SIAMO TUTTI CHARLIE (TRANNE IN ITALIA) - DOPO L’ATTACCO A PARIGI SI SCENDE IN PIAZZA IN TUTTA EUROPA, SOLO IL NOSTRO PAESE FA ECCEZIONE - I POPULISTI CAVALCANO PROTESTE E PAURE, IL LEADER XENOFOBO OLANDESE: “SIAMO IN GUERRA” - SALVINI: “BLOCCARE L’INVASIONE DEI CLANDESTINI”

Nigel Farage, il leader del britannico Ukip, è stato quasi sobrio: “Estremamente scioccato dalla tragedia che si è scatenata nelle strade di Parigi” - Molto meno di lui Beppe Grillo in Italia, che sul blog si mette a fare il dietrologo: “Sicuramente saranno stati i fanatici islamici ma sarebbe molto bello sapere chi ha mosso i fili”...

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Jacopo Iacoboni per “la Stampa

 

manifestazione a parigi per charlie hebdo 9 manifestazione a parigi per charlie hebdo 9

Nella giornata più tragica della Francia c’è anche la percezione - visiva, fisica - di una distanza, anche culturale, che divide l’Europa, le sue opinioni pubbliche, innanzitutto, ma anche le sue forze politiche. A Parigi una folla impressionante di cittadini, trentacinquemila almeno, è scesa in strada, innanzitutto in place de la République, gli accendini e le matite alzate, scrivendo We are not afraid, non abbiamo paura di voi terroristi. Nel resto del Paese si sono viste immagini commoventi in tantissimi luoghi, particolarmente toccanti certe foto di Nantes, o Marsiglia, città, oltretutto, con fortissime comunità musulmane. O Lione, o i diecimila di Tolosa.

 

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Come se di fronte alla strage nella redazione di Charlie Hebdo la risposta istintiva dei francesi fosse stata dire, coi gesti: noi siamo una Nazione, siamo la République. Ma qualcosa di analogo, sia pure in dimensioni più ridotte, e tratti culturalmente differenti, è successo a Londra, a Berlino, soprattutto. L’Italia invece faceva dolorosamente eccezione (l’unica manifestazione è stata convocata per oggi in piazza Farnese a Roma ma, appunto, è una manifestazione convocata, dalla Fnsi, con le adesioni dei sindacati).
 

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È come se esistesse uno iato nella percezione delle opinioni pubbliche europee, dinanzi all’attacco alla Francia. E non era comunque scontato che anche il Paese colpito direttamente reagisse così consapevolmente, e all’unisono, con testimoni che raccontavano (per esempio a France 2) che «più che una cosa organizzata sembra una riunione spontanea, di gente che ha sentito di voler essere qui». Molto silenzio, pochi cori, nati così, molti gesti, molti abbracci, un senso di empatia che per una volta filtra e si percepisce anche attraverso le immagini.
 

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A Berlino è successo qualcosa di analogo, di sicuro le manifestazioni più imponenti tolte quelle francesi, qualcosa che mostra quanto forte sia il legame europeo tra le popolazioni, sotto la porta di Brandeburgo (di cui peraltro a un certo punto - potenza dei simboli - è stata spenta l'illuminazione, come se fossimo rimasti tutti al buio).
 

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E però accanto al sentimento istintivo di una parte della popolazione montava anche qualcos’altro, un’onda che vuole cavalcare gli attentati, farne l’occasione per rilanciare la loro guerra, un’onda che forse era anche in quelle piazze, magari in modo carsico, ma di sicuro è in tante forze politiche in ascesa: in Olanda, in Inghilterra, in Italia. «È guerra», twittava Geert Wilders, leader xenofobo del Partito delle Libertà olandese, uno che paragonò il Corano al Mein Kampf di Hitler. «Bloccare l’invasione», ha cominciato a tuonare da ogni talk show Matteo Salvini. La cavalcata sulle paure.
 

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Nigel Farage, il leader del britannico Ukip, è stato quasi sobrio, considerando certe sue performance passate, «sono estremamente scioccato e rattristato dalla tragedia che si è scatenata nelle strade di Parigi». Molto meno di lui Beppe Grillo in Italia, che scrive sul blog «sicuramente saranno stati i fanatici islamici a cui le lobby hanno permesso di spadroneggiare nei paesi occidentali», per poi aggiungere, totale dietrologia, «ma sarebbe molto bello sapere chi ha mosso i fili». Non una, ma troppe Europe.

 

 

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