MELANIA RIZZOLI per Libero Quotidiano
Ogni anno sono circa 33mila nell' Unione Europea le persone che muoiono per infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, la maggior parte contratte in ospedale, e circa un terzo di questi decessi avviene nel nostro Paese, dove la probabilità di infettarsi durante un ricovero ospedaliero è del 6 per cento. Il Centro Europeo Malattie Infettive (ECDC) ha stimato 530mila casi ogni anno di questi contagi, con oltre 7.800 decessi, pari al doppio delle morti legate agli incidenti stradali.
Una strage silenziosa, che ha classificato l' Italia all' ultimo posto in Europa, una maglia nera che non meritavamo. Le infezioni ospedaliere sono la complicanza più frequente e più grave dell' assistenza sanitaria, e sono quelle che insorgono durante il ricovero in ospedale o subito dopo le dimissioni del paziente, che al momento dell' ingresso non erano clinicamente manifeste, né erano in incubazione. Esse sono l' effetto della progressiva introduzione di nuove tecnologie sanitarie, che, se da una parte garantiscono la sopravvivenza di malati ad alto rischio di infezioni, dall' altra consentono l' ingresso di microorganismi in sedi corporee normalmente sterili.
Il fattore cruciale di questo tipo di infezioni è rappresentanto dall' aumento esponenziale di ceppi batterici resistenti agli antibiotici, visto il largo uso di questi farmaci a scopo profilattico o terapeutico, ed anche il graduale aumento dei fattori di rischio specifici, come l' uso ormai inevitabile dei cateterismi per le indagini vascolari e cardiache o degli endoscopi per il tratto gastro-intestinale o urinario, che costituiscono sistemi invasivi che spesso veicolano anche i batteri.
GRAVI PATOLOGIE Le infezioni ospedaliere non colpiscono i medici che quotidianamente sono a contatto con questi agenti patogeni altamente infettanti, né il personale sanitario, gli assistenti volontari o i tirocinanti, perché le persone a rischio di contrarre questo tipo di infezione sono i pazienti ricoverati per gravi patologie, quindi immunologicamente depressi o con altre gravi malattie concomitanti, come tumori, diabete, anemie, cardiopatie, insufficienza renale o polmonare, o coloro che sono in attesa o hanno subìto un trapianto d' organo o di midollo, oppure i degenti ricoverati nelle terapie intensive dopo un intervento chirurgico.
La maggior parte dei batteri però viene veicolata al paziente da un operatore sanitario, ed è stato calcolato che il lavaggio frequente delle mani in ambito ospedaliero è in grado di prevenire più del 25% delle infezioni.
Il contagio avviene per via diretta tramite un veicolo contaminato (cibo, sangue, liquidi di infusione, disinfettanti), per via indiretta attraverso un endoscopio od uno strumento chirurgico, oppure per via aerea, a causa di microorganismi che sopravvivono nell' aria e vengono trasmessi a distanza (tosse, starnuti) ed inalati.
Tutti i pazienti ricoverati sono potenzialmente a rischio di infezione ospedaliera, ma i soggetti ricoverati nelle unità di cura intensiva, quindi quelli più gravi, hanno il rischio più alto, ed il 70% dei batteri coinvolti nel contagio sono resistenti ai comuni antibiotici. L' 80% di tutte le infezioni ospedaliere riguarda quattro sedi principali: il tratto urinario, l' apparato respiratorio, le ferite chirurgiche e le setticemie, e negli ultimi anni si sta assistendo ad un aumento delle batteriemie e delle polmoniti.
QUALITÀ DELL' ASSISTENZA Non tutte le infezioni ospedaliere sono prevenibili, ma è opportuno sorvegliare selettivamente quelle che sono attribuibili a problemi nella qualità dell' assistenza, con l' adozione di misure più sicure, che garantiscano le maggiori condizioni asettiche. Purtroppo per evitare questo rischio fatale, e per diminuire la proliferazione di batteri multi resistenti che provocano setticemie letali, è necessario rivedere e riconsiderare l' uso spesso inappropriato di antibiotici a largo spettro, molto potenti, che spesso vengono somministrati per patogeni che potrebbero essere curati con molecole più comuni, con tempi e dosaggi minori.
Il Piano Nazionale di contrasto all' antibiotico -resistenza (Pncar) 2017-2020, a cura del Ministero della Salute, ha emesso linee guida e programmi con corrette pratiche di prevenzione, che potrebbero ridurre del 20/30% questo rischio nel percorso ospedaliero, concorrendo a migliorare anche l' impatto economico sul SSN, considerato che i costi di trattamento di una singola infezione pesano dai 5 ai 9mila euro a paziente.
Nel 2050 le infezioni batteriche causeranno circa 10milioni di morti all' anno, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2milioni), per diabete (1,5milioni), o incidenti stradali (1,2milioni), a causa dell' antibiotico resistenza, una emergenza ormai internazionale.
2. INFEZIONI IN OSPEDALE: 7800 MORTI L' ANNO
ALESSANDRO GONZATO per Libero Quotidiano
I numeri gelano il sangue: in Italia, a causa di infezioni provocate da batteri resistenti agli antibiotici, muoiono 10.762 persone all' anno. Nel 72,4 per cento dei casi, che equivalgono a circa 7.800 pazienti, l' infezione è correlata all' assistenza ospedaliera.
Stando a quest' ultimo dato la media è di 21 decessi al giorno, quasi uno all' ora, quanto le morti per Aids, tubercolosi e influenza messe assieme, addirittura il doppio rispetto al numero delle vittime provocate dagli incidenti stradali. Nel nostro Paese, maglia nera di questa preoccupante classifica, la probabilità di contrarre un' infezione più o meno grave mentre siamo in cura in un ospedale è del 6 per cento: ogni anno i casi sono 530 mila e le cure per ogni singolo trattamento costano dai 5 ai 9 mila euro.
I dati, riferiti al 2015-2016 - gli ultimi disponibili - sono stati diffusi dal Centro Europeo Malattie Infettive (Ecdc) durante la settimana mondiale sull' uso consapevole degli antibiotici. In Europa sono 33mila le persone che ogni 12 mesi muoiono per infezioni da batteri resistenti agli antibiotici.
In Italia la situazione è dovuta soprattutto all' aumento del numero dei pazienti più fragili, ossia quelli con più di 65 anni, all' uso di sistemi sempre più invasivi per l' organismo come cateteri o endoscopi - portatori di batteri - e, denuncia l' Ecdc, per la scarsa adozione di strategie di prevenzione.
UTILIZZO SCORRETTO «Dobbiamo fare molto in questo campo» ci conferma il professor Silvio Brusaferro, ordinario di Igiene e Sanità Pubblica dell' Università di Udine e nel gruppo di ricerca del ministero della Salute. Da una parte, come evidenzia lo studio, le infezioni vengono contratte a causa dell' utilizzo scorretto degli strumenti medici.
Talvolta viene sottovalutata anche la più semplice norma igienica del lavaggio delle mani. Dall' altra - prosegue il professore - prima di ricorrere alle cure ospedaliere succede che facciamo un uso sbagliato degli antibiotici, ne prendiamo troppi, magari senza la prescrizione perché abbiamo avanzato dei blister in casa dalle volte precedenti, oppure sbagliamo i modi e i tempi, diciamo "Ma sì, mi è passato ormai, prendo una pastiglia in meno", ed è così che si sviluppano le resistenze».
Analizzando i dati ancor più nel dettaglio vediamo che, in base a uno studio dell' Università di Torino sulle "infezioni correlate all' assistenza e sull' uso di antibiotici" effettuato su 28.157 pazienti distribuiti in 135 ospedali, il 41,6 per cento di questi era stato ricoverato nei reparti di specialità mediche, il 29,6 in specialità chirurgiche, il 4,7 in Terapia Intensiva, il 4,6 in Ginecologia e Ostetricia e il 3,9 in Pediatria.
Su 67 tipologie di patogeni identificati come responsabili delle infezioni, il più diffuso è l' Escherichia coli (13 per cento), seguito dal Klebsiella pneumoniae (10,4) e dallo Staphylococcus aureus (8,9). Gli antibiotici più utilizzati sono stati: Piperacillina e inibitori enzimatici (13,3 per cento), Ceftriaxone (10,3), Levofloxacina (8,4), Cefazolina (7,6) Amoxicillina e inibitori enzimatici (7,6).
CAMPAGNA AL VIA Per contrastare l' aumento delle infezioni correlate all' assistenza ospedaliera, "3M Salute", società specializzata nella cura della persona e nei prodotti per la salute, ha lanciato la campagna "Ospedale senza infezioni", che si propone di informare i cittadini con un programma condiviso con gli operatori sanitari.
«Siamo convinti che il nostro contributo non debba limitarsi a rendere disponibili tecnologie avanzate ma che debba andare oltre, migliorando le condizioni dei pazienti che affrontano, ad esempio, un intervento chirurgico o una terapia oncologica» afferma Patrizio Galletta, direttore finanziario di "3M". «Pazienti più informati e sicuri e personale sanitario aggiornato sulle migliori pratiche cliniche e sulle azioni più efficaci di prevenzione aiuteranno certamente a ridurre gli eventi avversi correlati alle infezioni ospedaliere».
Il tema verrà trattato a Firenze da oggi fino a venerdì in occasione della tredicesima edizione del "Risk Forum Management in Sanità" al quale parteciperanno 1.540 relatori tra medici, infermieri, operatori socio-sanitari e professionisti che si alterneranno in 130 sessioni scientifiche.