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IL LAVORO NOBILITA L’UOMO...QUANDO NON LO SPREME – SECONDO L’ULTIMO RAPPORTO CENSIS, IN ITALIA UN LAVORATORE DIPENDENTE SU TRE È RISCHIO BURNOUT: HA PROVATO SENSAZIONI DI ESAURIMENTO, ESTRANEITÀ O SENTIMENTI NEGATIVI NEI CONFRONTI DEL PROPRIO IMPIEGO - QUESTO STATO PSICOLOGICO COINVOLGE IL 47% DEI GIOVANI, IL 28% DEGLI ADULTI, E IL 23% DEI DIPENDENTI PIÙ ANZIANI – TRE MILIONI DI LAVORATORI SONO AFFETTI DALLA “SINDROME DA CORRIDOIO”, CIOÈ L’OSMOSI DI ANSIE E DISAGI TRA LAVORO E VITA PRIVATA…
Estratto dell’articolo da www.ilsole24ore.com
Rischio burn-out per un dipendente su tre. Secondo l’ottavo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, presentato venerdì 21 febbraio, il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha provato sensazioni di esaurimento, di estraneità o comunque sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro, cioè forme di burn-out.
Questo stato psicologico coinvolge il 47,7% dei giovani, il 28,2% degli adulti, e il 23,0% dei dipendenti più anziani. Molte le sofferenze sperimentate dai dipendenti poiché il 73,0% ha vissuto situazioni di stress o ansia legate al lavoro; il 76,8% non sempre è riuscito a trovare un equilibrio tra vita privata e lavoro; il 75,9% si sente spesso sopraffatto dalle responsabilità quotidiane; il 73,9% sente di avere troppa pressione addosso quando lavora.
Inoltre, il 67,3% ha provato frustrazione per via del mancato supporto da parte del datore di lavoro; il 68,5% sente che in azienda non viene promosso un ambiente lavorativo buono e sano; il 65,0% ha comunque difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa dello stress; il 36,7% è andato da uno psicologo o ha fatto ricorso al counseling a causa del proprio lavoro.
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L’83,4% dei dipendenti italiani ritiene una priorità che il suo lavoro contribuisca al proprio benessere olistico, fisico e psicologico. Condivide tale priorità il 76,8% dei dirigenti, l’86,1% degli impiegati e il 79,5% degli operai. E anche il 75,0% dei dipendenti tra 18 e 34 anni, l’85,7% tra 35 e 54 anni, l’88,4% dai 55 anni in su.
Tre milioni di dipendenti, emerge ancora dal rapporto, sono affetti dalla sindrome da corridoio, cioè l’osmosi di ansie e disagi tra lavoro e vita privata, che riduce drasticamente il benessere soggettivo, la qualità della vita e la salute mentale. Il 25,7% dei dipendenti si porta al lavoro i problemi di casa, privati, con effetti negativi sulla performance lavorativa, il 36,1% si porta i problemi lavorativi a casa con effetti negativi sulle relazioni familiari, amicali, eccetera.
Si portano a casa i problemi lavorativi con relativi effetti negativi il 41,0% dei più giovani, il 34,9% degli adulti e il 33,7% dei più anziani. Si portano invece al lavoro i problemi di casa restandone negativamente condizionati, il 22,7% dei dipendenti giovani, il 29,2% dei dipendenti adulti e il 20,6% dei più anziani.
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Il 63,5% dei lavoratori dipendenti è convinto che l’azienda in cui lavora potrebbe fare molto per migliorare il suo benessere. Ne sono convinti il 77,2% dei dirigenti, il 62,3% degli impiegati e il 62,3% degli operai. Sebbene il lavoro non sia più epicentro dell’identità individuale, resta un’attività fondamentale anche per il benessere di chi lavora e l’azienda può dare un importante contributo. Per il benessere poi contano anche le scelte individuali, è infatti il 66,7% dei lavoratori dipendenti ad essere convinto che la conquista del benessere dipende anche da quel che sceglie e decide di fare, dalla sua responsabilità individuale.
Condivide questa idea il 61,5% dei dirigenti, il 64,6% degli impiegati e il 72,5% degli operai. Ma la responsabilità individuale non significa che i dipendenti siano convinti che possano fare tutto da soli: oltre l’80% ritiene che Stato e istituzioni possano fare molto per migliorare le condizioni per il benessere psico-fisico individuale.
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