"ALDO AGROPPI SE S’È ANDATO PER UNA POLMONITE, LUI CHE DEL POLMONE AVEVA FATTO L’ORGANO SUPREMO, SECONDO SOLO AL CUORE" - MAURIZIO CROSETTI RICORDA L'EX CALCIATORE, ALLENATORE E OPINIONISTA, SCOMPARSO A 80 ANNI: "TORMENTATO E SEGALIGNO COME UN MONACO MEDIEVALE, AGROPPI È STATO UN OTTIMO CALCIATORE E UN BRAVISSIMO ALLENATORE. TUTTO ERA SEMPRE TROPPO, COSÌ L’ANIMA SI AMMALÒ DI DEPRESSIONE, LA NERA OMBRA CHE NON AVREBBE MAI PIÙ LASCIATO QUEST’UOMO INQUIETO..."
Estratto dell'articolo di Maurizio Crosetti per "La Repubblica"
Granata era il volto, viola le occhiaie. Aldo Agroppi aveva dipinti in faccia due colori della sua vita, il Toro e la Fiorentina, ed erano tinte forti. […] Da giocatore era insonne, pensando ai numeri 10 che avrebbe marcato il giorno dopo, lui mediano di pialla e cacciavite; da allenatore, allo stesso modo non dormiva perché l’ansia lo visitava a ora incerta e lo abitava senza pietà.
Aldo se s’è andato a ottant’anni per una polmonite, proprio lui che del polmone aveva fatto l’organo supremo, secondo solo al cuore. I suoi, li aveva consumati senza risparmio per battersi come un manovale del centrocampo non privo di tecnica, ma anche per sgolarsi in panchina e non stare mai zitto in tivù, quando si inaugurava l’epoca degli ex, pensanti e parlanti. […]
Aldo Agroppi è stato un giocatore di infinita sostanza che nel Toro ha trovato essenza e sapienza, i valori oggi smarriti. […] Il destino, che nel caso dei granata è quasi sempre un’entità crudele, decise che Agroppi avrebbe esordito in A il pomeriggio del 15 ottobre 1967, accanto a Gigi Meroni che qualche ora dopo sarebbe stato investito e ucciso da un’auto in centro.
Un battesimo tragico e assoluto per il ragazzo chiamato a diventare uno dei simboli del “tremendismo granata”, vero erede di capitan Giorgio Ferrini, altro eroe perduto nel dramma, da cui imparò a masticare il pane duro. Era il lungo tempo tra Superga e lo scudetto ’76, quando il Toro di Agroppi si prendeva qualche soddisfazione nei derby e portò comunque a casa due Coppe Italia con Orfeo Pianelli presidente. La sorte volle che Aldo fosse ceduto proprio l’anno antecedente lo scudetto, però non prima di avere svezzato alcuni di quei formidabili campioni: Ciccio Graziani fu adottato da lui.
Tormentato e segaligno come un monaco medievale, Agroppi è stato un ottimo calciatore e un bravissimo allenatore, capace di portare subito il Pisa in A ma non di cogliere la grande occasione alla Fiorentina, lui toscanaccio, dove si scontrò con gli ultrà che lo odiavano perché teneva fuori squadra la divinità Antognoni. […]
Agroppi si divertì molto anche a Perugia, dove in B giocò un intero campionato perdendo una volta soltanto, primato che ancora resiste. Ma tutto era sempre troppo, così l’anima si ammalò di depressione, la nera ombra che non avrebbe mai più lasciato quest’uomo inquieto.
La terza vita fu in tv, dove Agroppi riuscì a mettersi quasi tutti contro perché la sua lingua e la sua ironia non avevano freno. Epocale la litigata in diretta con Lippi, e pure la famosa frase «due feriti sono meglio di un morto » per spiegare come, a volte, un pareggio tacito sia più conveniente del rischio di una sconfitta.
Fu assai caustico nei confronti della Juve di Moggi e Giraudo che ne chiesero, e ne ottennero, l’allontanamento dalle telecamere. Ma la stagione di Agroppi era già conclusa. «Non mi diverte più un football in cui i portieri giocano con i piedi e non con le mani ».[…]