IL CINEMA DEI GIUSTI - CON “THE VISIT”, NIGHT SHYAMALAN TORNA A ESSERE IL GRANDE REGISTA CHE ERA AI TEMPI DEI SUOI PRIMI CAPOLAVORI - È UN PICCOLO HORROR SULLA SETTIMA DI TERRORE CHE DUE NIPOTINI PASSANO IN VISITA AI NONNI

Ne viene fuori un horror costruito alla Blair Witch Project, cioè con le riprese delle telecamere dei due nipotini in visita dai nonni, ma dove questo elemento serve solo per sviluppare paura, mentre il vero interesse del regista è nella costruzione psicologica dei personaggi più giovani, nel loro adattamento e sviluppo all’interno di una situazione non facilmente gestibile e nel confronto con le menti turbate dei vecchi…

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Marco Giusti per Dagospia

 

“Puoi entrare nel forno per pulirlo?” chiede la nonnina cattiva a una nipotina come fosse la strega di Hansel e Gretel. “Stavo pulendo il fucile”, si scusa il nonnino che è stato trovato dalla nipotina con le canne in bocca pronto a far fuoco. E questo è solo il trailer. Buone notizie, comunque, perché con questo piccolo horror sulla settimanella di terrore che due nipotini passano in visita ai nonni, The Visit, costato solo 5 milioni di dollari, ma ne ha già incassati 65 in patria, M. Night Shyamalan torna a essere il grande regista che era ai tempi dei suoi primi capolavori, Il sesto senso, Unbreakable.

 

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Diciamo che è dai tempi di The Village che non faceva un film così complesso e riuscito. Per riottenere il completo controllo dei soi film, e soprattutto il director’s cut finale, Shyamalan ha messo tutto quello che aveva guadagnato con la regia del modestissimo After Earth con Will Smith in questo progetto a basso costo con attori sconosciuti.

 

Ne viene fuori un horror costruito alla Blair Witch Project, cioè con le riprese delle telecamere dei due nipotini in visita dai nonni, ma dove questo elemento serve solo per sviluppare paura, mentre il vero interesse del regista è nella costruzione psicologica dei personaggi più giovani, nel loro adattamento e sviluppo all’interno di una situazione non facilmente gestibile e nel confronto con le menti turbate dei vecchi. La storia vede due ragazzi di 13 e 15 anni, Becca e Tyler, interpretati da due piccoli attori australiani, Olivia DeJonge e il meraviglioso Ed Oxenbould, già una star, inviati dalla mamma, Kathryn Hahn, a trovare i suoi vecchi genitori in una fattoria della Pennsylvania.

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La mamma non li vede da quindici anni, da quando cioè scappò per amore da casa loro e mai più tornò. I ragazzini, quindi, li vedono adesso per la prima volta. Mettiamoci anche che il padre dei ragazzi se ne è andato in California lasciandoli un bel po’ traumatizzati, mentre la mamma cerca di rifarsi una vita con un certo Miguel, che la porta in crociera proprio quella settimana. Becca e Tyler si trovano così alla completa mercé dei nonni, apparentemente due simpatici vecchietti, interpretati da due attori strepitosi, e mai così in luce, come Deanna Dunagan e Peter McRobbie, un po’ più noto, è stato l’Adrian Prussia di Vizio di forma.

 

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Ma la nonna e il nonno non sono due simpatici vecchietti. Lei si alza di notte e gira nuda per casa, grattando le porte o brandendo un coltello. Lui ha improvvisi scatti d’ira e riempie un casotto esterno coi suoi pannoloni sporchi. Se la notte è il momento più terribile per tutti, visto che la nonna soffre di “Sundowning” (doveva essere il primo titolo), cioè di follia senile derivata dall’arrivo del buio, il giorno non è tanto meglio. Ma non solo i nonni hanno delle stravaganze.

 

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Becca, che vorrebbe fare la regista e si esercita sul documentarietto che gira sulla visita ai nonni  cercando di intervistarli sul loro passato, non riesce a vedere la propria immagine riflessa in uno specchio. Tyler soffre di fobia dei germi e pensa che il padre li ha lasciati perché ha capito che è un vigliacco. In una delle scene più belle del film, una ripresa frontale di Tyler con una porta bianchissima aperta sulla destra, il ragazzo racconta una lunga e frustante storia di football dove avrebbe dovuto reagire e salvare la squadra, ma è rimasto come immobile in mezzo al campo, incapace di reagire.

 

Al tempo stesso la ragazza racconterà la sua tristezza ripresa dal fratello con uno zoom che arriva a riprenderne mezza faccia. Il film, allora, come nelle maggior opere di Shyamalan, ribalta l’impianto horror per raccontarci soprattutto altro, per fondere la follia dei vecchi con le paure dei ragazzi, come se potessero interagire.

 

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E, ovviamente, lo faranno in un finale che non posso raccontare, ma dove tutto troverà uno sviluppo. Shyamalan sostiene di averne girate ben tre versioni di questa storia, una “pura commedia”, una “puro horror” e una a metà. Attenti a battute inconsuete e che possono diventare di culto. Tipo “Ci vogliono dieci anni per diventare un campione di Yahtzee” o a riferimenti per noi astrusi a personaggi americani come Sarah McLachlan o alla funzione di un poliziotto del posto, tale Jerry, che non risponde neanche al telefono. Film molto più difficile di quanto si creda. Da vedere e rivedere. Imperdibile. In sala.

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