CURIA DA CURARE - NOMINANDO DUE PRETI DI STRADA VESCOVI DI BOLOGNA E PALERMO, BERGOGLIO CONSUMA LA SUA “VENDETTA”: HA STRAVOLTO LE GERARCHIE SU CUI SONO STATE SEMPRE DECISE LE CARRIERE ECCLESIASTICHE
Paolo Rodari per “la Repubblica”
Dopo la nomina del parroco mantovano don Claudio Cipolla come nuovo vescovo di Padova, Francesco stupisce ancora con altre due nomine “dal basso”: per Palermo, al posto del cardinale Paolo Romeo, sceglie don Corrado Lorefice, 53 anni, finora semplice parroco a Modica (Ragusa) e vicario per la pastorale della diocesi di Noto; mentre a Bologna sulla cattedra di San Petronio, finora retta dal cardinale Carlo Caffarra, nomina monsignor Matteo Zuppi, 60 anni, figura storica della Comunità di Sant’Egidio, di cui è assistente ecclesiastico dal 2000 oltre che, dal 2012, vescovo ausiliare della diocesi di Roma per il settore Centro.
Lorefice e Zuppi sono due sacerdoti molto amati dal popolo, vicini alla gente, pastori «con l’odore delle pecore», come li vuole Papa Francesco. Lorefice, pressoché sconosciuto nei palazzi romani ed estraneo alle “terne” che erano state predisposte per Palermo, si contraddistingue per l’attività contro le mentalità e i comportamenti mafiosi nella sua terra.
Ha scritto libri su don Puglisi, il Concilio Vaticano II e il monaco Dossetti. Zuppi, che è stato anche ex parroco di Santa Maria in Trastevere, si è distinto per l’instancabile azione a sostegno dei più poveri, degli immigrati, dei rom, senza escludere l’attività di diplomazia esercitata con la Comunità di Sant’Egidio.
Arrivare a Bologna da Roma non è cosa scontata, tenuto anche conto che da anni sulla cattedra di San Petronio si sono succeduti vescovi non contigui alla linea conciliare messa in campo dall’innovatore Giacomo Lercaro dal 1952 al 1968. Significative, anche in questo senso, le prime parole che Zuppi ha rivolto tramite un messaggio ai suoi nuovi fedeli: ha posto l’accento sul fatto che la Chiesa deve essere «di tutti, proprio di tutti, ma sempre particolarmente dei poveri»; ha citato il Concilio Vaticano II, monsignor Oscar Romero e Giovanni XXIII.
Anche don Lorefice ha avuto ieri parole importanti: «Dopo la nomina ho pensato subito a don Pino Puglisi, la colpa è sua», ha detto a TV2000 . «La mia nomina — ha aggiunto — è frutto della Provvidenza. Nella vigna del Signore si lavora ovunque si è chiamati, a Modica sono stato chiamato a dare la vita e farò lo stesso a Palermo sulle orme di Gesù, non cambia nulla. Ho pensato che fosse un errore, poi pian piano ho maturato dentro di me che fino ad ora sono stato dove il Signore attraverso la Chiesa mi ha chiamato. È accaduto anche per questa nomina e ho deciso di dire sì».
Francesco nella scelta de vescovi, così anche nella creazione dei cardinali, non guarda alle gerarchie che negli ultimi anni hanno deciso delle carriere ecclesiastiche italiane. Non considera nessuna diocesi come cardinalizia, e anche nelle sedi sulla carta più prestigiose manda umili sacerdoti, preti che sono stati capaci di contraddistinguersi per un impegno fattivo verso gli ultimi. Spesso, prima di nominare un nuovo vescovo, nomina diversi ausiliari, forse per tastarli sul campo, per rendersi conto lui stesso di quanto siano in grado o meno di essere pastori al servizio della gente.