COSE MAI VISTE! CI MANCAVA SOLO UNA LAUREA AD HONOREM PER QUEL TIPINI FINO DI DE LAURENTIS ALL’AMERICAN UNIVERSITY OF ROME: “NON FARÒ FILM SU GENNY ‘A CAROGNA MEGLIO BILLY ELLIOT”

Fabrizio Caccia per ‘Il Corriere della Sera'

‘'Io mi sento ancora un ventenne, anche se poi mi vedo le rughe allo specchio e penso che sono arrivato a 65...». Scherza, De Laurentiis. Ad ispirarlo sarà l'acronimo dell'American University of Rome - Aur come Aurelio - di certo con la toga nera e il tocco in testa il patron del Napoli sembra sentirsi davvero a casa sua, beatamente circondato da professori e studenti della splendida università americana sul Gianicolo, nel giorno in cui - ieri - riceve il prestigioso riconoscimento di Dhl, Doctor of Humane Letters, la laurea honoris causa in Scienze umanistiche «per la lunga e strabiliante carriera nel campo del cinema e dello sport».

Prima di raggiungere la spiaggia dei Maronti, ad Ischia, dove oggi finalmente festeggerà al ristorante da Nicola, in riva al mare, il suo compleanno in compagnia di amici e parenti, Aurelio De Laurentiis - «io? un ponte tra Roma e Los Angeles» - regala battute a raffica, non lesinando aguzze punture di spillo legate alla più stretta attualità: «Un film su Genny ‘a Carogna non lo farò mai, la mia idea di sport è un'altra, è quella di Billy Elliot, quella del ragazzino che alla fine coronerà il suo sogno di ballerino. Ecco, se mai farò un film sul calcio, sarà così...».

Il presidente dell'università americana di Roma, Richard Hodges, lo presenta ai giovani laureandi (in toga verde) ricordandone i successi, gli oltre 400 film prodotti in carriera fino all'ultima Coppa Italia vinta dal Napoli. Poi il professore cita (in italiano) anche i «cinepanettoni» di De Laurentiis, suscitando ilarità in sala, dove siedono in prima fila il ministro della Cultura Dario Franceschini, Carlo Verdone, Christian De Sica e il presidente del Coni Giovannino Malagò, tutti venuti ad onorare l'amico di vecchia data. E a proposito di «cinepanettoni», il titolare della Filmauro non si lascia sfuggire l'occasione: «Il prossimo film di Natale avrà come protagonisti Lillo e Greg, sarà diretto da Volfango De Biasi e tra gli interpreti principali ci sarà un bambino».

Le tv si mettono in fila per intervistarlo, le luci dei riflettori fanno pensare tanto a Cinecittà, c'è una troupe araba venuta apposta da Doha per chiedergli di Maradona ma anche di Mascherano, l'asso del Barcellona ritenuto da molti il prossimo top player del Napoli. De Laurentiis non pare così convinto: «Con Mascherano mi è venuta ‘na capa tanta - celia in dialetto napoletano - I tifosi sono incontentabili, poi magari io prendo Mascherano che oggi ha 30 anni e tra due anni mi si dirà che è vecchio per cui bisognerà prenderne uno più giovane...».

Ma il cruccio vero del patron del Napoli è un altro: «Il calcio è vivo e vegeto però la Legge Melandri (quella sulla ripartizione dei diritti tv della serie A, ndr) e il Ministero dell'Interno stanno uccidendo questa realtà. La Legge Melandri è la più grossa boiata. Renzi deve capire che con quella legge non si diventa competitivi in Europa. Così come esiste la Formula Uno, Due e Tre, questa distinzione deve esistere anche nel calcio...».

Le "grandi" insomma devono poter contare su maggiori risorse. E pure sulla violenza negli stadi, il suo giudizio è netto: «In occasione dell'ultima finale di Coppa Italia è mancato il lavoro di intelligence. Bisogna che Lega, Figc, Coni e Viminale si seggano intorno a un tavolo e facciano ciò che non è stato fatto in 10 anni».

Nel suo futuro di produttore, invece, dopo tanto cinema, spunta la tv: «L'avevo bandita, ma poi ho visto prodotti come Californication e in Italia Gomorra e mi sono ricreduto. Le serie funzionano più dei film. Così ho messo insieme alcuni dei migliori sceneggiatori americani e negli Usa ne produrrò ben 5. Non chiedetemi di più».

Agli studenti dell'Aur, infine, si rivolge con commozione: «In Italia le generazioni più anziane hanno paura di competere con i giovani. Non vogliono cedere il potere e i giovani devono sempre aspettare». Poi ricorda loro Eduardo De Filippo («Gli esami non finiscono mai») e conclude con le parole celebri di Steve Jobs, «Stay hungry, stay foolish», siate affamati, siate folli. Applausi.

 

 

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