Riccardo Pelliccetti per “il Giornale”
Tante parole ma poche azioni concrete per l'emergenza immigrazione. L'Italia continua a essere prigioniera di se stessa. Eppure le soluzioni ci sono. Ieri parlavamo di blocchi navali o di affondare le imbarcazioni degli scafisti prima che carichino i disperati. Soluzioni drastiche, alcune già usate dall'Italia in Albania, altre in uso da molti Paesi.
STATI UNITI
I messicani lo chiamano «muro della vergogna», ma i quasi 1.000 km di barriera che corrono lungo il confine tra Usa e Messico hanno frenato l'immigrazione illegale. Nei primi anni Duemila, ogni anno attraversavano il confine almeno 500mila clandestini, attratti dal sogno di un lavoro e di una paga migliore.
Alla fine Washington ha dovuto correre ai ripari. Illuminazione ad alta intensità, rete di sensori elettronici, visori notturni per le 17mila guardie di frontiera, che vigilano il confine con fuoristrada ed elicotteri armati. I costi sono stati altissimi e la barriera, in alcuni tratti di lamiera metallica in altri di cemento, non copre tutta la frontiera, lunga 3.169 km. Sono rimaste aperte delle aree quasi inaccessibili, come il deserto di Sonora o i monti dell'Arizona, dove i clandestini cercano di infiltrarsi rischiando la vita.
INDIA
I clandestini che cercano di passare il confine con il Bangladesh fanno spesso i conti con la brutalità delle guardie di frontiera indiane. Terminata nel 2007, la barriera di filo spinato alta due metri e mezzo, copre circa 3mila chilometri di confine (come un muro dalla Calabria alla Danimarca) ed è controllata dagli agenti. D'altronde il Bangladesh è poverissimo e sovrappopolato e i suoi cittadini, pur di scappare, sono disposti a rischiare la vita, consapevoli che la Border Security ha il grilletto facile e che abbia già ucciso centinaia di clandestini.
BULGARIA
La Bulgaria, membro della Ue, è uno degli ultimi paesi ad aver eretto un muro sul confine. Nel novembre 2013, il governo ha deciso che la recinzione, di reti metalliche e filo spinato, sia lunga circa 160 km e che ogni 100 metri ci sia un soldato di guardia. La prima frazione, finita lo scorso settembre, è lunga 32 chilometri ed è stata eretta sulla frontiera turca più infiltrata da immigrati e profughi. I lavori dovrebbero essere completati entro fine anno, ma i pochi chilometri di muro hanno già dato dei risultati: nel 2014 solo 4mila persone sono entrate illegalmente rispetto alle 11mila dell'anno precedente.
SPAGNA
BARRIERA DI CONFINE TRA INDIA E BANGLADESH
I governi di Madrid hanno sempre tenuto sotto controllo i loro confini, sia terrestri sia marittimi. L'Onu ha spesso storto il naso sulla politica spagnola, soprattutto per quanto riguarda le città autonome spagnole di Ceuta e Melilla, in Nord Africa. Le frontiere con il Marocco delle due enclave (una di 8 l'altra di 12 km) hanno una doppia barriera parallela alta circa tre metri in rete metallica e filo spinato.
Ci sono posti di vigilanza, pattugliamenti e una rete di sensori elettronici, oltre a numerose telecamere. Chi cerca di entrare senza permesso viene respinto e perde anche il diritto alle garanzie previste per chiedere asilo. L'opera è stata pagata dall'Ue, che ha già dato il beneplacito all'innalzamento della barriera fino a 6 metri.
AUSTRALIA
Il governo di Canberra ha istituito una sistema di protezione militare che conta sull'impiego della Marina per fermare qualsiasi infiltrazione. Un blocco navale. Il tutto è accompagnato da filmati e manifesti diffusi in numerose lingue con il messaggio di un generale delle forze armate australiane: «Qualsiasi imbarcazione irregolare sarà espulsa militarmente. Il provvedimento si applica a tutti: famiglie, bambini, minori non accompagnati. Non venite in Australia senza un visto. Non ascoltate chi vi dirà che si può fare. Queste persone vogliono i vostri soldi, e vi metteranno in pericolo».
Naturalmente i buonisti di mezzo mondo hanno subito recalcitrato, Onu in prima fila. Ma la risposta del premier Tony Abbott è stata chiara: «Penso davvero che gli australiani siano stanchi di ricevere lezioncine dalle Nazioni Unite, soprattutto perché fermando le navi abbiamo fermato le morti in mare». E i numeri gli danno ragione: dal 2013 gli sbarchi sono diminuiti del 90%.