1. LA STRAGE COMPIUTA DAI FRATELLI KOUACHI FORSE NON ERA COSÌ “IMPREVEDIBILE” 2. IL 6 GENNAIO, UN GIORNO PRIMA DELLA STRAGE, I SERVIZI ALGERINI HANNO AVVERTITO PARIGI SUL PERICOLO DI UN IMMINENTE ATTENTATO MA L’ALLARME E’ STATO SOTTOVALUTATO 3. COSÌ COME NON HA AVUTO ALCUN SEGUITO L’INFORMATIVA CON CUI S’AVVERTIVA LA FRANCIA DELLA PRESENZA DI SAID KOUACHI NELLO YEMEN NEL 2011, DOVE IL RAGAZZO SEGUIVA CORSI DI ADDESTRAMENTO ALLE ARMI, PARTECIPAVA A COMBATTIMENTI CONTRO GLI SCIITI E INCONTRAVA ANWAR AL AWLAKI, L’IMAM AMERICANO DI ORIGINE YEMENITA ISPIRATORE-RECLUTATORE DI DOZZINE DI OCCIDENTALI. PERCHE' LA FRANCIA NON HA FERMATO PRIMA SAI KOUACHI? 4. WASHINGHTON AVEVA INSERITO I FRATELLI NELLA NO FLY LIST PERCHÉ LI CONSIDERAVA PERICOLOSI MA È SERVITO A POCO. DEL RESTO QUEGLI ELENCHI CONTENGONO I NOMINATIVI DI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE. IL NUMERO DI PERSONE DA SEGUIRE È GIGANTESCO: 5 MILA NELLA SOLA FRANCIA. NON CI SONO LE RISORSE MENTRE SONO TROPPI GLI ALLARMI

cherif kouachi 7cherif kouachi 7

Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”

 

A colpire sono stati terroristi noti, dall’America allo Yemen. I loro precedenti dovevano dire molto. E invece hanno beffato l’intelligence. Tutto questo è già capitato. Con il nigeriano delle mutande bomba, il jihadista Merah, gli attentatori di Boston. Parigi temeva l’Isis, ma la sorpresa è arrivata da molto più vicino. Il nemico era in casa. Per trovare risposte ai buchi dell’intelligence bisogna ripartire da alcuni punti fermi e da altri meno chiari che accompagnano la vita da terroristi dei fratelli Chérif e Said Kouachi.

said kouachisaid kouachi

 

Il primo filone riguarda i movimenti di Said. Fonti americane e yemenite hanno confermato che il militante ha compiuto uno o più viaggi nella penisola arabica dove è entrato in contatto con Al Qaeda. Di certo si trovava nello Yemen nel 2011 e c’è rimasto per alcuni mesi: in quel periodo ha seguito corsi d’addestramento alle armi, quindi ha partecipato a combattimenti contro gli sciiti. Infine avrebbe incontrato Anwar al Awlaki, l’imam americano di origine yemenita che è stato l’ispiratore-reclutatore di dozzine di occidentali. È possibile che i qaedisti lo abbiano trasformato in un terrorista in sonno. 

said kouachisaid kouachi


Voci aggiungono che gli yemeniti avrebbero informato Parigi sulla presenza di Said e altri «studenti» poi deportati. Ma quella segnalazione non ha seguito: Said, una volta a casa — dicono — fa il bravo. Una vita in apparenza lontana da quella che lo ha portato in carcere, lo ha legato a Djamel Beghal, il maestro di Jihad noto anche a Amedi Coulibaly. Il viaggio in Yemen dovrebbe far scattare la bandierina rossa. Al Qaeda nella Penisola arabica tra i suoi nemici ha spesso indicato — anche di recente — i giornalisti di Charlie Hebdo .

 

LA CACCIA AI FRATELLI KOUACHI A DAMMARTIN LA CACCIA AI FRATELLI KOUACHI A DAMMARTIN

Inoltre ha auspicato operazioni che ricordino le incursioni dei sacri guerrieri del Profeta. Mosse per demoralizzare, scorrerie messe in atto dai gruppi che si ispirano a Bin Laden. A Lahore, a Mumbai, a Kabul, sparano, occupano edifici e prendono ostaggi. Proprio come a Parigi. Sono i «piccoli attacchi» invocati da Osama e rielaborati da Ilyas Kashmiri, il capo dell’Armata fantasma. È lui a studiare un piano per punire il giornale danese delle vignette blasfeme, azione poi sospesa. 

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I Kouachi sembrano riprendere il modus operandi. Si coordinano, anche se in modo confuso, con Coulibaly e la sua compagna, Hayat Boumedienne, per l’ultima battaglia. E dicono di far parte di al Qaeda nello Yemen. Cherif lo ripete aggiungendo — forse esagerando — che è stato l’imam al Awlaki a finanziare la strage. Quando, però? Visto che il leader è stato incenerito da un drone nel settembre 2011. Ieri sera, poi, un portavoce anonimo della fazione afferma: «Siamo stati noi a ordinare l’assalto in difesa dell’onore di Maometto, abbiano ritardato la rivendicazione per motivi di sicurezza».

 

Coulibaly, al contrario, si presenta come Isis. Gli esperti ipotizzano: i qaedisti, superati per fama dal Califfo rivale, hanno voluto rilanciarsi con un attentato clamoroso. 
Forse si tratta solo di parole, ma anche elementi sui quali lavorare. E in queste ore lo fanno anche gli americani.

forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 4forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 4

 

Washinghton aveva inserito i fratelli nella no fly list perché li considerava pericolosi. Ma è servito a poco. Del resto quegli elenchi contengono i nominativi di centinaia di migliaia di persone. Serve altro. Il numero di persone da seguire è gigantesco: 5 mila nella sola Francia. Non ci sono le risorse mentre sono troppi gli allarmi. L’ultimo lo danno il 6 gennaio gli algerini che avvertono Parigi sul pericolo di un attentato. 
 

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Si ripetono così errori di valutazione, come a Boston. Se è successo di nuovo, vuole dire che siamo impotenti davanti a un esercito che non è un esercito, ma una moltiplicazione di fronti urbani e lontani? C’è qualcosa — delle nostre libertà — a cui dobbiamo rinunciare per provare a difenderci con più forza? In questa battaglia globale ognuno ha scelto la sua strada. Gli Usa hanno usato molti sistemi. Dai rapimenti alle prigioni speciali, hanno permesso alla Nsa di frugare nelle vite di tutti.

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Hanno fatto ricorso agli agenti provocatori per incastrare criminali potenziali. I cittadini hanno pagato il prezzo, i nemici solo in parte. Inevitabile, visto che il terrorismo è fluido, organizzato e disorganizzato, a seconda delle opportunità. Conta più l’idea che la preparazione. Si formano cellule familiari, così diventa difficile penetrarle. Gli europei si sono barcamenati per combinare diritti e sicurezza. La diga ha tenuto, ma ora è minacciata dalle schegge jihadiste. 


Chi è del mestiere suggerisce di tornare al fattore umano, all’infiltrato. Invece della rete del pescatore che tutto piglia, serve la mira del cacciatore che punti la preda. Sempre che possa scovarla in tempo. 

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