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LA SANITÀ È L’ULTIMO FRONTE DI SCONTRO NELLA MAGGIORANZA – AL VERTICE A PALAZZO CHIGI, TAJANI SI È OPPOSTO ALLA PROPOSTA DELLA LEGA DI TRASFORMARE I MEDICI DI BASE IN DIPENDENTI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE. E ANCHE LA MELONI HA FRENATO IL CARROCCIO – SALVINI INSISTE SULLA NUOVA ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI: HA BISOGNO DI UNA BANDIERA DA SVENTOLARE, IN VISTA DEL CONGRESSO DELLA LEGA IN PRIMAVERA. MA FORZISTI E MELONIANI FANNO MURO…
1. LA PREMIER FRENA IL CARROCCIO SU TASSE E RIFORMA DELLA SANITÀ
Estratto dell’articolo di Francesco Malfetano per “La Stampa”
matteo salvini giorgia meloni. antonio tajani
La frenata è talmente netta da lasciare i segni sull'asfalto. «È solo una bozza» sciorina sicura Forza Italia quando il vertice tra gli alleati di governo si è appena concluso, attestando come la riforma della Sanità portata dalla Lega al tavolo di Palazzo Chigi sia finita in stand-by.
A pesare, al di là del pressing spinto di Matteo Salvini che ha bussato alla porta della premier spalleggiato dai ministri Orazio Schillaci e Giancarlo Giorgetti, sono stati in primis i dubbi di Giorgia Meloni. Assimilare i medici di famiglia a dei dipendenti pubblici per dare sostanza al progetto delle case di comunità non rischia solo di mettere sul piede di guerra i sindacati di categoria, ma soprattutto di minare le già poche certezze sanitarie degli italiani.
La misura, almeno in questa fase, per Meloni rischierebbe di essere «impopolare». E non è considerato ammissibile sbagliare proprio l'intervento che impatterebbe sulle liste d'attesa, vale a dire il dente dolente scelto ormai da alcuni mesi da Elly Schlein per battere l'esecutivo.
Anche a costo di scontentare i tanti governatori che, con diverse sfumature, ieri si sono palesati davanti a Meloni. Dal presidente della conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga che vorrebbe legare la riforma al progetto autonomista al piemontese Alberto Cirio (favorevole ad una versione intermedia come il calabrese Roberto Occhiuto), fino al laziale Francesco Rocca. [...]
GIORGIA MELONI ORAZIO SCHILLACI
[...] all'interno della maggioranza permangono dubbi sulla ricucitura che la Lega dovrebbe compiere con Rocca all'interno della giunta della Regione Lazio. Oggi è atteso un chiarimento dopo che il cosiddetto salva-casa aveva terremotato l'alleanza. L'esito, spiegano fonti di rilievo a via Bellerio, «non è così scontato».
A dimostrare come nel centrodestra non sia tutto rose e fiori non è tanto la tensione emersa durante il faccia a faccia – stemperata anche dal fatto che Tajani, febbricitante, ha abbandonato in anticipo il tavolo – ma le mosse compiute dal leader del Carroccio subito dopo l'incontro. Lasciato Palazzo Chigi e inaugurato il Consiglio federale leghista, Salvini ha puntato nuovamente tutte le sue fiches sulla pace fiscale.
Sanatoria che FdI non vede affatto di buon occhio. Per i 5 miliardi che secondo la Ragioneria dello Stato costerebbe. Per il suo essere alternativa al taglio dell'Irpef per i redditi medi che invece è voluto con forza a via della Scrofa. [...]
2. RIFORMA DEI MEDICI DI BASE E FISCO, LE TENSIONI NELLA MAGGIORANZA
Estratto dell’articolo di Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
[…] Ieri è stata una giornata in cui, pur senza parole grosse, si sono intraviste le divisioni su vari temi cardine, come la sanità e su come usare i fondi (forse) a disposizione sul piano fiscale. Sul secondo punto le posizioni sono molto chiare: la Lega fa della rottamazione delle cartelle, la «pace fiscale» come la definiscono, la sua bandiera, anche in vista del prossimo congresso che dovrebbe tenersi in primavera, come deciso ieri nel consiglio federale del partito. FI punta sulla riduzione dell’Irpef. Sulla sanità è ancora tutto in discussione.
Ieri infatti si è tenuto un vertice a Palazzo Chigi con la premier Meloni, i vicepremier Salvini e Tajani, i ministri della Salute Schillaci e dell’Economia Giorgetti e anche i presidenti di Regione Rocca (Lazio), Fedriga (Friuli-Venezia Giulia) e Cirio (Piemonte).
Al centro dell’incontro, raccontano, tutta la materia legata alla sanità, dalle liste d’attesa, ai Pronto soccorso fino al nodo cruciale dei medici di base. Alcuni presidenti, come gli stessi Rocca e Fedriga (che presiede la conferenza delle Regioni), sarebbero favorevoli a trasformare in dipendenti pubblici i medici di famiglia.
Al contrario, Forza Italia (e Cirio) hanno già presentato una proposta di legge — spiegata al vertice da Tajani — perché i medici restino lavoratori autonomi subordinati alle convenzioni con lo Stato. Per due motivi, che spiega il capogruppo Paolo Barelli: «Su 38 mila, 12 mila hanno più di 65 anni: non accetterebbero mai di passare sotto l’Inps. E poi i costi sarebbero molto alti per lo Stato. Meglio lasciare loro 20 ore settimanali per i propri pazienti in convenzione e 18 ore a disposizione delle “Case della Sanità”, presidi pubblici che abbiamo già deciso di istituire per alleggerire il peso dei Pronto soccorso».
matteo salvini giancarlo giorgetti voto di fiducia sulla manovra 2024 foto lapresse
Ancora quindi nessuna decisione. Come d’altronde nessuna decisione può essere presa prima di capire quanto sarà il tesoretto di cui Giorgetti potrà disporre. E che la Lega già richiede: «All’unanimità, è stato ribadito l’obiettivo di una rottamazione definitiva ed equa delle pendenze col fisco per chi voleva pagare le tasse ma non è stato nelle condizioni di farlo. Troveremo l’intesa con gli alleati, come sempre» dice alla fine della riunione con il suo partito Salvini.
Ma già FI avverte che la prima delle esigenze, se ci saranno fondi, è il taglio di due punti di Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 60 mila euro, perché «lo abbiamo promesso al ceto medio, dobbiamo mantenere la parola data». Pur senza contrarietà alla rottamazione: «Se ci sono i fondi, ben venga», dice Tajani.
Un tira e molla finora sulla carta, ma che dice molto sul clima nervoso nella maggioranza. Meloni cerca di placare gli animi e non tira stoccate. Ma un po’ tutti nella maggioranza vedono un Salvini «molto agitato in questo periodo», forse anche perché in fase pre-congressuale.
Le chat uscite in cui viene definito Bimbominkia, il duello sul terzo mandato di Zaia, non tengono tranquillo il vicepremier. Il cui attivismo sul fronte anche estero, con la visita a Netanyahu, non è stato molto gradito alla Farnesina, come le uscite sui temi dei vari altri ministri. […]