BIG PHARMA, BIG BUSINESS - IL COLOSSO PFIZER, ANCHE CON L’OBIETTIVO DI PAGARE MENO TASSE, MEDITA IL RILANCIO SUL GRUPPO LONDINESE ASTRA-ZENECA, CHE GIA' A GENNAIO AVEVA RIFIUTATO UN'OFFERTA DA 100 MILIARDI

Arturo Zampaglione per "la Repubblica"

Anche il colosso farmaceutico Pfizer è stato contagiato dalla febbre delle maxifusioni che dall'inizio dell'anno ha già portato ad accordi per oltre mille miliardi di dollari in giro per il mondo, di cui 127 miliardi solo per Big Pharma, come vengono chiamati i protagonisti del settore farmaceutico. Ieri Ian Read, chief executive della Pfizer, ha confermato di aver riaperto l'offensiva per l'acquisizione del gruppo londinese AstraZeneca.

Già a gennaio 2014 c'erano stati dei brevi negoziati tra le due società, poi interrotti da Pascal Soriot, capo della Astra-Zeneca, che riteneva (e continua a pensare) che la cifra ipotizzata per l'operazione, circa 100 miliardi di cui 30 per cento in contanti e 70 per cento in azioni Pfizer, fosse troppo distante dal vero valore della sua holding.

«Noi vogliamo comprare, loro vogliono vendere: è chiaro che diranno sempre che la nostra proposta sottovaluta l'AstraZeneca », ha detto ieri Read, con toni un po' ironici, spiegando che gli inglesi non hanno voluto aprire trattative vere e proprie e che, per il momento, i due gruppi studiano assieme a banchieri e avvocati come meglio procedere.

La Pfizer, che entro il termine del 26 maggio dovrebbe presentare una proposta ufficiale, sembra comunque avere le idee chiare. La sua conquista della AstraZeneca avrebbe tre obiettivi principali: primo, creando il più grande gigante mondiale del comparto, le permetterebbe di disporre anche dei farmaci anti-cancro di nuova generazione, basati sulle immunoterapie, che i ricercatori britannici hanno messo a punto.

Il secondo obiettivo di Read è di natura fiscale: il suo sogno è di trasferire la sede della nuova holding formata dalla fusione Pfizer-AstraZeneca in Gran Bretagna, in modo non solo da usufruire delle aliquote inglesi sui profitti societari, che sono più convenienti di quelle americane (circa 22 per cento rispetto a 38), ma anche di poter riportare nel bilancio quei 70 miliardi di dollari di utili accumulati nelle sedi all'estero. Se la Pfizer li trasferisse negli Stati Uniti sarebbe costretta a pagare di tasse una cifra proibitiva. Secondo i piani di Read, la sede operativa del nuovo gruppo resterebbe a New York, dove continuerebbe a essere quotato in Borsa.

La terza giustificazione della mossa di Read riguarda le prospettive interne. Dal 2011, quando ha assunto l'incarico al vertice, il manager ha già ristrutturato profondamente il gruppo, procedendo ad alcune dismissioni, a cominciare dai prodotti veterinari, e riorganizzandolo in tre grandi divisioni. Ma nel frattempo la riforma sanitaria americana lascia intravedere maggiori difficoltà nel business tradizionale, mentre stanno per andare a scadenza alcuni brevetti della Pfizer, aprendo così le porte alla concorrenza di prodotti generici. Di qui l'interesse di rilanciare il gruppo attraverso una maxi-fusione.

Le due aziende hanno dimensioni già molto consistenti. La Pfizer ha 78mila dipendenti, 196 miliardi di capitalizzazione di borsa, 51,58 miliardi di dollari di fatturato (2013) e 22 miliardi di utile netto. La AstraZeneca ha 51mila dipendenti, 101 miliardi di dollari di capitalizzazione di Borsa, 25,7 miliardi di fatturato e 2,47 miliardi di utile netto.

Qualche analista punta il dito su alcune difficoltà che potrebbero sorgere nell'integrare due gruppi così grossi. «Ma abbiamo già molta esperienza in fusioni del genere», taglia corto Read, il cui vero ostacolo resta quello del prezzo dell'operazione AstraZeneca. Secondo gli esperti, è improbabile che i britannici si accontentino delle 46,61 sterline per azione, offerte a gennaio dalla Pfizer, né che basti loro il 30 per cento della cifra in contanti: anche perché Wall Street è sui massimi storici e c'è chi teme una inversione di rotta nel prossimo futuro. Di sicuro, ieri, dopo l'annuncio i titoli del gruppo britannico sono saliti del 17 per cento e qualche esperto sostiene che il prezzo finale non sarà inferiore alle 50 sterline.

 

REGALI DA BIG PHARMA jpegpfizer

Ultimi Dagoreport

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...