CI VOLEVA UNA FASCISTONA COMA MARINE LE PEN PER TENERE ALTO IL VALORE DELLA LAICITÀ - LA LEADER DEL “FRONT NATIONAL” IN VISITA IN LIBANO RIFIUTA DI COPRIRSI IL CAPO CON IL VELO, COME PREVISTO DALLA LEGGE ISLAMICA, E FA SALTARE L'INCONTRO CON IL GRAN MUFTI
1 - MARINE LE PEN VA A TESTA ALTA: «NON PORTO IL VELO, SONO FRANCESE»
Mauro Zanon per “Libero quotidiano”
MARINE LE PEN RIFIUTA DI INDOSSARE IL VELO IN LIBANO
«Je ne me voilerai pas»: non indosserò il velo. Ieri, Marine Le Pen, leader del Front national, nel quadro del suo viaggio diplomatico di tre giorni in Libano, avrebbe dovuto incontrare anche il Gran Mufti, Abdellatif Deriane.
Ma il faccia a faccia con l' alta carica religiosa è stato annullato all' ultimo momento perché, contrariamente agli accordi della vigilia, le è stata posta come conditio sine qua non l' uso del velo: condizione che ha cordialmente, ma fermamente respinto. «Potete trasmettere i miei ossequi al Gran Muftì, ma io non indosserò mai il velo», ha dichiarato la candidata nel momento in cui l' entourage di Abdellatif Deriane, al suo arrivo negli uffici, le ha offerto il velo.
MARINE LE PEN DURANTE LA VISITA IN LIBANO
«La più alta autorità sunnita del mondo non ha avuto questa esigenza, di conseguenza non ho alcuna ragione di indossare il velo con il Gran Muftì libanese», ha aggiunto la leader frontista, facendo riferimento al suo incontro al Cairo, nel maggio 2015, con il grande imam di Al Azhar, Ahmed Al Tayeb.
Davanti ai giornalisti, la Le Pen è ritornata sulle ragioni del suo rifiuto: «Ho indicato ieri che non indosserò il velo. Non hanno annullato l' appuntamento, e ho dunque pensato che avevano accettato che non portassi il velo (...) Non si mette una persona davanti al fatto compiuto». Secondo quanto confermato dalla sua delegazione alla stampa, Marine lo sapeva effettivamente da lunedì sera e avrebbe dato il via libera all' incontro solamente perché le era stato assicurato che poteva esserci una deroga alla regola di indossare il velo.
MARINE LE PEN RIFIUTA DI INDOSSARE IL VELO IN LIBANO
Dar al-Fatwa, la più alta autorità sunnita libanese presieduta dal Gran Muftì, ha dichiarato, tramite un comunicato diramato nel pomeriggio, che il suo ufficio stampa «aveva informato la candidata alle presidenziali, attraverso uno dei suoi collaboratori, a proposito della necessità di coprirsi il capo durante l' incontro con sua eminenza (il Gran Muftì, ndr) secondo il protocollo di Dar al-Fatwa».
L'istituzione, non certo abituata alla fermezza della Le Pen, ha aggiunto che «i responsabili di Dar al-Fatwa sono rimasti sorpresi dal suo rifiuto di conformarsi a questa regola ben nota», parlando di «comportamento sconveniente» per incontri di questo tipo. Florian Philippot, braccio destro di Marine Le Pen, e probabile primo ministro in caso di vittoria frontista il prossimo 7 maggio, ha dichiarato al Figaro che il gesto di Marine Le Pen «è un bel messaggio di emancipazione e di libertà inviato alle donne di Francia e del mondo».
MARINE LE PEN RIFIUTA DI INDOSSARE IL VELO IN LIBANO
Non solo. È un gesto di coerenza e di rispetto dei valori occidentali non negoziabili di laicità, di uguaglianza tra uomini e donne, di libertà di scegliere e di pensare. Ed è soprattutto una lezione vera e propria alle neofemministe di ogni latitudine, alle Boldrini di Francia, Svezia e Stati Uniti, che sono sempre in prima linea quando c' è da firmare petizioni contro il presunto sessismo dilagante in occidente o quando c'è da manifestare contro i comportamenti poco politically correct di Trump, ma quando c' è di mezzo l'islam dimenticano tutte le loro prediche egualitariste, sottomettendosi ben contente di sottomettersi.
L'ultimo episodio, in ordine cronologico, è quello delle ministre svedesi, autoproclamatesi ministre del «primo governo femminista del mondo». Tre settimane fa, dopo aver criticato istericamente il «maschilista» della Casa Bianca e aver postato una foto che le ritraeva senza uomini mentre firmavano un provvedimento, le «femministe» scandinave, guidate dalla ministra del Commercio Ann Linde, si sono recate in Iran e senza battere ciglio hanno indossato tutte il chador sfilando con il capo coperto per tutta la durata della visita: ayatollah del femminismo a Stoccolma, sottomesse agli ayatollah a Teheran.
MARINE LE PEN CON IL PRESIDENTE LIBANESE AUN
Marine Le Pen, invece, è la stessa persona a Parigi, a New York, al Cairo e a Beirut. Ieri, nella capitale libanese, la presidente del Fn si è intrattenuta con il patriarca maronita Béchara Boutros Raï, prima di incontrare il leader cristiano Samir Geagea, numero uno delle Forze Libanesi. Lunedì, era stata accolta anche dal presidente libanese, Michel Aoun, e dal primo ministro, Saad Hariri.
Volata nel Paese dei Cedri per rafforzare la sua statura internazionale e lanciare un messaggio ai cristiani d' Oriente, la presidente del Fn vola anche nei sondaggi. L' ultimo la accredita al 27% al primo turno: percentuale che finora non aveva mai raggiunto.
2 - I COSTUMI CORANICI
È diffuso, nel codice di abbigliamento delle donne musulmane, l' utilizzo del velo che copre la testa. Tuttavia, si tratta di un costume prescritto da alcune norme della sharia e non altrettanto chiaramente dal Corano. In ogni caso, l' imposizione di una prescrizione valida per le fedeli musulmane non puo essere estesa anche a donne che non appartengono a quella religione. Una pretesa simile, che implicherebbe la sottomissione della «miscredente» a un' autorità islamica, è tipica del fondamentalismo
3 - LA CONDIZIONE DELLA DONNA
Secondo il Corano, «le donne agiscono con i mariti come i mariti agiscono con loro. Tuttavia gli uomini sono un gradino più alto». Nella realtà, i precetti che ne derivano si concretizzano non solo con l' imposizione del velo anche integrale, ma nella tolleranza della poligamia e nel divieto di matrimonio fra una donna musulmana e un uomo di religione diversa, sebbene un musulmano possa sposare una «miscredente», purché i figli della coppia siano educati nella religione islamica. Lo statuto della donna è generalmente di netta inferiorità nei Paesi a maggioranza islamica e all' interno delle comunità di immigrati musulmani in Occidente