"A TORINO ERO PRECIPITATO NEL BUIO, A FIRENZE SONO TORNATO A RIVEDERE LE STELLE" - MOISE KEAN RACCONTA LA SUA "RINASCITA" ALLA FIORENTINA DOPO LA STAGIONE DELUDENTE CON LA JUVE: "È STATO UN ANNO DIFFICILE DAL PUNTO DI VISTA MENTALE. C’È CHI CADE IN DEPRESSIONE, IO INVECE HO REAGITO. FIRENZE MI HA FATTO RINASCERE" - "IL MALORE DI BOVE? MI È PASSATA LA VITA DAVANTI. EDO ERA VICINO A ME, MI SONO SPAVENTATO TANTISSIMO" - LE ORIGINI IVORIANE, L'AMICIZIA COME NEYMAR E MBAPPÉ, L'ALBUM RAP E LA NASCITA DEL FIGLIO: "MIO PADRE NON C’È STATO PER ME E NON VOGLIO FARE GLI STESSI ERRORI…"
Estratto dell'articolo di Alessandro Bocci per il “Corriere della Sera”
Moise Kean, 10 gol in campionato, 15 in stagione compreso uno in Nazionale, le sue prospettive si sono completamente ribaltate dopo l’ultima stagione alla Juve a zero reti e senza neppure un sorriso.
«A Torino ero precipitato nel buio. A Firenze sono tornato a rivedere le stelle. L’anno scorso gli infortuni hanno pesato tantissimo e mi hanno condizionato. Ho perso tante belle occasioni, compresa la possibilità di andare a gennaio all’Atletico Madrid. È stato un anno difficile, soprattutto dal punto di vista mentale. C’è chi cade in depressione, io invece ho reagito. Firenze mi ha fatto rinascere».
[…] Avete vissuto momenti drammatici quando Bove è stato male contro l’Inter e poi bellissimi quando invece è venuto a trovarvi.
«Quella domenica mi è passata la vita davanti. Edo era vicino a me, mi sono spaventato tantissimo quando è crollato. Per fortuna adesso è passato. È tornato persino più sorridente di prima. Lo abbiamo abbracciato e coccolato, siamo un gruppo unito, ci vogliamo bene, questo ci ha aiutato nei momenti di sconforto».
Facciamo un passo indietro: ha cominciato con l’Asti, poi al Toro e da lì alla Juventus che ritrova domenica.
«Nessun astio. Se non avessi scelto di andare alla Juve, oggi non sarei qui e non avrei fatto questo tipo di carriera. Il Torino è una grandissima società, però non ho resistito al fascino dei bianconeri. Ero un bambino e a quell’età non stai tanto a guardare la rivalità tra le squadre. Ma ho scelto bene: dovevo fare quel salto. Sentivo dentro di me la voglia di provarci».
È andato via di casa a 13 anni.
«E sono dovuto andare in convitto. Mamma non voleva mandarmi perché fuori casa facevo i danni. Lasciarmi andare per lei era difficile. Alla fine, l’ho convinta e adesso è fiera di avermi ascoltata».
Il calcio è umorale: basta una partita per cambiare giudizi e prospettive. Come riesce un ragazzo giovane a rimanere equilibrato in un mondo così schizofrenico?
«Dipende dalla persona. Il calcio è come la vita: non può andarti sempre tutto bene, non puoi alzarti la mattina e sperare che non ci siano difficoltà. Devi essere pronto a affrontare qualunque ostacolo. Tante volte la gente non capisce, ma anche i giocatori sono esseri umani, con difetti e sensibilità con cui fare i conti».
[…] A Parigi ha giocato con i più forti, Mbappé, Neymar…
«Kylian e Ney sono bravissimi ragazzi. Ma il più forte è Cristiano Ronaldo. Mi ha insegnato a migliorare sui dettagli».
Il razzismo come lo vive? È stata dura?
«Il razzismo è dappertutto, in Italia e anche all’estero. Ho subito tante ingiustizie, soprattutto da piccolo».
[…] Ha scelto la maglia azzurra sin dalle giovanili…
«L’ho scelta perché sono nato qui ed è giusto rappresentare il Paese in cui sei nato. Anche se il mio sangue è ivoriano e non lo dimentico».
[…] la nascita di suo figlio Marley?
«Mi ha cambiato tanto. Lo adoro, penso sempre a lui, torno a casa, lo abbraccio e lo coccolo. Mi sento responsabile di un’altra persona. Mio padre non c’è stato per me e non voglio fare gli stessi errori. Non deve vivere quello che ho vissuto io».
rafael leao moise kean weston mckennie
Ha inciso un disco, Chosen. Quando è cominciata la passione per la musica?
«È cresciuta insieme al calcio. A volte giocavo a pallone, altre mi concentravo sulle sfide di rap. Questo disco è un messaggio: vuol dire che devi inseguire le tue passioni. Se hai talento devi farlo vedere e dimostrare che nella vita puoi farcela, e puoi fare anche due lavori».
È la musica che l’ha fatta diventare amico con Leao?
«No, il calcio. Ci siamo conosciuti nelle Nazionali giovanili, spesso eravamo nello stesso albergo e tra noi è scattato subito il feeling. Leao e McKennie sono i miei amici più cari in questo ambiente. Con Rafa ho dei progetti musicali a cui stiamo lavorando. McKennie invece tira fuori il bambino che è in me: ridiamo tantissimo, anche di cose stupide. Altrimenti la vita diventa triste». […]
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