1. LA CASAMONICA PENTITA: ECCO CHI COPRE IL CLAN
Giacomo Amadori per “Libero Quotidiano”
Per gli inquirenti romani e, più in generale, per gli esperti di criminalità laziale è quasi un mantra. Il clan dei Casamonica non è infiltrabile, i Casamonica non parlano, i Casamonica non si pentono perché sono tutti imparentati tra loro. Leggenda o meno, quel che è certo è che sino a oggi questo gruppo criminale di origine nomade è riuscito a evitare le condanne per associazione mafiosa.
retata casamonica foto mezzelani gmt
Giunti al dunque manca sempre la gola profonda che ammetta che tra gli affari dei nove ceppi famigliari schedati dalla Polizia anticrimine ci sia un collegamento e che truffe, estorsioni, spaccio e altri reati facciano parte di un comune disegno o di una spartizione prestabilita da un qualche vertice. Ad agosto i Casamonica hanno irriso gli investigatori e ai funerali del sessantacinquenne Vittorio, boss per tutti meno che per i tribunali, hanno fatto sfilare la carrozza nera con il feretro sulle note del Padrino.
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Eppure l' inespugnabilità del bunker degli zingari più potenti d' Italia potrebbe avere le ore contate. E a minarlo alle fondamenta rischia di essere il desiderio di vendetta di una moglie tradita, una «cornuta» in grado di indicare gli insospettabili canali usati da queste famiglie nomadi per sfuggire alla giustizia terrena.
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Scappatoie che vanno dalla connivenza dei colletti bianchi, al lassismo degli inquirenti. Infatti nella nostra storia una vera e propria regina gitana smaschera primari che firmano falsi certificati di malattia e comunità per tossicodipendenti che offrono finti ricoveri ai membri della famiglia altrimenti destinati al carcere.
Denuncia l' esistenza di medici legali che riescono a far ottenere pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento ai boss e alle loro amanti. Ma soprattutto svela le identità di alcuni prestanome, in particolare giovani straniere, e rende pubbliche le rotte internazionali con cui, giura, vengono messi al sicuro i patrimoni illeciti dei Casamonica.
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La voce narrante di questo racconto è Gelsomina di Silvio, sessantenne romana, maritata Casamonica, una matrona con un bel cumulo di precedenti alle spalle e una biografia fosca come una tragedia shakespeariana.
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A Roma è in corso un procedimento per lesioni e minacce che la vede contrapposta al marito Ferruccio, alla giovane amante e ai suoi due figli maschi. Forse per questo nelle scorse settimane la donna, esasperata, ha deciso di aprire uno squarcio di luce sui segreti del clan più noto e chiacchierato della Capitale.
A fine agosto ha contattato il cronista sul cellulare da un numero anonimo e, senza nemmeno presentarsi, è andata al sodo: «Buongiorno, vorrei raccontare delle cose sui Casamonica». Da pochi giorni quel cognome era su tutte le prime pagine dei giornali per la storia del funerale del capostipite Vittorio. «Mi ascolti: partiamo da Ferruccio Casamonica» è stato l' incipit della narrazione.
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«È nato il 4-12-1950. Tra poco avrebbe una condanna di anni 6 e mesi 2. Però lui, come so, ha fatto tutta roba falsa, documenti, eccetera, con una comunità per drogati» ha confidato tutto d' un fiato. La voce della donna è roca, quasi maschile. Il suo linguaggio non è da accademica della Crusca e, a tratti, sembra confusa.
Ma l' afflato con cui parla comunica sincerità. Cita una certa Sofia e una comunità «che loro pagano, dove sono tutti corrotti». Non conosce le coordinate del ricovero, ma offre il cellulare della presunta complice del clan. «Sofia corrompe (inganna, ndr) tutti i giudici. Dice che i Casamonica sono "fatti" e che stanno là dentro, in realtà sono liberi. Ha tutti i "fardelli" (fascicoli, ndr) che li riguardano e non fanno un giorno di carcere».
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Negli incartamenti, per la «pentita», ci sarebbero «tutti i Casamonica». Quindi snocciola i riferimenti di un altro ipotetico partecipe dell' organizzazione, un primario di un ospedale romano che si trova vicino al raccordo. Il camice bianco firma certificati? «Sì, certo. Era amico anche di Vittorio Casamonica, quello che è morto. Per loro fa di tutto e di più». La donna sostiene di avere davanti alcuni appunti di Ferruccio, da cui ricava i dati che ci sta comunicando. Domandiamo come sia possibile che abbia accesso a quelle carte e lei replica senza esitazione: «Perché sono una di loro».
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Poi si corregge: «I capi sono loro, noi siamo solo delle vittime (parla al plurale, forse riferendosi alla figlia Katiuscia, ndr), ma io sono stata un bel po' con loro». Proviamo a cercare la ragione di quello sfogo e domandiamo se sia arrabbiata con qualcuno. Gelsomina ha un sussulto: «Siamo stanche, sottomesse a suon di botte, abbiamo fatto pure le estorsioni per loro, ci hanno mandate all' ospedale, massacrate. Basta, basta. Io voglio collaborare, non ce la faccio più».
Non sembra più tanto convinta di mantenere l' anonimato e ci dà indicazioni sufficienti per risalire al procedimento in corso per percosse, lesioni, danneggiamenti ed estorsione in cui è imputata insieme con il marito. Nell' avviso di chiusura indagini recapitato a fine 2014 è accusata di aver minacciato il consorte: «Bastardo tanto trovo il modo di farti arrestare, so come fare, sei un uomo morto» gli avrebbe detto. Parole che lasciano sperare agli investigatori di aver trovato la crepa giusta per provare ad abbattere il muro di omertà che protegge il clan.
«Quello che ho fatto io non lo nego» continua la sessantenne. «L' ho anche detto alle forze dell' ordine e non hanno fatto nulla.Siete voi giornalisti che fate rumore, adesso preferisco dare tutto a lei. Io ho dichiarato che mi hanno mandato a fare le estorsioni, l' usura, ma i magistrati fanno tutto con calma. È passato quasi un anno e mezzo e stiamo ancora così. Ma io continuerò a denunciare queste cose».
Lady Casamonica ha fretta di vedere suo marito dietro alle sbarre e il motivo è chiaro: «Adesso questo Ferruccio se la fa con Carolina C., una straniera. Un altro sta con una peruviana, uno con una cubana. Stiamo parlando anche di una donna della Repubblica Ceca e di una brasiliana di nome Maria. Perché ci stanno? Perché son belle? No, dopo che hanno finito di sfruttare noi, adesso hanno preso altre strade».
È ferita Gelsomina e per lei «sono tutti corrotti»: «Hanno fatto un funerale che nessuno sa niente e tutti lo sanno…». A questo punto ci dà l' indirizzo della residenza di Ferruccio. «Vive in una casa in affitto a Tor Bella Monaca, sopra i carabinieri». La villa di famiglia è stata sequestrata un po' di anni fa. Ci riferisce pure la targa dell' auto del presunto boss. «Le macchine stanno tutte intestate a un certo Pietro. I., prestanome di tutto e anche Carolina C. è una prestanome».
Proviamo a ricavare qualche informazione in più su questo Pietro I. : «So soltanto che è stato già fermato per una macchina importante da 50-60 mila euro e che ha una sessantina d' anni. Lavora per loro con il figlio perché è sotto usura. Va lui a riscuotere i soldi perché è pulito, in modo che non compaiano i Casamonica. Guida una macchina grande per loro, un suv». Ci scandisce anche il recapito del figlio, un certo Daniele, prima di proseguire con il suo elenco di prestanome: «Le do il numero di un altro che sta sotto botta di brutto, stiamo parlando di usura. Lo hanno messo in mutande, come hanno fatto con Pietro I.».
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Non è finita: «Adesso Ferruccio si sta facendo pure la pensione "farsa" e la Carolina prende pure "l' accompagno". Gli stanno preparando tutti i certificati falsi, documenti che lui sta male…». In questo caso l' aiuto arriverebbe dal dottor B, un professionista di cui storpia un po' il nome. All' improvviso Gelsomina interrompe la conversazione: «Mi scusi adesso la devo lasciare, sta venendo qualcuno. La richiamo…».
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Ritelefona qualche giorno dopo. Aggiunge alcune informazioni a quelle che già ci aveva riferito: «Ascoltami bello mio (è passata al «tu», ndr), tutto il patrimonio dei Casamonica è in Moldavia, hanno portato tutto là. Ha tutto questa ragazza, Carolina C., hanno portato tutto su. I capitali stanno là, dai suoi parenti in Moldavia. Si stanno allargando in tutto il mondo». Chiediamo se i Casamonica abbiano anche dei politici a libro paga e la replica questa volta è piuttosto generica: «Certo, ma hanno tutto segreto, non riesco a prendere il libro che Ferruccio ha nascosto».
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In compenso promette nuove verità: «Io ti posso dire quando fanno lo scambio di droga e di armature (armi, ndr). Ok?». Proviamo a fissare un appuntamento di persona. Gelsomina sembra disponibile, ci dà il suo numero di telefono e nei giorni successivi ci risponde diverse volte, ma chiude quasi subito la comunicazione. Dice che anche il suo «avvocato ha paura»: «Hanno fatto arrestare un certo Guerrino per droga e lo hanno abbandonato in carcere, se tu scavi c' è un minestrone… Però Falcone, quello che hanno ucciso, (il giudice Giovanni Falcone, ndr) da un motorino fermo ha trovato tutta la mafia. Ok caro, io ti ritengo informato, comunque la roba sta tutta in Moldavia. Mi raccomando non mi abbandonare…».
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Le rivelazioni di Gelsomina sono clamorose e ovviamente andranno verificate dall' autorità giudiziaria. Noi ci siamo limitati a controllare alcune informazioni che la donna ci ha trasmesso facendo ricerche su Internet o contattando i diretti interessati. Lo abbiamo fatto senza dire di essere giornalisti, ma fingendo di aver ricevuto una chiamata dai loro telefonini. Tutti i nostri interlocutori hanno abboccato e si sono presentati. In questo modo abbiamo ricevuto alcune sostanziali conferme.
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Per esempio «Sofia» ha ribadito di chiamarsi in quel modo e di lavorare in un centro di recupero per tossicodipendenti alle porte di Roma. Le verifiche sul dottore dell' ospedale vicino al raccordo sono state persino più interessanti: quello stesso medico (gli abbiamo parlato, esiste) negli anni '80 era stato arrestato con l' accusa di «aver procurato alibi e ricoveri in clinica» a dei narcotrafficanti in cambio di cocaina. Più o meno lo stesso reato di cui lo ritiene responsabile quasi trent' anni dopo Gelsomina.
Ancora più soprendente è stato scoprire che opera nello stesso ospedale di allora.
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Anche dei prestanome c' è traccia sul Web. Per esempio il padre e il figlio di Tor Bella Monaca proprio «puliti» non risultano. Sono stati arrestati nel 2007: il genitore per una rapina e il giovane per detenzione di droga a fini di spaccio. Infatti nella cassaforte di casa i carabinieri trovarono 200 grammi di cocaina purissima. Per gli investigatori Pietro I. era «collegato ad elementi della malavita romana e del Sud Italia».
L' altra presunta vittima di usura è il titolare di un bar della periferia di Roma in zona Primavalle. Digitando il suo numero di cellulare sulla Rete appare l' annuncio per la vendita di uno scooter di grossa cilindrata. Forse è poco per concludere che l' uomo sia finito sul lastrico, ma è pur sempre un indizio che non confligge con questa ipotesi.
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Infine abbiamo appurato a chi corrisponda il telefonino del presunto «gancio» per le false pensioni. L' uomo ci ha risposto pensando di parlare con un paziente: «Sono il dottor B., il medico legale che si occupa di invalidità civili». Così anche l' ultimo tassello del puzzle è andato al suo posto. Il racconto di Gelsomina è più che una suggestione e lei forse è davvero pronta a collaborare. Il futuro ci dirà con quanta forza e coraggio.
2. UNA DONNA TRADITA E PICCHIATA
Giacomo Amadori per “Libero Quotidiano”
Gelsomina Di Silvio, 65 anni, romana, per le cronache giudiziarie è semplicemente «Lady Casamonica».
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Nel 2012 il tribunale di Roma l' ha condannata a 11 anni e un mese perché, secondo l' accusa, gestiva un' agenzia abusiva di microcredito, pretendendo per ogni finanziamento tassi da strozzina. Il giudice ha inflitto pene pesanti anche al marito Ferruccio Casamonica, 8 anni e 2 mesi, e al figlio Raffaele, 7 anni e 3 mesi. Nella requisitoria il procuratore aggiunto Alberto Caperna era stato durissimo: «I tre Casamonica sono delinquenti abituali che lucrando sul bisogno e sulla disperazione hanno guadagnato milioni».
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I magistrati ordinarono anche la confisca del «tesoro del clan» o almeno di una parte di esso: quasi un milione di euro depositato in un fondo del Principato di Monaco, la villona di famiglia a Roma Sud, diversi terreni, due Ferrari e una Mercedes. In secondo grado le pene sono state ridotte (soprattutto a Gelsomina) e adesso si attende la Cassazione. Ma di Lady Casamonica gli inquirenti si erano già occupati all' inizio degli anni 2000.
Questa volta per il secondo lavoro della donna, quello di fattucchiera. I carabinieri avevano registrato le sue conversazioni con un pensionato con un lieve ritardo mentale che, riportano i giornali dell' epoca, erano più o meno di questo tenore: «Portami i gioielli che tieni in casa, quelli di cui abbiamo parlato l' altra volta. Ti faccio un amuleto per liberarti» oppure «già che vieni porta anche due polli della campagna e l' olio quello buono, che mi servono per il rito».
In dieci anni l' uomo avrebbe speso circa 100 milioni di lire. Quei tempi sono finiti e Gelsomina, in arte Silvana, ha perso il suo appeal, almeno sul marito sessantacinquenne che ha iniziato a preferirle una giovane moldava, Carolina C., 32 anni appena. La cosa ha scatenato una specie di guerra dei Roses.
Dalle carte di un procedimento in corso si apprende che Ferruccio avrebbe preso a calci e pugni la moglie, le avrebbe rotto un dito della mano, mentre Carolina avrebbe versato liquido corrosivo sul volto e sul torace della donna, causandole diverse ustioni; i due amanti avrebbero procurato a Gelsomina anche «la frattura composta del naso»;
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sempre Carolina è accusata di aver minacciato di morte Lady Casamonica e di aver tentato di investire la figlia Katiuscia, promettendo di mandarle «due rumeni a casa che ti buttano l' acido in faccia»; altrettanto intimidatorio Ferruccio che, dopo aver chiesto alla consorte «tutti i soldi che hai», avrebbe ringhiato: «Sappi che ti devo ammazzare, lento lento, ma ti devo ammazzare puttana drogata, hai capito che devi andare via di qua dentro?»; contro mamma Gelsomina si è scatenata anche la furia dei figli quarantenni, Raffaele e Guido, che a colpi in testa avrebbero causato alla madre la frattura del naso e contusioni multiple al capo, al volto e al tronco.
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Ma la mamma non è un osso friabile ed è indagata per aver mandato in frantumi con una mazza da baseball parabrezza e finestrini della Mercedes del coniuge e per averlo affrontato in strada brandendo un coltello e una catena; l' accusano pure di aver picchiato Carolina e di averla spedita all' ospedale al grido di «puttana, troia mi hai rubato il marito, ti ammazzo ti metto una bomba in casa e ammazzo anche tuo figlio».
Questa frizzante famigliola è coinvolta pure nella vicenda del marmista iraniano Medhi Dehnavi, che ha avuto il coraggio di denunciare i Casamonica. Aveva fatto un lavoro per loro e questi non lo volevano pagare: «Guido Casamonica mi ha dato una capocciata che mi ha rotto il naso, poi hanno cominciato a picchiarmi con pezzi di legno e ferro. Erano in cinque, sei persone a menarmi, ma io sono comunque riuscito a fuggire» ha dichiarato Mehdi.
Per quell' aggressione Guido è finito sotto processo: «Sono stato condannato per il cognome che porto, ma io non faccio parte del clan dei Casamonica, né tanto meno so se esiste una cosca» ha abbozzato serio serio. Eppure Gelsomina con Libero giustifica quel figlio che le ha spaccato il muso: «Il mandante di quello che hanno fatto i ragazzi al marmista, quello che hanno massacrato di botte, è sempre Casamonica Ferruccio. I ragazzi non hanno colpa». Perché ogni scarrafone è bello a mamma soja.
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