Paolo Mastrolilli per "La Stampa"
ragazzi iracheni partono volontari contro isis
I primi colloqui seri fra Iran e Arabia Saudita sono cominciati circa sei mesi fa, e si saldano con i negoziati fra Teheran e Washington sul programma nucleare, che da ieri sono ripresi a Vienna con l’aggiunta sul tavolo della crisi irachena. Lo rivelano fonti in contatto con i protagonisti dei colloqui, che potrebbero portare a ridisegnare gli equilibri dell’intero Medio Oriente.
Ieri il segretario di Stato Kerry ha detto di essere aperto a qualunque contributo costruttivo per risolvere la crisi, riferendosi all’eventuale collaborazione con l’Iran. Due giorni prima era stato il presidente Rohani ad aprire, e oggi nel Golfo Persico è entrata la nave da guerra americana Mesa Verde con 550 marines a bordo, che si affianca alla portaerei George H.W. Bush.
bandiere isis su veicoli requisiti
A Ginevra c’è il ministro degli Esteri iraniano Zarif, mentre la delegazione Usa è guidata da William Burns, numero due del dipartimento di Stato, che aveva già condotto i negoziati segreti con cui nell’autunno scorso si era arrivati all’accordo preliminare per avviare la trattativa nucleare.
Il tavolo in sostanza è ad alto livello e ha la facoltà di allargare il discorso dal negoziato sul programma atomico, agli equilibri generali della regione. Non si arriverà alla collaborazione aperta. La Casa Bianca ha escluso ieri che i caccia americani possano aiutare direttamente le truppe sciite iraniane contro i terroristi sunniti dell’Isis, ma l’interesse comune a fermarli esiste e dovrebbe spingere quanto meno Teheran a non ostacolare Washington.
Sullo sfondo di questo dialogo, però, ne sta avvenendo un altro che potrebbe avere implicazioni ancora più significative per il futuro della regione. Arabia e Iran erano entrambi alleati degli Stati Uniti, prima della rivoluzione del 1979. Ora si combattono per procura in tutti gli scontri della regione fra sunniti e sciiti, ma hanno cominciato anche a parlare. I contatti informali non sono una novità, e lo stesso presidente Ahmadinejad aveva visitato La Mecca nel 2012 durante un vertice dell’Organization of Islamic Cooperation.
volontari iracheni si arruolano per difendere il paese
Però sei mesi fa, in silenzio, sono cominciati i colloqui del nuovo corso. Gli effetti pubblici si sono già visti a maggio, quando il ministro degli Esteri Saud al Faisal ha invitato a Gedda il collega iraniano Zarif, per partecipare a un altro incontro dell’Oic. Zarif ha declinato l’invito, perché coincideva proprio con la sessione di negoziati con gli Usa iniziata ieri a Vienna, ma ha apprezzato il gesto amichevole e Faisal ha risposto che può andare quando vuole.
Alla base di questi contatti c’è la convinzione di molti analisti che ormai il caos mediorientale si possa risolvere solo attraverso un accordo per la spartizione della regione fra le due potenze principali, l’Arabia sunnita e l’Iran sciita, che superi i confini disegnati all’inizio del secolo scorso dal diplomatico britannico Mark Sykes e quello francese François Georges-Picot.
Riad e Teheran si stanno combattendo in Siria, e c’è il sospetto che almeno una parte dei finanziamenti dell’Isis sia venuta dai sauditi. L’avanzata dei terroristi però non minaccia solo l’Iran sciita, ma rischia di rivoltarsi anche contro la monarchia wahhabita. Dal Libano al Pakistan, quindi, solo questa intesa potrebbe riportare la stabilità, attraverso un patto che dovrebbe garantire la sopravvivenza di Israele, la rinuncia di Teheran all’atomica, e magari accettare una qualche forma di spartizione dell’Iraq. Gli Usa in questo processo svolgono un ruolo da facilitatori, più che mediatori, sperando che in Iran e Arabia prevalgano le menti più responsabili.
Presidente Hassan Rouhani Ali Khamenei AHMADINEJAD