SALUTO ROMANO A ELLY! IL CONFLITTO TRA PRODI, SEMPRE PIU’ LEADER OMBRA DELLA MINORANZA INTERNA DEM, E LA SEGRETARIA DEL PD SCHLEIN: LUI DA' CONSIGLI, LEI PENSA DI ESSERE UNA STATISTA - L'EX PREMIER VUOLE RESTARE LONTANO DALLE BEGHE DELLE CORRENTI DEM (CHE GLI SONO COSTATE IL QUIRINALE) MA SOPRATTUTTO DALLA SCHLEIN (IN PASSATO PRODI HA TELEFONATO PIU' VOLTE A ELLY E LEI NON HA MAI RISPOSTO) - LA STRONCATURA DELLA PROPOSTA FRANCESCHINI E IL NO AD APRIRE LA DIREZIONE DEM...
Francesca Schianchi per la Stampa - Estratti
Doveva arrivare, a quasi due anni dall'elezione a segretaria del Pd.
Quel momento che tutti i predecessori di Elly Schlein hanno attraversato, e più d'uno, a dire il vero, c'è rimasto impigliato fino alle dimissioni: quella fase in cui comincia un particolare fermento nel partito, un movimento dapprima sotto il pelo dell'acqua, poi pian piano emerge, un convegno, una riunione di corrente, un'intervista, messaggi subliminali che arrivano a Largo del Nazareno, sempre ammantati da buoni consigli per remare più forte insieme, ma insomma se li leggi a rovescio sono anche critiche a come è andata finora.
Era forse inevitabile, in questo 2025 sgombro di appuntamenti elettorali – le Regionali non arriveranno prima dell'autunno, e non è nemmeno escluso un rinvio alla primavera prossima: lo prevedeva anche la segretaria, che infatti da mesi dice «abbiamo tempo per lavorare al partito, diamoci dentro», forse proprio per prevenire gli sbandamenti di quelle correnti che fino adesso è riuscita a tenere a bada, e ora sta ragionando a una Conferenza programmatica per rilanciarlo e provare a dargli una qualche centralità.
Era prevedibile tanto più per chi, come lei, è arrivata alla guida del Pd due mesi dopo essersi iscritta, aliena rispetto alla storia e al tradizionale modo di condurre il partito, forte della spinta dei gazebo che hanno visto in lei una speranza di vero rinnovamento, mentre iscritti e dirigenti avrebbero preferito la rassicurante continuità incarnata da Stefano Bonaccini.
Meno prevedibile, invece, era che il leader della minoranza, lo sconfitto del congresso ex presidente della regione Emilia-Romagna, scegliesse da subito e convintamente una linea di collaborazione piena con la nuova leader: fin troppo, rimprovera chi, nel partito, non si ritrova appieno nel nuovo corso. E così, in questa latitanza di un punto di riferimento interno capace di contrastare lo strapotere della segretaria, ecco che è la voce nota e autorevole del padre nobile Romano Prodi, i suoi frequenti interventi a cuore aperto, senza troppe preoccupazioni diplomatiche, a essere presa a riferimento da chi, nel partito, chiede un cambiamento.
È lui a essere invitato alla riunione milanese dei cattolici in sofferenza nel Pd, lui a indicare quattro grandi temi su cui riunire le opposizioni, lui a etichettare come una proposta di «cinismo» quella di Dario Franceschini, marciare separati per colpire uniti nei collegi quando il voto arriverà. Fino all'incidente di domenica scorsa: l'ultimo segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti che propone via social a Schlein di riunire una Direzione del partito e farla introdurre da Prodi, e il Prof di Bologna che si affretta a sfilarsi: non ci penso proprio.
Lo ha detto e ripetuto, il leader del fu Ulivo, che non sta dietro a nessuna manovra, che non ha intenzione di mettersi alla guida di alcuna fronda o nuova iniziativa: però vuole dire la sua, con tutto il peso che si porta dietro. Anche quando suona come un rimprovero severo: vedi quando la primavera scorsa disse che sarebbe stata «una ferita alla democrazia» la candidatura alle Europee di Schlein, sapendo che poi non avrebbe messo piede a Bruxelles: e lei lo fece lo stesso. «Io Prodi lo ascolto sempre. Ciò non vuol dire che debba sempre essere d'accordo con lui, e credo che sia meglio così rispetto ai tempi in cui tutti fingevano di ascoltare, per poi pugnalare alle spalle», spiegò allora lei la sua scelta.
Una frase che dice molto del rapporto tra il Professore e la segretaria: di stima e rispetto - e non potrebbe essere altrimenti per chi, come Schlein, ha fatto il suo primo salto in politica al grido di OccupyPd, contro i 101 che tradirono Prodi - ma complicato da una distanza generazionale e di formazione.
Si sentono ogni tanto, certo, hanno scambi telefonici, lei si confronta, lui volentieri dà la sua opinione: fosse per il Prof, sarebbe disponibile anche più spesso a incontrarla e darle consigli. Ma la giovane segretaria interpreta il ruolo secondo canoni tutti nuovi anche per molti nel partito, che le rimproverano di esserci sempre, ma di essere sempre inafferrabile. Assiste da lontano al dibattito sulle alleanze e su un nuovo Ulivo, consapevole che trent'anni sono passati da allora, «le alleanze si fanno nella società e non nei palazzi», insiste, il mondo è cambiato e pure il partito, o almeno dovrebbe: «Se fin qui fosse andato tutto bene non sarei stata eletta io», ripete spesso.
(…)
Ma come non ha mai convocato capicorrente e caminetti, così anche i consigli dei padri nobili li prende a piccole dosi: benvenuti ma senza che la condizionino. Prodi, comunque, continuerà a dire la sua. Lei a evitare polemiche anche quando avverte una punta di fastidio: mai, giura chi la conosce, dirà una parola contro.
romano prodi e la candidatura di elly schlein vignetta by rolli per il giornalone la stampa mario draghi mario monti elly schlein pierferdinando casini ai funerali della moglie di romano prodi flavia franzoniROMANO PRODI ELLY SCHLEINelly schlein ai funerali della moglie di romano prodi flavia franzonischlein prodi franceschini