ADDÒ STA LA MINORANZA DEM? - LA RIFORMA DELLA SCUOLA VOTATA DA TUTTI I SENATORI PD TRANNE TOCCI, RUTA E MINEO, CHE NONOSTANTE QUESTO VA IN PIAZZA E RISCHIA IL LINCIAGGIO TRA INSULTI E MONETINE: "BUFFONE, SCAPPA!" (VIDEO) - MA 159 VOTI NON BASTANO PER LA RIFORMA DEL SENATO
1. VIDEO - CONTESTAZIONI E MONETINE CONTRO MINEO (PD): "BUFFONE, SCAPPA"
2. BUONA SCUOLA, DURA CONTESTAZIONE A MINEO: MONETINE E INSULTI. “BUFFONE, SCAPPA”
Irene Buscemi per www.ilfattoquotidiano.it
Il senatore della minoranza dem, Corradino Mineo, dopo il voto di fiducia in Senato sul ddl scuola si reca in piazza a salutare il mondo dei docenti fuori in protesta. Ma gli insegnanti non lo accolgono bene: “Non ti dovevi astenere, dovevi votare contro, chi ci rappresenta“. La discussione si esaspera e arrivano gli insulti, forse anche un calcio. “Buffone, traditore” gridano inseguendolo. Gli organizzatori lo scortano fino al cordone di polizia in Corso Vittorio Emanuele
3. SI’ ALLA RIFORMA DELLA SCUOLA - IN AULA I GRILLINI CONTESTANO ANCHE IL VOTO DELL’EX PRESIDENTE NAPOLITANO
Ugo Magri per “la Stampa”
La riforma della scuola sarà votata di nuovo alla Camera martedì 7 luglio, ma si tratta quasi di una formalità perché lo scoglio (sulla carta) più duro è stato superato ieri a Palazzo Madama. Renzi ha messo i senatori spalle al muro con la fiducia e questi, per non andarsene tutti a casa con tre anni di anticipo, gli hanno regalato un comodo margine di 47 voti. Si dissolve nel nulla, come ormai d’abitudine, la protesta della sinistra Pd. Solo in tre hanno rifiutato di votare (Tocci, Mineo e Ruta), tutti gli altri invece mugugnando si sono messi in fila come bravi soldatini.
SCENE PITTORESCHE
voto riforma della scuola in senato 1
In aula, solito folklore: dai fischietti «sindacalisti» di Sel alla gazzarra grillina che si è scatenata perfino quando l’ex Presidente Napolitano (martedì prossimo compirà 90 anni) ha lasciato il suo scranno per votare. Striscione inquietante della Lega, «Difendiamo i bambini dalla scuola di Satana», un chiaro sostegno alla campagna del recente Family Day contro l’insegnamento della «teoria gender», considerata l’ultima macchinazione della cosiddetta «lobby gay».
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Una folta delegazione cattolica di Area popolare si è fiondata dalla ministra Giannini, facendosi garantire che mai e poi mai si parlerà di gender nelle attività extra-curricolari, e in ogni caso sarà richiesto il consenso preventivo dei genitori. Solenne promessa della Giannini e pure della Boschi. A quel punto ecco i centristi votare felici, addirittura secondo Schifani quella scolastica è diventata «una grande riforma di centrodestra», con il capogruppo Pd Zanda che deve precipitarsi a mettere una pezza, non è affatto di destra questa riforma ma molto di sinistra «perché assume 100 mila precari». Punti di vista.
GRANDI MANOVRE
I sì alla riforma sono stati 159. In altre 4 votazioni di fiducia furono qualcuno meno. Non si può dire, dunque, che ieri Renzi abbia toccato il fondo. La sua maggioranza anzi tiene. Tuttavia non raggiunge quota 161, pari alla metà più uno dei seggi che è richiesta per le riforme costituzionali. E ciò mette in pericolo quella del Senato, su cui Berlusconi adesso non è più d’accordo.
voto riforma della scuola in senato 3
O meglio, l’ex Cavaliere pare disposto a votarla purché si torni al Senato elettivo e il premier accetti di rimettere mano alla legge elettorale. Silvio vuole che il premio venga dato alle coalizioni e non al partito. A Salvini l’altra sera ha garantito che ci sono contatti in corso col Pd, eppure dalle parti di Renzi smentiscono tra le risate, giurano che l’«Italicum» mai cambierà. Tra l’altro l’unico possibile negoziatore, Verdini, è in disgrazia. Due suoi amici sono stati messi fisicamente fuori dalla sede di Forza Italia, dove avevano una scrivania. Si tratta di Abrignani, responsabile elettorale, e di D’Alessandro, capo ufficio stampa.
PREDICHE UTILI
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Gli interventi pubblici del Presidente vanno letti con attenzione. Perché quasi sempre, magari tra le righe, si incontrano lampi di novità politicamente impegnativi. Per esempio ieri, in un messaggio solo apparentemente di routine al Festival del lavoro di Palermo, Mattarella ha puntato i riflettori sul Jobs Act, fiore all’occhiello del governo Renzi: pure su quella riforma dovranno «confrontarsi gli esperti», in modo che ne venga misurata la concreta efficacia. Guai, insomma, a considerarlo un capitolo chiuso.