STRAZIAMI MA DI SERIE SAZIAMI! - IN ITALIA È ARRIVATA LA SECONDA STAGIONE DI “HOUSE OF CARDS”, MA IN AMERICA SE LA SONO PAPPATA IN UN COLPO SOLO GRAZIE A NETFLIX - ROBIN WRIGHT, STREPITOSA CLAIRE UNDERWOOD: “IL NOSTRO È UN FILM DA 13 ORE”
1. IN UN SOLO BOCCONE: LE SERIE TV SI GUARDANO COSÌ
Lorenzo Soria per “la Stampa”
La seconda stagione di House of Cards ha avuto il suo debutto italiano martedì. E per i fan della serie è stato un episodio scioccante, che li ha lasciati col desiderio di arrivare al più presto a martedì prossimo e poi a quello dopo ancora, di sapere in quali perfide trame ci trasporterà Kevin Spacey nella sua interpretazione del cinico e perfido Frank Underwood, diventato ora vice presidente.
Negli Usa, la seconda stagione della serie è andata in onda invece alla mezzanotte del 14 febbraio, giorno di San Valentino. Una strana scelta di palinsesto per celebrare la festa degli innamorati. Ma oltre che il potere, Underwood ama a suo modo anche la moglie Claire, manipolatrice quanto lui e interpretata da Robin Wright. E poi Netflix, che ha prodotto la serie ed è uno dei protagonisti più interessanti della nuova televisione con 50 milioni di abbonati in oltre 50 paesi, quella notte non ha messo a disposizione solo il primo episodio.
Ha reso possibile scaricare via streaming tutti e 13 gli episodi della seconda stagione e gran parte dei fan lo show se lo è visto così, divorandolo tutto in una volta. «Binge-watching», chiamano la nuova tendenza. O «Binge-viewing», una scorpacciata di tv da cui c’è chi ne esce ipnotizzato, chi stravolto e chi totalmente assuefatto e chiedendo di più.
Adattamento americano di una popolare serie della Bbc degli Anni ’90 ispirata all’omonimo best seller di un ex consigliere di Margaret Thatcher, Michael Dobbs, House of Cards ha tra i suoi produttori David Fincher, il regista di Seven e di The Social Network, che ha anche diretto alcuni episodi. Ed ha al suo centro Spacey, due Oscar (I soliti sospetti, American Beauty), che interpreta con gusto la parte del machiavellico personaggio di Underwood.
«Netflix non ha inventato il binge-watching, il tutto è iniziato con i cofanetti di Dvd - precisa l’attore -. Ma siamo la prima serie che ha usato questo tipo di distribuzione. E Netflix è stato molto coraggioso nel fare questa scelta, che significa prestare attenzione a ciò che chiede il pubblico. La gente non vuole sintonizzarsi ogni martedì a una certa ora prestabilita, ma guardare gli show più amati come dove e quando gli fa comodo. Vuole avere controllo».
Come con House of Cards, Netflix ha seguito lo stesso modello di distribuzione dei suoi altri show: ci sono state scorpacciate di Orange Orange Is the New Black, di Hemlock Grove e lo stesso accadrà quando saranno pronte le nuove serie tv originali nate da un accordo con la Marvel: Daredevil, Jessica Jones, Iron Fiste Luke Cage.
Ma con cofanetti di Dvd, scaricando via streaming o col video on demand così ormai fanno tutti. Tra gli show più popolari per chi si dà alle scorpacciate tv, ci sono Breaking Bad, Scandal, Game of Thrones, Downton Abbey. Ma c’è anche chi preferisce andare indietro nel tempo e qui spiccano I Soprano, Sex and the City, Six Feet Under, Veronica Mars e Friends. Ma perché show televisivi e non film?
C’e chi fa anche le scorpacciate di cinema, ma a meno che non si tratti di saghe come Il padrino o Il Signore degli anelli, in due ore un film è finito. La televisione offre invece un universo nel quale ci si può immergere totalmente, con personaggi che restano lì, fedeli, ora dopo ora e dopo altre ore ancora.
Un fenomeno che ha implicazioni anche sanitarie, con chi si occupa di salute pubblica che lancia l’allarme che rischiamo di diventare ancora più sedentari. Ma il «Binge-watching» continua inarrestabile, con studi che indicano che sta colpendo anche quelli che normalmente non seguono la televisione o non ne hanno il tempo.
Come Barack Obama, che fa un mestiere che la notte di San Valentino gli ha impedito di passare un’intera nottata davanti a un laptop a godersi con Michelle la nuova stagione di House of Cards. E che via Twitter ha implorato di non rivelargli la trama. «Non rovinatemelo», ha scritto.
2. ROBIN WRIGHT: “IL NOSTRO SERIAL È COME UN FILM DI 13 ORE
Lorenzo Soria per “La Stampa”
Se è vero che dietro ogni uomo di successo c’è una donna, allora Frank e Claire Underwood sono proprio fatti l’uno per l’altro. Al centro di House of Cards c’è lui, nell’interpretazione di Kevin Spacey, uno psicopatico ferocemente attaccato al potere e che per il potere non si ferma di fronte a niente. E Claire, nell’interpretazione di Robin Wright sa come tenergli testa: l’angelica Jenny di Forrest Gump si è trasformata in una cinica donna che quanto a intrighi non ha niente da imparare, nemmeno da lui.
Come si vede nella parte della manipolatrice che tesse le fila e complotta?
«Il bello è che nonostante tutto quei due sono un team, un’unione dove c’è dell’amore e profondo rispetto. Sono ruoli geniali, e noi improvvisiamo molto. Li stiamo costruendo tutti insieme, sul set. Quando ho accettato la parte, non sapevo davvero chi sarebbe stata Claire. Beau Willimon, lo sceneggiatore, mi ha detto è una Lady Macbeth e io ho detto: okay!».
È anche lei una «binge-watcher», una di quelle che si fanno grandi scorpacciate di televisione?
«È la nuova droga! Il concetto è di dare al consumatore ciò che desidera a suo piacimento invece di stare a dettargli come e quando farlo. Vediamo ormai le cose in apparecchi di queste dimensioni (punta un iPhone, ndr.) ed è il pubblico che detta a noi quello che dobbiamo fare. Il nostro è essenzialmente un film di 13 ore. Non li chiamiamo episodi, ma capitoli».
È un’altra quasi-cinquantenne che lavora molto e apparentemente serena e felice. È un bel momento per chi ha questa età?
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«Penso che ci sia stata una grande rivalutazione e la televisione ha molto a che fare con questo. I ruoli più succosi sono qui, nel cinema non sarebbero mai venuti fuori con un personaggio come questo. Stiamo assistendo a un cambiamento paradigmatico, ma nella nostra industria le cose cambiamo sempre. E ora, in effetti, per una donna essere oltre i 40 è diventato un fattore positivo».