IL FUTURO DELLA PILLOLA ANTICONCEZIONALE È SOTTO LA PELLE – AUMENTA IN ITALIA L’USO DEI PICCOLI DISPOSITIVI IN PLASTICA SOTTOCUTANEI CHE RILASCIANO ORMONI CHE BLOCCANO L’OVULAZIONE – IN ALCUNI CONSULTORI VENGONO PROPOSTI A CHI HA APPENA ABORTITO
Michele Bocci per “la Repubblica”
Il futuro della pillola è sotto la pelle. I nuovi anticoncezionali stanno cambiando i costumi sessuali e potrebbero rivoluzionare i dati sugli aborti. Paura di ingrassare, di avere disturbi di vario tipo o anche di scordarsi di prendere la pasticca ogni giorno stanno spingendo le donne verso prodotti più recenti, piccoli dispositivi in plastica impiantati nella cute o inseriti nell’utero per rilasciare ormoni che bloccano l’ovulazione anche fino a tre anni. Come una sterilizzazione a scadenza, che si può interrompere in qualunque momento.
In alcuni casi questi nuovi farmaci si sono rivelati strumenti utili per campagne di salute pubblica. Nello stato Usa del Colorado, dal 2009 al 2013 sono stati offerti gratuitamente alle donne giovani e giovanissime o in condizioni di povertà, quelle che più spesso vanno incontro a gravidanze indesiderate. I risultati sono stati sorprendenti, il tasso di natalità tra le adolescenti è sceso del 40%, le interruzioni di gravidanza sono calate del 42%. Un successo inatteso che ha spinto il governo ad avviare una raccolta di fondi per finanziare un altro piano dello stesso tipo.
In Italia il tasso di abortività delle giovani sotto i 25 anni non è preoccupante come negli Usa o in altri Paesi europei. Eppure ha una caratteristica che mette in allarme gli esperti: è stabile. Mentre nelle classi di età superiori, da anni, si assiste a un calo, che traina la diminuzione del numero assoluto di aborti, la stessa cosa non accade tra i 20 e i 25 anni e soprattutto sotto i 20. I numeri assoluti non sono alti ma questa immobilità è considerata negativa. Le minorenni che fanno questa scelta sono prevalentemente italiane, mentre le donne immigrate abortiscono di più, ma in fasce d’età superiori.
«L’idea di un intervento con strumenti farmacologici adeguati non sarebbe sbagliata, anche perché le giovani italiane che interrompono la gravidanza sono circa 300 volte in più di quelle che partoriscono», dice Valeria Dubini, consigliere nazionale della Sigo, la società scientifica dei ginecologi ospedalieri.
«Nei consultori dell’area fiorentina — prosegue — viene offerto già questo tipo di contraccettivi gratuitamente alle donne che hanno fatto un’interruzione di gravidanza ma non solo. Del resto, le ragazzine ormai prendono la pillola mal volentieri e il vantaggio di questi dispositivi è che utilizzano ormoni che hanno meno effetti collaterali rispetto agli estrogeni, ad esempio sono più sicuri per chi ha problemi circolatori. Si tratta comunque di strumenti efficaci ma non per forza migliori degli altri. Anche la spirale può andare benissimo».
Ci vogliono pochi minuti per mettere l’anticoncezionale sotto pelle, nell’interno del braccio. Chi lo sceglie nel consultorio di solito è giovane e spesso si tratta di straniere, «del resto all’estero si usa molto, in particolare in Sud America», dice sempre Dubini. «Ma anche molte giovani italiane ce lo chiedono. In pochi casi tornano prima dei tre anni per toglierlo».
Emiliano Arisi, presidente della società medica per la contraccezione, è scettico sull’ipotesi di avviare in Italia un’esperienza simile a quella del Colorado. «Dipende dagli obiettivi delle autorità sanitarie. Vedo operazioni di questo tipo solo su piccoli gruppi di popolazione, dove esiste un tasso di aborti troppo alto. Del resto l’impegno economico per campagne estese è consistente e mi sembra impensabile allargare un’esperienza del genere a tutta la popolazione».
Riguardo al tasso di abortività delle giovani italiane, «ci sono Paesi dove è assai più alto — dice ancora Arisi — come la Francia. Non solo, Oltralpe hanno anche una più alta natalità tra le giovani e un più alto utilizzo dei concezionali ». Ed è vero anche che malgrado le eterne polemiche sulla contraccezione (e sull’interruzione di gravidanza) nel nostro Paese i dati non sempre sono preoccupanti. Un esempio è quello della pillola di emergenza. È stata sdoganata, con fatica e dopo molte resistenze da parte dello stesso Consiglio superiore di sanità, quella dei cinque giorni dopo. Da poco più di due mesi si può vendere senza ricetta.
Ebbene, grazie a questo il farmaco ha fatto un boom: è passato da avere circa l’8% del mercato, quindi una porzione molto inferiore rispetto alla più “vecchia” pillola del giorno dopo, ad avvicinarsi al 35%. Già oltre 15mila donne l’hanno usato. Ma il numero totale di confezioni di contraccettivi di emergenza venduti ogni mese in Italia resta invariato. Più facile reperibilità non vuol dire maggiore consumo. Così è accaduto anche per la pillola abortiva Ru486, che non ha fatto aumentare le interruzioni di gravidanza. L’aborto resta una scelta difficile e sofferta, e chi si occupa di contraccezione lavora proprio per prevenirlo. E la chiave potrebbero essere proprio quei microchip di plastica e ormoni.