO salvini - GIORGIA meloni
Due giorni fa questo giornale ha pubblicato un sondaggio di Alessandra Ghisleri, che registra una forte inquietudine dell'opinione pubblica: la metà degli intervistati è contraria all'invio delle armi in Ucraina, solo uno su tre è favorevole all'aumento delle spese militari. Risultati analoghi vengono registrati anche da Nando Pagnoncelli, secondo cui due italiani su tre chiedono di diminuire il sostegno a Kiev, e solo il 48 per cento è favorevole a un sistema di difesa europeo.
Le ragioni di questi orientamenti attengono al portafoglio, più che alle convinzioni ideologiche e, in questo clima da "burro o cannoni", c'è un effetto di ringalluzzimento tra gli elettori dei Cinque stelle e della Lega. Bene, questi umori sono la chiave per comprendere le acrobazie che, in questa due giorni parlamentare alla vigilia del Consiglio europeo, andranno in scena in Parlamento.
In fondo, è quanto visto finora in altra sede. Da un lato Giorgia Meloni, che si sente strattonata da Trump e dall'Europa, da Salvini appunto ringalluzzito e da Marina Berlusconi. Sa che non può sottrarsi, e rinnegare se stessa su quanto fatto finora, ma la sua postura è tutto un equilibrismo.
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini
(...) E la mozione della maggioranza ribadirà l'impegno su Kiev, ma in una cornice di collaborazione con Trump ed è bandita la parola "riarmo", in un gioco in cui si fa ma non si dice. Equilibrismo tra gli equilibrismi, perché neanche i suoi strattonatori vanno fino in fondo, chi (la Lega) chiedendo un chiarimento franco e schietto per smettere di sostenere l'Ucraina, chi (Forza Italia) in nome di una collocazione più netta sul piano di riarmo europeo. Un conto è lisciare il pelo all'opinione pubblica, altro è aprire una crisi di governo che comporterebbe un prezzo da pagare.
Dall'altro Elly Schlein, strattonata invece da Conte e dalle ragioni del suo cuore.
Non essendo al governo ha maggiore libertà di assecondare quel sentiment pacifista, da convinzione o da portafoglio. E vorrebbe tanto forzare mettendo nero su bianco il rifiuto del piano Ursula.
Vede in questo un terreno molto popolare – il "no alle armi" - su cui rafforzare la sua leadership, magari puntando a un congresso per una "rottamazione" della vecchia guardia. Però, anche qui, le compatibilità (il Quirinale, il rischio scissione) le impongono l'equilibrismo di spingere sì, ma senza andare fino in fondo.
Da una parte e dall'altra è il racconto di una classe dirigente ossessionata dagli umori del paese, convinta che l'assunzione chiara di una responsabilità faccia, banalmente, perdere voti. È il classico meccanismo che si autoalimenta: se le opinioni pubbliche la pensano così è anche perché qualcuno glielo ha fatto pensare visto che sono le classi dirigenti a plasmare il dibattito pubblico.
SCHLEIN, CONTE, BONELLI, FRATOIANNI
Se Enrico Berlinguer, uno che guidava, si fosse invece affidato a un sondaggio per decidere se dire o meno che si sta più sicuri "sotto l'ombrello della Nato", quelle parole forse non le avrebbe mai pronunciate. La rilevazione avrebbe registrato un sonoro "yankee go home". E chissà cosa sarebbe successo sul sequestro Moro – trattare o non trattare con le Br – e l'elenco potrebbe essere infinito.
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