fotogiornalismo 8

FOTO, NON PAROLE - DAI MOTI DI MILANO AGLI ALBANESI DI BENETTON LA STORIA DEL FOTOGIORNALISMO ITALIANO È UNA COLLEZIONE DI “OCCASIONI MANCATE” - TUTTA COLPA DEL FASCISMO? MA NON SARA’ PURE QUESTO UN ALIBI, UNA SCUSA ALLA PETROLINI TIPO “AMMÈ M’HA ROVINATO ‘A GUERA”?

Michele Smargiassi per “la Repubblica”

BENETTON ALBANESI 1BENETTON ALBANESI 1

 

Quando in America c’era Henry Luce, da noi c’era l’Istituto Luce. Laggiù il fotogiornalismo si faceva le ossa sulle pagine di riviste come Time, Fortune, Life, inventate da un editore non proprio progressista ma geniale; quaggiù agonizzava sulle veline di regime nel compito, miseramente assolto, di costruire il culto della personalità ducesca.

 

Il trauma del fascismo, assieme occhiuto e orbo, è invocato comunemente per giustificare la parabola modesta e periferica del fotoreportage italiano: un ventennio di autoaccecamento che ci fece perdere il treno del grande fotoreportage internazionale, quello di Capa, Bourke-White, Cartier-Bresson, Eisenstaedt. Ma non sarà pure questo un alibi molto all’italiana? Una scusa alla Petrolini, “ ammè m’ha rovinato ‘ a guera”?

 

BOOM FOTOGIORNALISMOBOOM FOTOGIORNALISMO

La vicenda del fotogiornalismo italiano ti appare una catena di grandi occasioni mancate, di promesse splendide non mantenute, quando chiudi le quasi seicento pagine di La realtà e lo sguardo,storia che Uliano Lucas e Tatiana Agliani hanno ricomposto partendo dalle fonti primarie, dallo sfoglio delle collezioni dei giornali, nella convinzione che il fotogiornalismo reale è quello che i lettori hanno potuto vedere in edicola, non quello che i fotografi volevano fosse.

 

Lo stridore fra quel che avrebbe potuto essere e quel che non è stato è cosa nota a Lucas, storiografo di un fenomeno di cui fu anche uno dei grandi protagonisti, fotogiornalista della generazione dei free-lance socialmente impegnati degli anni Cinquanta. Che però alla fine si è convinto che la storia infelice del fotogiornalismo italiano va letta su uno sfondo più vasto, come «la cifra visiva del tardivo incontro dell’Italia con la modernità ». Eppure le buone premesse c’erano.

COVER LIBRO LUCAS FOTOGIORNALISMOCOVER LIBRO LUCAS FOTOGIORNALISMO

 

Se il Risorgimento arrivò troppo presto, tecnologicamente parlando, per la documentazione fotografica, già alla fine del secolo un pioniere come Luca Comerio inseguiva per strada, sudando sotto il peso della sua fotocamera di legno, i rivoltosi dei moti di Milano repressi a cannonate dal generale Bava Beccaris.

 

E sì, certo, il fascismo e le leggi contro la stampa furono la doccia ghiacciata che ibernò quella prima grande occasione, e tappò porte e finestre alla possibilità di sbirciare cosa facessero nel resto d’Europa, con le nuove agili macchinette, tipi come Felix Man o Erich Salomon, cosa ci fosse dietro le copertine di Vuo del Picture Post… 

 

Né serve invocare come alibi la meteora di Omnibus, dove Leo Longanesi valorizzò una fotografia d’autore ironica, aneddotica, lontana dallo stentoreo di regime: «È il grande equivoco della immaginaria fronda fotografica al fascismo», giudica Lucas, «come Tempo, come Oggi, Omnibus era un tentativo di rinnovamento, ma ben attento a restare all’interno del sistema totalitario».

MOTI DI MILANOMOTI DI MILANO

 

Si vide nel dopoguerra, quanto poco fertili fossero quei vagiti: quando le riviste ebbero fame di immagini, non trovarono fotografi. «Le poche agenzie indipendenti, la Vedo di Porry Pastorel, la Publifoto di Vincenzo Carrese, tollerate dal regime, erano cresciute vendendo all’estero fotonotizie sterilizzate, prodotte da fotografi di buon mestiere ma senza cultura fotografica moderna».

 

Anche il grande Federico Patellani, che già nel 1943 si pose il problema di promuovere un “fotogiornalista nuova formula”, inventò sì un nuovo strumento, il “fototesto”, con cui realizzò perTempo i suoi felici reportage sulla ricostruzione, ma finì per confermare il complesso di inferiorità della fotografia rispetto alla parola.

 

CHIARI DOLCE VITACHIARI DOLCE VITA

Eccola qui, dunque, la malattia che ha azzoppato il fotogiornalismo italiano: il fascismo non c’entra tanto, tutta la cultura italiana è stata prepotentemente logocentrica, sospettosa verso le immagini non tenute al guinzaglio dalla scrittura. «I grandi giornalisti italiani, intellettuali prestati al giornalismo, erano di una formazione crociano-gramsciana che contemplava la fotografia solo come supporto, illustrazione e riempitivo, da correggere con paterna autorevolezza, come una servetta ignorante».

 

E mentre il cinema riusciva a conquistarsi autonomia di linguaggio, quella che ora chiamiamo fotografia neorealista «restò un verismo verghiano, letterario e in ritardo».

 

Del resto, la scandalosa “scoperta del Sud” dei cenci e dei piedi sporchi fu anch’essa un lampo: nel giro di pochi anni le nozze dei coronati e i sorrisi hollywoodiani presero possesso stabile dei rotocalchi, i telefoni bianchi del regime diventarono le lavatrici bianche del boom consumista.

 

E furono solo i paparazzi, allora, proletari della fotografia, a inventarsi un modo, tutto italiano, un po’ beffa un po’ incenso un po’ mercato, di raccontare quegli anni.

MORO BRIGATE ROSSEMORO BRIGATE ROSSE

 

La stampa di opposizione politica non riuscì a offrire un’alternativa. «Quanto alla considerazione subalterna della fotografia, i giornali comunisti e quelli della destra si equivalevano».

 

Né il Sessantotto cambiò le cose: celebre la lettera di Tano D’Amico, grande fotografo antagonista, al direttore di Lotta Continua Enrico Deaglio: “Quando io entro in redazione, voi smettete di parlare”. Il fotogiornalismo in Italia, per Lucas, «è stato un mestiere di forte umiliazione. Tanti si vergognano ancora a ricordare che si passeggiava lungo i corridoi dei giornali elemosinando una commissione».

 

Furono i giornali della borghesia progressista e liberale, il Mondo di Pannunzio, l’Europeo di Benedetti, L’Espresso di Scalfari, a fornire qualche spazio a una nuova generazione di fotografi, tra Roma e Milano, che rifiutavano la fotografia passe-partout delle agenzie per una ricerca fortemente orientata, free-lance più per necessità che per vocazione (luminosa ma senza seguito anche l’esperienza di Epoca con i “suoi” fotografi di staff).

 

 

FOTOGIORNALISMO 9FOTOGIORNALISMO 9

L’Italia della grande trasformazione, dell’emigrazione e delle periferie metropolitane, sarebbe stata cieca senza il loro lavoro. «Ma anche la nostra», conclude Lucas, nella sua doppia veste di storiografo e storiografato, «fu una promessa non mantenuta. Una minima parte di quel lavoro trovò sbocco editoriale. Questa Storia è anche un omaggio a una razza di avventurieri che lottò per la dignità e l’autonomia di una professione in cui credeva», ma il cui lavoro oggi riposa semidimenticato o inedito in archivi sparsi che aspettano ancora l’occasione che non hanno avuto.

 

Ultimi Dagoreport

ursula von der leyen giorgia meloni elon musk donald trump

DAGOREPORT – IL CAMALEONTISMO DELLA DUCETTA FUNZIONA IN CASA MA NON PAGA QUANDO METTE I BOCCOLI FUORI DAI CONFINI NAZIONALI - MELONI PRIMA SI VANTAVA DELL’AMICIZIA CON MUSK E STROPPA E DELLA “SPECIAL RELATIONSHIP” CON TRUMP, ORA È COSTRETTA A TACERE E A NASCONDERSI PER NON PASSARE COME "AMICA DEL GIAGUARO" AGLI OCCHI DELL'UE. E, OBTORTO COLLO, E' COSTRETTA A LASCIARE A STARMER E MACRON IL RUOLO DI PUNTO DI RIFERIMENTO DELL'EUROPA MENTRE SALVINI VESTE I PANNI DEL PRIMO TRUMPIANO D’ITALIA, L'EQUILIBRISMO ZIGZAGANTE DELLA GIORGIA DEI DUE MONDI VIENE DESTABILIZZATO ANCOR DI PIU' DAL POSIZIONAMENTO ANTI-TRUMP DEL PROSSIMO CANCELLIERE TEDESCO MERZ CHE FA SCOPA COL POLACCO TUSK, E LEI RISCHIA DI RITROVARSI INTRUPPATA CON IL FILO-PUTINIANO ORBAN - IL COLPO AL CERCHIO E ALLA BOTTE DEL CASO STARLINK-EUTELSAT...

elly schlein luigi zanda romano prodi - stefano bonaccini goffredo bettini dario franceschini

DAGOREPORT – PD, UN PARTITO FINITO A GAMBE ALL'ARIA: LA LINEA ANTI-EUROPEISTA DI SCHLEIN SULL’UCRAINA (NO RIARMO) SPACCA LA DIREZIONE DEM ED ELETTORI - SOLO LA VECCHIA GUARDIA DI ZANDA E PRODI PROVANO A IMPEDIRE A ELLY DI DISTRUGGERE IL PARTITO – LA GIRAVOLTA DI BONACCINI, CHE SI È ALLINEATO ALLA SEGRETARIA MULTIGENDER, FA IMBUFALIRE I RIFORMISTI CHE VANNO A CACCIA DI ALTRI LEADER (GENTILONI? ALFIERI?) – FRANCESCHINI E BETTINI, DOPO LE CRITICHE A ELLY, LA SOSTENGONO IN CHIAVE ANTI-URSULA - RISULTATO? UN PARTITO ONDIVAGO, INDECISO E IMBELLE PORTATO A SPASSO DAL PACIFISTA CONTE E DAL TUMPUTINIANO SALVINI CHE COME ALTERNATIVA AL GOVERNO FA RIDERE I POLLI…

ursula von der leyen elisabetta belloni

FLASH – URSULA VON DER LEYEN HA STRETTO UN RAPPORTO DI FERRO CON LA SUA CONSIGLIERA DIPLOMATICA, ELISABETTA BELLONI – SILURATA DA PALAZZO CHIGI, “NOSTRA SIGNORA ITALIA” (GRILLO DIXIT) HA ACCOMPAGNATO LA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NEL SUO VIAGGIO IN INDIA, SI È CIRCONDATA DI UN PICCOLO STAFF CHE INCLUDE GLI AMBASCIATORI MICHELE BAIANO E ANDREA BIAGINI – URSULA, PER FRONTEGGIARE L’URAGANO TRUMP, HA APPIANATO LE TENSIONI CON IL NEO-CANCELLIERE TEDESCO, FRIEDRICH MERZ (LEI ERA LA COCCA DELLA MERKEL, LUI IL SUO PIÙ ACERRIMO RIVALE). PACE FATTA ANCHE CON LA NEMESI, MANFRED WEBER…

emmanuel macron donald trump keir starmer xi jinping elon musk

DAGOREPORT – COME MAI LA GRAN BRETAGNA, PAESE STORICAMENTE GEMELLATO CON GLI STATI UNITI, SI E' RIAVVICINATA DI COLPO ALL'EUROPA, DIMENTICANDO LA BREXIT? DIETRO LA SORPRENDENTE SVOLTA DI KEIR STARMER CI SONO STATI VARI INCONTRI TRA I GRANDI BANCHIERI ANGLO-AMERICANI SPAVENTATI DAL CAOS ECONOMICO CREATO DAI DAZI DI TRUMP E DALLE CRIPTOVALUTE DI MUSK - DI QUI, SONO PARTITE LE PRESSIONI DEL CAPITALISMO FINANZIARIO SU KEIR STARMER PER UNA SVOLTA EUROPEISTA SULL'ASSE PARIGI-LONDRA CHE OPPONGA STABILITÀ E RAGIONEVOLEZZA ALLE MATTANE DELLA CASA BIANCA – ANCHE LA CINA, CHE HA RIPESCATO I VECCHI CAPITALISTI COME IL FONDATORE DI ALIBABA JACK MA, SI STA PREPARANDO A RISPONDERE ALLA DESTABILIZZAZIONE TRUMPIANA (XI JINPING HA NELLA FONDINA UN'ARMA MICIDIALE: 759 MILIARDI DI TITOLI DEL DEBITO USA. UNA VOLTA BUTTATI SUL MERCATO, SALTEREBBE IN ARIA TUTTO...)

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - ZELENSKY? VATTELA PIJA ‘NDER KURSK! LA CONTROFFENSIVA RUSSA NELLA REGIONE OCCUPATA DAGLI UCRAINI È IL FRUTTO DELLO STOP AMERICANO ALLA CONDIVISIONE DELL’INTELLIGENCE CON KIEV: SENZA L’OCCHIO DELLO ZIO SAM, LE TRUPPE DI ZELENSKY NON RESISTONO – IL TYCOON GODE: I SUCCESSI SUL CAMPO DI PUTIN SONO UN’ARMA DI PRESSIONE FORMIDABILE SU ZELENSKY. MESSO SPALLE AL MURO, L’EX COMICO SARÀ COSTRETTO A INGOIARE LE CONDIZIONI CHE SARANNO IMPOSTE DA USA E RUSSIA A RIAD…

turicchi, giorgetti, sala

FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO SALA, NON HA INTENZIONE DI TRASLOCARE ALLA PRESIDENZA DI NEXI PER FARE POSTO AD ANTONINO TURICCHI, CHE VANTA PERO’ UN ‘’CREDITO’’ NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL MEF PER AVER CONDOTTO IN PORTO LE TRATTATIVE ITA-LUFTANSA. MA ALLA PRESIDENZA DI ITA, INVECE DI TURICCHI, MELONI & C. HANNO IMPOSTO SANDRO PAPPALARDO, UN PILOTA PENSIONATO LEGATO AL CLAN SICULO DI MUSUMECI – ORA GIORGETTI SPERA CHE VENGA APPLICATA LA LEGGE CHE VIETA AI PENSIONATI DI STATO DI RICOPRIRE INCARICHI RETRIBUITI)…