
“URSULA, SAREMO DURISSIMI” – IL TRUMPUTINIANO GIUSEPPE CONTE, TORNATO EUROSCETTICO DOPO ESSERE STATO FILO UE DA PREMIER DURANTE LA PANDEMIA, INCROCIA LA VON DER LEYEN A STRASBURGO E FA LA VOCE GROSSA SUL PIANO DI RIARMO: “FAREMO UNA FORTE OPPOSIZIONE, SAREMO PIÙ FORTI DI TE” – E LEI: ”VEDREMO” – "ZELIG" CONTE PORTA A SPASSO L’IMBELLE SCHLEIN E RINSALDA L'ASSE CON SALVINI (CON PUTIN AL CREMLINO E TRUMP TORNATO ALLA CASA BIANCA, SI RICREA LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE CHE C'ERA AI TEMPI DEL GOVERNO GIALLOVERDE) – LA SUPERCAZZOLA SU PUTIN E IL NO AL RIARMO - VIDEO
Tommaso Labate per corriere.it - Estratti
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«Guardi, se abbiamo di fronte una persona imprevedibile, ancor di più dobbiamo costruire un’architettura di sicurezza che va fatta con un percorso di mediazione, con un negoziato che ci porti a un accordo di pace.
E non accettando un terreno scivoloso che ci porta ancor più insicurezza», ha scandito Giuseppe Conte inaugurando la giornata di ieri a Strasburgo con un collegamento con L’aria che tira di David Parenzo su La7 e proponendo ai telespettatori italiani una sorta di gimkana retorica sul perché, insomma, all’imprevedibilità di Vladimir Putin evocata da Ursula von der Leyen bisogna rispondere senza una difesa comune o comunque senza armi.
D’altronde di gimkane, soprattutto retoriche, l’ex presidente del Consiglio dà l’impressione di essere esperto assai, in particolare tutte le volte che si tratta di definire il suo rapporto con l’Europa.
giuseppe conte ursula von der leyen
Taciturno all’alba del suo primo governo (cromatura gialloverde) quando Matteo Salvini cercava di imporre la presenza del cigno nero di Paolo Savona nel perimetro dell’esecutivo, poi euroentusiasta a buriana passata («Siamo per il cigno bianco, l’euro è irreversibile», ipse dixit), quindi euroscettico nella partita sull’immigrazione e clamorosamente filoeuropeista quando venne pensato e poi varato il Recovery plan durante la pandemia — e qui la cromatura del governo s’era già fatta giallorossa — in politica estera Conte ha sempre regolato il termostato della propria amicizia con Bruxelles aprendo e chiudendo la manopola e lasciando oscillare la temperatura dal rapporto con l’Unione dal caldo afoso al gelo polare, quasi sempre senza soluzioni intermedie.
Ora tocca al «saremo durissimi», come ha ribadito ieri a von der Leyen, incrociata al Parlamento Ue: «Faremo una forte opposizione, saremo più forti di te». «Vedremo», ha sorriso lei.
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles
(...) l’ex premier sembra un uomo dalle mille facce. Due, tra l’altro contemporaneamente, le ha mostrate tutte le volte che — durante l’ultima campagna elettorale Usa — qualcuno gli ha messo sotto il naso un microfono per chiedergli se tifava per Kamala Harris, come il progressismo elevato a parola chiave del suo Movimento 5 Stelle lasciava intendere; o per Donald Trump, l’alleato che ribattezzandolo «Giuseppi» gli aveva garantito la copertura degli Stati Uniti anche dopo la nascita del governo giallorosso, con la sinistra: niente da fare, non ha mai sciolto la riserva.
Le tante malelingue del Pd che vorrebbero cancellare con un tratto di penna quel poco o tanto che rimane del miraggio del campo largo insinuano, sostanzialmente, che Conte si muova ormai più col cinismo proprio del leader di partito che col passo felpato di chi i governi li ha anche guidati. E la chiusura ermetica verso il piano di difesa presentato da von der Leyen un risultato in ottica coalizione l’ha ottenuto, se è vero che sul dossier il M5S s’è andato a posizionare nella casella del pacifismo tradizionale di Alleanza Verdi e Sinistra e ha costretto la segreteria di Schlein a ricollocarsi, marcando un dissenso rispetto alle aperture dei socialisti europei.
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles 1
Gli strani tornanti della storia, oggi, con Putin ancora al Cremlino e Trump tornato alla Casa Bianca, riportano in auge la congiuntura internazionale che c’era all’epoca dell’alleanza con Salvini, quando proprio i leader di Mosca e Washington erano le stelle popolari di quella maggioranza.
Certo, oggi c’è una guerra in più, per giunta alle porte dell’Europa e per giunta provocata da Putin.
Ed è proprio rispetto a questa che Conte, dovendo scegliere una faccia da portare in giro come ieri ha fatto a Strasburgo, ha selezionato la meno dissimile a quella del vecchio amico del Carroccio.
Alimentando la vecchia teoria, propria di un esponente M5S che è stato ministro con entrambi, per cui «se hanno litigato, Giuseppe e Matteo, non è perché la vedessero in maniera diversa sulla politica estera. Ma, al contrario, perché l’hanno sempre pensata allo stesso modo».
conte putin
giuseppe conte e vladimir putin
VLADIMIR PUTIN E GIUSEPPE CONTE
salvini putin conte