
CHE SOLA 'STA TRUMPONOMICS: IL CETRIOLONE DI TRUMP FINISCE NEL… DERETANO DEGLI AMERICANI! LE PERDITE DI WALL STREET, LA DISOCCUPAZIONE CHE RISALE, GLI STOP & GO SUI DAZI CONTRO MESSICO E CANADA, L’IMPATTO NEGATIVO DEI TAGLI AL SETTORE PUBBLICO ANNUNCIATI DA MUSK (A SUA VOLTA COMMISSARIATO E ”RIDIMENSIONATO”): A 6 SETTIMANE DAL RITORNO DI TRUMP ALLA CASA BIANCA, IL MOTORE PRODUTTIVO PIÙ POTENTE DEL MONDO SI STA INCEPPANDO CON TANTI SALUTI ALL’ETÀ DELL’ORO CHE TRUMP CONTINUA A PROMETTERE. COME DAGO DIXIT, I POTENTATI ECONOMICI A STELLE E STRISCE SI MUOVONO PER…
Federico Fubini per corriere.it - Estratti
DONALD TRUMP ELON MUSK JD VANCE
Non è chiaro esattamente cosa – se i tagli di spesa o le continue sbandate sui dazi oppure altro ancora – ma qualcosa non sta più funzionando come prima in America.
A sei settimane dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la serie più recente dei dati dall’economia e del mercato è stata punteggiata di segni quasi tutti negativi e deludenti. Soprattutto negli ultimi sette giorni, la Trumponomics sembra colpita da un male oscuro che sta come inceppando il motore produttivo più potente del mondo.
Lo S&P500, il principale indice di borsa americano, con una capitalizzazione di 48 mila miliardi di dollari e un ruolo vitale per il risparmio pensionistico di centinaia di milioni di americani, ha chiuso la settimana in calo del 3,1%; le perdite dal giorno in cui Trump ha giurato come 47esimo presidente sono poi anche superiori.
Questa fragilità, del resto, riflette i segnali dall’economia: venerdì il Bureau of Labour Statistics ha comunicato che l’America in febbraio ha creato 151 mila posti di lavoro, meno della stima media degli analisti di 160 mila. La disoccupazione, pur bassa, in febbraio è risalita al 4,1% contro aspettative di una stabilità al 4%. Gli occupati part-time per ragioni economiche (perché non trovano contratti a tempo pieno) sono risaliti in febbraio a quasi 5 milioni, i massimi dal maggio del 2021.
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Elon Trump - Donald Musk - meme by sirio
Di certo questa insicurezza dev’essersi trasmessa a parte della stessa amministrazione Trump. Lo si intuisce dalla brusca marcia indietro, nel giro di 48 ore e senza poter vantare alcuna concessione dalle controparti, su gran parte dei dazi al 25% che lo stesso presidente aveva annunciato in settimana contro Messico e Canada (resta tuttavia per ora il raddoppio dei dazi supplementari sulla Cina dal 10% al 20%).
Altri segnali di insicurezza di Trump e dai suoi uomini si intuiscono poi dalla tentazione evidente di massaggiare le statistiche economiche, per camuffare l’impatto negativo dei selvaggi tagli di spesa imposti dal team di «consulenti» di Elon Musk.
Domenica scorsa Howard Lutnick, segretario al Commercio, ha spiegato che l’amministrazione valuta di scomputare l’impatto del settore pubblico dal calcolo ufficiale del prodotto interno lordo. Gli ha dato subito man forte lo stesso Musk: «Una misura più accurata del Pil escluderebbe la spesa pubblica» ha scritto l’uomo più ricco del mondo, incaricato (da «consulente») di falcidiare il bilancio pubblico. Pochi esperti sarebbero d’accordo: impossibile misurare un’economia senza tenere conto — per esempio — del fatturato dei contratti pubblici per la difesa, per la ricerca medica o per l’acquisto di farmaci.
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Di certo anche sui tagli di Musk lo stesso Trump sembra colto da dubbi ed esitazioni: negli ultimi giorni il presidente ha invitato l’uomo più ricco del mondo a usare «il bisturi e non il martello pneumatico».
Nel complesso però lo stress imposto dalle continue fughe in avanti e dalla marce indietro sui dazi, così come sulla spesa pubblica, per ora non sta portando «l’età dell’oro» che Trump continua a promettere. Sta paralizzando l’economia dell’incertezza.
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donald trump e elon musk
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