Luigi Offeddu per il “Corriere della Sera”
La verità è tanto semplice, quanto beffarda: mentre attacca l’Ucraina, Vladimir Putin spacca politicamente l’Unione Europea, premendo sul nervo debole che si chiama Grecia.
L’ha fatto nelle ultime 48 ore. Il vertice straordinario dei ministri degli Esteri europei, convocato per oggi a Bruxelles, potrebbe chiedere ai 28 governi dell’Unione di estendere fino a dicembre — e non solo fino a settembre, come era parso in un primo momento — le sanzioni diplomatico-economiche contro il Cremlino, decise dopo l’annessione della Crimea. Qualche mese in più di visti negati, o conti in banca congelati.
Il governo russo parla di misure «insensate e dannose». Ma ben altro sta accadendo nel frattempo. Intanto, una decisione unanime dei governi Ue non è affatto scontata: l’Unione si incrina, appunto.
Perché la Germania mette in guardia contro nuove sanzioni decise «in tempi rapidi». E perché la Grecia, con il suo governo di sinistra appena eletto, ha già negato l’adesione al documento preparatorio che propone la proroga delle sanzioni. Anzi, il suo «sì» l’ha prima accordato e poi ritirato, protestano sdegnate fonti di Bruxelles: «Un’abiura, non era mai accaduto finora».
I fatti dicono però qualcosa di diverso: Alexis Tsipras, il neo-premier ellenico, non sembra avere dubbi né ripensamenti. Come suo primo atto ufficiale da capo del governo, e come suo primo incontro pubblico in assoluto, ha ricevuto l’ambasciatore russo ad Atene, che gli ha consegnato una calorosa lettera di Putin. Il secondo incontro è stato con l’ambasciatore cinese.
Una voce inquietante, per alcuni, circola già nei palazzi Ue: Putin potrebbe offrire a Tsipras una sponda finanziaria per coprire in parte il suo immenso debito con la Ue, la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale — insomma, con l’intero Occidente; così gli eviterebbe il fallimento, e l’isolamento. In cambio, il presidente russo pianterebbe un cuneo diplomatico nel cuore di una Ue sempre più smarrita. Perché non sono solo Atene o Berlino a frenare chi vorrebbe «castigare» subito Mosca. Non è un segreto che anche Francia, Austria, Ungheria, Bulgaria, Slovacchia, Cipro e altri siano più o meno sulle stesse posizioni, soprattutto a causa della dipendenza energetica da Mosca.
Né certo sarà stato per contrastare un’opinione di Matteo Renzi, che l’altro giorno l’italiana Federica Mogherini — Alto rappresentante per gli Affari esteri della Ue — ha ispirato un documento favorevole a sanzioni meno aspre. Neppure gli Usa stanno a guardare: ieri Obama ha telefonato ad Angela Merkel, probabilmente per capire meglio che cos’ha in testa l’Europa. A riassumere la baraonda generale, è il polacco Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, che critica ogni «accomodamento» con la Russia e attacca pur senza far nomi: «È tempo di rafforzare la nostra politica basata sui freddi fatti, non sulle illusioni».
Per spianare la strada al vertice già così incerto di oggi, si fa avanti anche il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble. Dice che si potrebbe aiutare l’Ucraina dilazionando il suo debito estero e offrendole nuovi finanziamenti: proprio mentre conferma alla Grecia che sul suo, di debito, non potrà esservi alcuno sconto. Forse a Mosca Putin sorride, e prepara già qualche assegno.