Elisabetta Reguitti per “il Fatto Quotidiano”
In Germania la realtà dei bordelli nei luoghi di sterminio è stata taciuta per decenni. Fu Heinrich Himmler, il gerarca più potente del terzo Reich, a farne costruire nei dieci maggiori campi di concentramento: erano chiamati Sonderbau, edifici speciali. “Ci avevano interrotto il ciclo con certe iniezioni anche se a volte non funzionava (...). Mi costrinsero ad abortire. Fui portata in infermeria e una specie di macellaia eseguì l'intervento naturalmente senza anestesia (...)”.
Frammenti di anime, corpi e vite lacerate nel racconto La baracca dei tristi piaceri di Helga Schneider, scrittrice nata nel 1937 in Polonia, che nel 1941 insieme al fratello viene abbandonata dalla madre che decise di arruolarsi nelle SS, come sentinella ad Auschwitz-Birkenau. A Buchenwald c'era un Sonderbau, dove le donne bollate come “asociali”, in cambio di due marchi, subivano depravazioni e violenze.
“Solo l'alcol mi avrebbe salvata - prosegue la protagonista di Schneider - la sostanza consolatrice aveva il suo prezzo. A parte il rapido abbrutimento fisico e mentale, per un certo periodo mosse qualcosa nel mio inconscio che non aveva nulla a che fare con la mia natura (...) sentivo l'impulso di uccidere un qualsiasi bastardo affiliato di Himmler. Uno sarebbe stato sufficiente, come se quell'omicidio avesse potuto vendicare ciò che mi avevano fatto le SS, confinandomi con l'inganno in un bordello” (...).
Finita la guerra alcune donne sopravvissute a questa doppia barbarie si erano dette disposte a denunciare ma successivamente, secondo l'autrice, cambiarono idea anche per l'atteggiamento degli internati maschi o di taluni benpensanti che non le consideravano vittime dell’abuso nazista, ma prostitute, donne che si erano fatte avanti volontariamente. All'inizio venivano prese solo le “asociali” con problemi magari anche psichici, poi decisero di arruolare anche le detenute che avevano avuto rapporti con un ebreo o con un lavoratore forzato straniero.
hitler insieme ad ufficiali delle ss
Donne giovani, mai ebree, racconta l’autrice. “La realtà era che un buon numero di ‘adoni’ delle SS aveva problemi sessuali. Motivo per cui ci seviziavano. D'altronde eravamo considerate carne da macello sulla quale si poteva scaricare tutto il sudiciume del mondo (...). Ci disprezzavano profondamente eppure sapevano bene che tranne alcune non eravamo prostitute (...).
I detenuti scaricavano l'odio, l'esasperazione e il senso di impotenza su donne in condizione di pari impotenza, in una specie di rivalsa speculare che trasformava il male ricevuto in legittima vendetta (...). Aufstehen! Schnell! Schnell! Muoversi sacchi di merda donnacce della malora, luride figlie di puttana, urlava una guardiana (...).
campo di concentramento di sobibor 5
Alcune di quelle belve SS erano perfino attraenti. Quel tipo di donna incensata dai nazisti: alta, bella, bionda, occhi azzurri, sempre in ordine con uniformi pulite, ben stirate, gli stivali tirati a lucido e profumate (...). Sento ancora nelle narici il repellente miscuglio del nostro puzzo umano e del loro profumo” (...). I frequentatori dei Sonderbau erano detenuti oppure prigionieri “privilegiati” dotati di un bonus per buona condotta.
ZINGARI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
L'accesso era inibito agli ebrei o ai prigionieri di guerra sovietici. Il detenuto doveva presentare domanda, farsi inserire in una lista d’attesa e, infine, dopo la visita medica, attendere la convocazione. Il rapporto non poteva superare i 15 minuti. Il bordello era frequentato anche dai kapò e gli addetti alla sorveglianza. Una volta distrutte e malate, le donne venivano rispedite al lager di provenienza, usate come cavie negli esperimenti delle SS o inviate ad Auschwitz, capolinea finale dove diventavano cenere.