
"IO UN PICCHIATORE? FUI ESPULSO SOLO UNA VOLTA. ANCHE FRANCO BARESI SI AIUTAVA CON TUTTI I MEZZI POSSIBILI" – SERGIO BRIO, EX STOPPER DELLA JUVE DI TRAPATTONI RACCONTA I DUELLI CON ALTOBELLI E VAN BASTEN (“IL PIU’ GRANDE DI TUTTI”), LE BOTTE CON PRUZZO (“SCONTRI DURI, EPICI, OGGI COL VAR AVREI CAMBIATO MODO DI MARCARE”) E IL CANE POLIZIOTTO “CON UN FAZZOLETTO GIALLOROSSO AL COLLO” CHE LO MORSE IN CAMPO DOPO UN ROMA-JUVE: “IO AVEVO APPENA FATTO A SCARPATE IN CAMPO CON PRUZZO E HO DOVUTO RIFILARNE ANCHE A QUELL’ANIMALE…” - VIDEO
Luca Bergamin per il "Corriere della Sera" - Estratti
Sergio Brio, lei è uno dei sei soli giocatori viventi ad avere vinto tutte le massime competizioni per squadre calcistiche di club. E adesso, a 67 anni di età, è tornato sui banchi di scuola.
Perché?
«Dopo la carriera di calciatore professionista, quella di allenatore e venti anni da commentatore televisivo, mi sono messo a studiare per diventare mental coach. Mi sono accorto, infatti, di essere portato per coniugare i concetti di leadership, spogliatoio, aiuto reciproco alla vita aziendale. Io non ci penso proprio a fare il pensionato, sono uno che non molla mai.
Non mi reggevo più in piedi e ho scelto di farmi mettere due protesi alle cartilagini delle ginocchia contemporaneamente, nel corso di una sola operazione».
Arti usurati? Non era lei quello che nella Juventus, insieme con Claudio Gentile, dava le botte?
«Le botte negli anni Ottanta e Novanta si davano e prendevano, era un calcio più fisico e più tecnico di quello odierno. Potrebbe sembrare un paradosso ma è così».
Brio, quale rapporto avrebbe avuto con la Var, la Video assistant referee?
«Avrei cambiato il metodo di marcare e comunque con il libero dietro lo stopper, non eri mai l’ultimo uomo prima del portiere, mentre adesso si sta tutti in linea. In ogni modo io sono stato espulso una sola volta, contro il Napoli per una presunta gomitata rifilata a Salvatore Bagni. Non lo avevo toccato. Il presidente Boniperti mi disse che ero caduto nel tranello del centrocampista partenopeo».
Ci si reclama sempre innocenti, poi invece se ci fosse stata la Var già allora...
«L’avvocato Chiusano studiò le immagini televisive, come se avesse una sua Var, fece ricorso ed ebbi una giornata di sconto sulle due di squalifica che mi erano state comminate. Comunque dagli spalti, in cui mi ero seduto dopo l’uscita dal campo, assistetti a una magica rete di Maradona all’incrocio dei pali».
A Brio stinco di santo non crede nessuno nemmeno dopo trenta anni.
«Non lo ero, però non ero nemmeno un picchiatore. Anche Franco Baresi che passava per un difensore dallo stile perfetto si aiutava con tutti i mezzi possibili per fermare gli attaccanti. La forza fisica è una cosa, la cattiveria un’altra».
Le piace il calcio di oggi?
«Sinceramente, davanti allo schermo mi addormento, queste partite sono alquanto noiose. Mi viene sempre da ripensare a quando Boniperti sostituì in un colpo solo Capello e Anastasi con Boninsegna e Benetti perché voleva giocatori più coriacei».
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Qual è l’attaccante che a lei invece non perdonava nulla?
sergio brio foto mezzelani gmt42
«Van Basten per me è stato il più grande di tutti. Era bravo sia di destro che di sinistro, non si faceva mai anticipare. Dopo quindici minuti di partita mi dicevo: “Sergio, questo non lo fermerai mai”. Non ero in grado di capire se convenisse spostarlo da un lato all’altro in base al piede meno talentuoso come si faceva di solito».
Anche «Spillo» Altobelli la fece ammattire parecchio.
«Un’estate ero a Forte dei Marmi con la famiglia. Non esistevano i telefonini, solo un apparecchio fisso nel chiosco dei gelati lontano trecento metri dal mare. Vedo il bagnino venirmi incontro per avvertirmi che Boniperti desiderava parlarmi. In quel tragitto fui attraversato da cattivi pensieri perché il Presidente di solito chiamava solo per comunicarti che ti aveva venduto. Alzai la cornetta e lui mi disse: “Sergio, ho preso Altobelli così non ti segna più davanti agli occhi...”».
Anche lei è stato un bomber, ha segnato 24 reti da professionista.
«Sono di più se aggiungiamo la Coppa Italia e la finale della Coppa Intercontinentale a Tokyo, in quella gara marcai Borghi destinato al Milan. Mi ricordo ancora il percorso di avvicinamento al dischetto, quelli sono momenti in grado di cambiare una carriera, una vita. Sbagli un rigore e lo rivedi nella testa finché campi».
Avere Gaetano Scirea alle spalle voleva dire dormire sonni più tranquilli?
«Un giocatore semplicemente perfetto. Un uomo taciturno, serissimo: quando parlava, però, tutti si zittivano. La sua tecnica era finissima. Non venne mai espulso».
Scirea-Brio sono stati più forti di Baresi-Costacurta?
«Io non posso dirlo. Ho le mie idee in merito...».
Lei aveva più tecnica e forza di Billy, almeno questo si può dire?
«Idem come sopra. Io ho avuto la fortuna di incrociare il mio destino con quello di Giovanni Trapattoni che, tornando ad esempio alla finale della Coppa Intercontinentale, ebbe il coraggio di dirmi che ero il rigorista più bravo, addirittura più di Michel Platini. Il Trap ti trasmetteva una fiducia pazzesca in te stesso, bastava averlo in panchina e tu davi il doppio».
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Racconti la firma dei contratti con Boniperti.
«In un giorno, durante il ritiro di Villar Perosa, faceva firmare praticamente a tutti un contratto in bianco, nel quale la cifra non era indicata. Si entrava a turno in una stanzetta convertita a ufficio, talmente invasa dal fumo che quasi non riconoscevi il viso del Presidente. E poi lui ci consigliava di sposarci presto ma al tempo stesso raccomandava alle nostri mogli di essere sessualmente morigerate nei nostri confronti. Io feci subito un figlio».
Lei è stato l’unico calciatore della storia a venire azzannato da un cane poliziotto a Roma.
sergio brio alessandra di legge e luigia casertano
«Sotto di un gol, pareggiò Platini e poi segnai io. Mentre stavo guadagnando la via degli spogliatoi, Prandelli mi avvisa che Giampiero Galeazzi voleva intervistarmi. Sotto la curva sud allora c’erano gli spogliatoi, con un tendone sopra per proteggere gli atleti dal lancio di oggetti.
Mi si avvicina un poliziotto con un cane che portava al collo un fazzoletto giallorosso. Lo vedevo che tirava verso di me, ma il poliziotto lo teneva per il guinzaglio. A un certo punto, lo lascia andare. Io avevo appena fatto a scarpate in campo con Pruzzo e ho dovuto rifilarne anche a quell’animale che nel frattempo mi aveva morsicato facendomi sanguinare. Poi il medico sociale dovette cercare il militare per verificare se avesse fatto l’antirabbica altrimenti avrei dovuto saltare l’imminente match con l’Aston Villa per l’assunzione del vaccino contenente sostanze vietate dall’antidoping».
Con Pruzzo siete stati protagonisti di duelli rabbiosi. Era proprio odio il vostro?
«Lui era un giocatore che rimproverava anche i suoi compagni se non gli passavano la palla. Prendeva a male parole anche me. Scontri duri, epici. Adesso siamo amici».