LA CASTA DEI PRESIDENTE FEDERALI E’ SALVA! DOPO BARELLI E BINAGHI, E’ STATO RIELETTO ANCHE L’INTRAMONTABILE GIANNI PETRUCCI: LA LEGGE ABODI, CHE COL SUO QUORUM DEL 66% DOVEVA FAVORIRE IL RINNOVAMENTO, FA FLOP SU TUTTA LA LINEA. NON È RIUSCITA A SCALZARE NEMMENO UNO DEI PRESIDENTI OLTRE IL TERZO MANDATO – LA SPERANZA DI MALAGO E’ CHE LA NORMA VOLUTA DA ABODI SI APPLICHI ANCHE AL CONI CHE RIUNISCE TUTTE LE FEDERAZIONI SPORTIVE…
Lorenzo Vendemiale per “il Fatto quotidiano” - Estratti
Barelli, Binaghi, Buonfiglio, Casasco, Matteoli, Rossi, Zanella. E adesso pure Petrucci. Con la fresca rielezione dell’intramontabile Gianni, confermato per l’ennesima volta, la sesta, alla guida del basket italiano, la casta dei presidenti federali è salva, praticamente al completo.
La stagione elettorale dello sport non è ancora finita, manca qualche disciplina tra cui la più importante, il calcio (il numero 1 Gravina si avvia verso un plebiscito), prima del Coni, a giugno. Intanto però si può già certificare l’incredibile fallimento della legge Abodi: il suo quorum del 66% che doveva favorire il rinnovamento non è scattato neanche in un caso.
La scorsa estate i boiardi delle Federazioni erano riusciti a farsi cancellare dal Parlamento la famosa legge sul limite di tre mandati, scavalcando il governo e lo stesso Abodi. Per compensare, il ministro ha introdotto questa maggioranza rafforzata (minimo i due terzi dei consensi per chi è oltre il terzo mandato), che avrebbe dovuto rendere più difficile la rielezione dei soliti noti. I presidenti se ne sono fatti letteralmente beffe.
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Da settembre ad oggi abbiamo assistito ad una serie incredibile di riconferme con percentuali bulgare e spesso candidati unici.
A partire dai potentissimi Angelo Binaghi del tennis e Paolo Barelli del nuoto, senza dimenticare il recordman Luciano Rossi, che nel tiro a volo è arrivato addirittura al nono mandato (è in carica dal 1992).
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È la dimostrazione che non serve a nulla fissare percentuali e numeretti, se non si mette mano al sistema in profondità, intervenendo su deleghe e candidature che limitano la democrazia interna. La tagliola dell’ex ministro Luca Lotti (tre mandati e poi tutti a casa), per certi versi era ingiusta, forse persino incostituzionale (la Consulta aveva trovato da eccepire), ma di sicuro sarebbe stata efficace. Invece quello di Abodi è stato un inutile palliativo.
Considerato che il ministro pare intenzionato a modificare nuovamente le regole in vista del prossimo quadriennio, la sua norma sul 66% passerà alla storia per essere stata approvata ma mai applicata, visto che non è riuscita a scalzare nemmeno uno dei presidenti oltre il terzo mandato.
Anzi, un effetto in realtà l’ha sortito: per scongiurare lo spauracchio del quorum, tanti presidenti sono stati ancora più feroci che in passato, cannibalizzando le opposizioni, facendo in modo, tra cavilli, trucchetti e squalifiche, che in molti casi non ci fossero neppure candidati alternativi, tanto per non correre rischi. E così è stato, nonostante o forse proprio grazie alla legge Abodi. Un trionfo.
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