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Corinne Clery ci racconti un episodio OFF dell’inizio della tua carriera, un aneddoto particolare degli anni della gavetta?
Ho un aneddoto buffo e imbarazzante! Al mio primo provino per “Histoire d’O” andai a Parigi dopo due mesi di suppliche da parte della produzione, volevo comprare delle scarpe nuove, tanto mi pagavano tutto… Ho pensato vado, faccio dieci minuti di provino, mi compro le scarpe, sto un weekend a Parigi, è tutto meraviglioso… non avevo la minima intenzione al mondo di fare quel film! Invece quel provino è durato tutto il giorno, non mi facevano più andar via!
Alle 7 di sera suonano alla porta dello studio, tutti hanno un lampo di genio, ricordano l’appuntamento e mi chiudono nello sgabuzzino, perché entrava il Signor Carlo Ponti con una signorina sconosciuta – Dalila Di Lazzaro – per farle firmare il contratto. E invece non l’hanno voluto firmare, io sono rimasta mezz’ora nello sgabuzzino a sentire tutto, anche molto imbarazzata perché non avevo intenzione di fare il film, ma non mi volevo far vedere. Quando sono uscita ho detto che mi dispiaceva molto ma non lo volevo fare, hanno passato il weekend a convincermi, poi l’ho fatto! Avevo 25 anni e un figlio di 6 anni e mezzo! Sono precoce in tutto, io!
Un’altra grande esperienza è stata quattro anni dopo, nel 1979, con Roger Moore sul set di “007 Moonraker – Operazione spazio”…
Anche quello non lo volevo fare! Mi chiamò addirittura il signor Albert Broccoli, che chiese il mio numero diretto alla mia agenzia, perché nessuno gli aveva mai detto di no, voleva convincermi. Gli dissi che non volevo essere un numero ‘x’ di James Bond Girl, lui rispose che la protagonista era Lois Chiles e che io sarei stata la seconda protagonista.
Gli risposi che ero stanca perché avevo appena finito un film, lui insistette e alla fine gli dissi, per ridere, che se mi avesse invitata a pranzo a Parigi in un ristorante divino, il Premier, dove andavo sempre con mio papà, avrei accettato. Alla fine mi invitò e accettai di fare il film, lui rideva come un matto. Mi hanno talmente amata che poi ho fatto pubblicità per un anno in giro per il mondo con loro.
Com’era Roger Moore? Che rapporto avevi con lui?
Fantastico, era un amore, un signore. Aveva una moglie italiana meravigliosa che si chiama Luisa, aveva un figlio di una decina d’anni, stavamo spesso insieme in giro per il mondo a New York, a Los Angeles, ho fatto tutte le prime del mondo, metà con lui e metà con Richard Kiel.
Corinne, dai un consiglio alle attrici: qual è il segreto per sedurre il pubblico maschile su un set?
Ti giuro che non lo so, sono la persona meno adatta! Un giorno chiesi a mio padre di sedersi tranquillo e gli dissi che avrei fatto Histoire d’O, un film che forse non gli sarebbe piaciuto molto… lui mi disse: “Histoire d’O? E l’hanno chiesto a te? Ma tu non fai film sexy!”. Gli risposi che lo sapevo e che non capivo come mai [me l’avessero proposto], perché io non mi vedevo così, e nemmeno la mia famiglia…
Quando hai fatto il film, tuo figlio come l’ha presa?
Era piccolino, è venuto anche a trovarmi sul set se c’erano delle scene carine, c’era anche mia madre a Parigi. Il set era una grande famiglia molto carina, infatti Just Jaeckin, il regista, è ancora oggi un mio grande amico. Non c’era tutto il morboso che si vede nel film, tutti i primi piani e le scene si facevano in quattro, io, l’operatore, il regista e il cameraman. Nessuno sbirciava, il grosso era in primi piani, oppure in piani lunghi o in piani sequenza.
Scene di sesso non ce ne sono, oppure sono quelle che si possono immaginare. Non era poi così difficile, in fondo ero sempre nuda da ragazza, da noi a Saint Tropez andavo in spiaggia nuda anche con mia mamma, perché in Francia c’è un’altra mentalità, non c’è la morbosità. Oggi mi copro – anche se potrei ancora permettermi di spogliarmi – però per dignità e per eleganza quando gli altri si spogliano io mi copro, già da tanti anni…
In Italia quando un uomo ha una compagna di 20-30 anni più giovane di lui non fa scalpore, mentre se una donna ha un compagno di 20 o 30 anni fa scalpore. Siamo ancora un Paese maschilista?
Non è maschilismo, non sono gli uomini che pensano così, sono piuttosto le donne borghesi, che hanno paura e che continuano a fare le mamme casalinghe – e non c’è niente di male, per carità – ma non hanno la mente aperta, non è colpa loro; in tutto il resto del mondo, anche in Spagna, che una volta era il Paese più cattolico del mondo, sono molto più avanti rispetto alle coppie omosessuali e alle coppie formate da persone con grande differenza d’età.
In Italia c’è ancora una mentalità molto antica, sarebbe giusto cambiarla ma è difficile cambiare le radici. Vivo qui da 40 anni e non cambia nulla, la borghesia, il bigottismo, la Chiesa che dice che va tutto bene ma non è così, perché sono loro per primi a fare ‘le peggio cose’, come si dice a Roma…
Corinne Clerye e Angelo Costabile
Che cosa deve fare una donna affascinante come te per mantenersi sempre appetibile per l’uomo? Qualche tempo fa, dopo tre anni di fidanzamento, hai lasciato Angelo Constabile, un ragazzo che aveva 28 anni meno di te…
Io non mi sveglio la mattina per conquistare, non guardo mai un uomo, non mi filo mai nessuno, ho altre cose per la testa, sono loro che filano me! Sono sempre stata sposata o fidanzata, con storie lunghe, uscivo da un bruttissimo lutto e non ci pensavo per niente, ancora meno pensavo a uno così giovane, perché avevo chiuso con le tante storie che avevo avuto con persone giovani.
Sono sempre loro che mi cercano e stanno ricominciando, sono disperata! Ora ho un corteggiatore giovane molto assiduo, gli ho detto che non è possibile, ma loro non capisce il perché… negli altri Paesi non è così! Intanto a 36-37 anni sei un uomo, non sei poi così giovane; se sei un uomo intelligente sei come tutti gli altri uomini, con il vantaggio che non hai tutte le turbe mentali e vivi la vita con entusiasmo, con voglia.
Spesso questi ‘giovani uomini’ non si trovano bene con le ragazze più giovani che vogliono fare carriera e trascurano gli uomini, oppure non sono colte, o sono viziate… me ne raccontano di cotte e di crude, io sono allibita! Non sto mai con persone che fanno il mio stesso lavoro, quindi non c’è interesse, a parte il mio ultimo compagno, che forse avrebbe voluto farlo ma non l’ho aiutato perché non è il mio mestiere.
Con donne più grandi come me gli uomini giovani stanno sereni, si divertono: io sono piena di vita, di interessi, sono buffa e divertente, cucino e faccio la spesa poi la sera metto i tacchi e il rossetto, sono quattro persone nella stessa giornata, non ti annoi, mi arrabbio e poi rido, ho tante cose da fare e giro il mondo, è divertente.
È sempre l’uomo che deve offrire alla donna, come dice la vecchia scuola italiana?
Io al massimo gli pago un caffè, se uno non ha grandi mezzi si sta a casa e va benissimo. Oggi il mondo è cambiato, se si decide di fare una cosa insieme, come un viaggio, si divide a metà. C’è sempre modo di venirsi incontro… gli uomini con me si divertono sicuramente, non sono ancora proprio da scartare, ma io non li guardo! Vorrei avere un uomo più grande, ma non mi guardano, guardano le ragazze!
Nel 1977 hai fatto “Kleinhoff Hotel”, un film con Lizzani, che purtroppo poi ci ha lasciati così… Che differenza vedi tra i maestri di ieri e quelli di oggi in Italia, se ne vedi qualcuno?
Ci sono dei registi di commedie che mi piacciono molto, come Fausto Brizzi e Carlo Verdone, mi piaceva Dino Risi e mi piace suo figlio Marco. Sono tre o quattro, è finita l’epoca in cui ogni regista che usciva aveva una storia da raccontare, si inventava uno stile… oggi prendono dei canaloni, amore numero uno, due… Sono tutti uguali, non me li ricordo, non lasciano tracce, ma non è colpa loro, è colpa della nostra società che non dà e non suggerisce niente, non dà emozioni e quindi non vengono fuori emozioni. Se non conosci e non vivi emozioni come fai a inventartele?
Mi auguro che questa mostruosa crisi che ci ha colpito, in cui tutti stanno soffrendo senza limiti, serva a qualcosa; si dice che dopo aver toccato il fondo esce il sole… Per esempio mi è dispiaciuto moltissimo non vedere l’ultimo film di Barbareschi, perché non c’era più…
L’ho incontrato in RAI e mi ha detto che non c’è niente da fare, se tratti un argomento complicato e scomodo, come la denuncia che faceva nel suo film sulla mafia nel settore dell’alimentazione, la gente non vuole sentirne parlare perché deve pensare troppo, gliel’hanno smontato in due o tre minuti. Questa è la cultura che ormai ha la gioventù italiana, non gliene frega niente di andare a vedere Woody Allen, preferisce “Sole a catinelle”…
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