
SCHLEIN, VATTI A NASCONDERE! IL PD E’ STATO L’UNICO TRA I PARTITI DEL SOCIALISMO EUROPEO A SCEGLIERE L'ASTENSIONE. UNA FIGURACCIA COLOSSALE PER ELLY E UNA SCONFITTA POLITICA CON IL PARTITO CHE SI È SPACCATO (SENZA I VOTI DEGLI “INDIPENDENTI” CECILIA STRADA E MARCO TARQUINIO LA SEGRETARIA SAREBBE ANDATA IN MINORANZA) - "LA STAMPA": "L'ACROBAZIA DEL “NÉ NÉ”, NÉ CON L'EUROPA NÉ CON CHI LA CONTESTA, COLLOCA IL PRINCIPALE PARTITO DELLA SINISTRA ITALIANA IN UNA TERRA DI NESSUNO" - MA PERCHE' NESSUNO NEL PD HA CHIESTO LE DIMISSIONI (SACROSANTE) DI ELLY?
Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti
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elly schlein alla direzione del pd foto lapresse
Ebbene, nel circo italiano andato in scena a Bruxelles, se possibile, la posizione del Pd è stata quella più acrobatica e, non a caso, quella finita peggio. Di fronte a scelte così vitali da cui discende tutto il resto, si può essere convintamente a favore o convintamente contro, sulla base di un pensiero e di una visione. Il Pd, unico tra i partiti del socialismo europeo, ha trasformato l'astensione, buona per un caso di coscienza individuale, in una «linea». Un unicum.
Pedro Sanchez, che è al governo per un pugno di voti con forze contrarie alle armi, su una grande opzione strategica per l'Europa ha rinunciato all'equilibrismo domestico. E ha votato a favore, come il 95% del Pse. Il gruppetto dei «compagni» ciprioti e maltesi ha invece votato contro, a viso aperto.
elly schlein alla direzione del pd foto lapresse 2
Solo il Pd ha scelto di non scegliere, ed è naturalmente finita male: il partito si è spaccato, senza i voti degli «indipendenti» Elly Schlein sarebbe andata in minoranza, e sarebbe andata ancora peggio se tutti avessero votato secondo convinzione e senza retropensieri legati ai destini personali di questo o quell'aspirante presidente di Regione.
Per Elly Schlein è una franca sconfitta politica, per come è maturata, per come è stata gestita, per le conseguenze. È maturata quasi a tavolino.
Dopo due anni in cui la segretaria ha sostanzialmente parlato d'altro, ha deciso di assumere una posizione polemica sull'Europa, ha bocciato il piano di Ursula contestandone sostanza e obiettivi, ha scelto questo terreno per una prova di leadership di fronte ai padri fondatori del suo partito che considerano quel piano necessario.
Insomma, avrebbe votato contro, ha ravvisato che non ce l'avrebbe fatta, ha ripiegato sulla scelta di astensione nel vuoto di una discussione all'altezza del momento, l'ha presentata come un voto di fiducia su di sé, e ha registrato una grande fragilità. L'opposto di come funziona un partito vero nei momenti cruciali: si discute, anche con passione e tensione, si decide, poi il segretario è il garante della tenuta di una linea che gli altri seguono.
Il punto non sono tanto le ricadute interne. Si discetterà all'infinito tra chi vuole un congresso tematico, chi un congresso vero e chi ha iniziato un congresso nei fatti. L'elemento rilevante sono le ricadute politiche di una torsione minoritaria: mai il Pd è stato così isolato nel Pse, così dissonante rispetto al capo dello Stato, così scisso rispetto alla generazione che ha fatto dell'ancoraggio europeo un cardine della propria funzione nazionale.
Morale della favola: l'acrobazia del «né né» – né con l'Europa né con chi la contesta – colloca il principale partito della sinistra italiana in una terra di nessuno. Da un lato lascia alla «sovranista» Meloni lo spazio dell'affidabilità europea sul tema sicurezza. La declina «a bassa intensità», la sua coalizione ha delle contraddizioni, ma non deraglia nei fondamentali.
Dall'altro lascia a Conte il monopolio della protesta.
C'è poco da fare: se la linea è il «vorrei ma non posso», il leader naturale è colui che vuole e può, perché appare come l'originale rispetto alla copia. E su questi presupposti la «gioiosa macchina da guerra giallorossa» al governo rappresenterebbe il ventre molle dell'Europa, disallineato rispetto a dove lo collocherebbe la storia nazionale.
E ora, tutti in piazza. Che a sua volta, rischia di essere un altro unicum: più uno specchio delle proprie contraddizioni che un messaggio chiaro al Paese.
elly schlein alla direzione del pd foto lapresse.
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elly schlein alla direzione del pd foto lapresse