Andrea Cangini per 'QN - Resto del Carlino - Il Giorno - La Nazione'
Durante il suo primo anno di governo, Matteo Renzi si ritirò per qualche giorno con la famiglia in un bell’albergo sul mare. Cercava riposo e riservatezza. Un cronista prese una camera vicino alla sua con l’intenzione di scrivere qualche pezzo ‘di colore’ sulla vita privata del premier. Niente di insidioso.
Dopo l’uscita del primo articolo, il giornalista sentì bussare alla porta, aprì e si trovò al cospetto di un signore robusto che, qualificatosi come agente dei servizi segreti, con tono convincente inanellò tre affermazioni in un’unica, breve frase: "So chi sei, so chi è tua moglie, so chi è la tua amante". Il collega capì il messaggio e fece la valigia.
Non è detto che a mobilitare l’uomo dei servizi fosse stato Renzi in persona, né che l’allora premier fosse a conoscenza della cosa. Lo zelo dei funzionari spesso prescinde da richieste esplicite. Certo è che da sempre i servizi segreti vengono usati anche a fini ‘politici’: il Sifar (l’Aise di allora, ovvero il servizio segreto militare) guidato dal generale De Lorenzo negli anni Cinquanta collezionò 157mila dossier su politici, magistrati, giornalisti, imprenditori... e non sempre l’uso che ne fece atteneva alla ragion di Stato.
È infatti tipico dei politici identificare l’interesse nazionale col proprio, personale, interesse. Ed è tipico dei dirigenti dei servizi tutelare quei leader politici da cui ritengono dipenda la loro carriera. Nella vicenda Consip si parla molto di un presunto ruolo dei servizi segreti. Li ha evocati in un’intervista al nostro giornale il commercialista partenopeo Alfredo Mazzei, li ha tirati in ballo sulla ‘Verità’ il leghista Calderoli, li ha citati – dichiarando, sembra consapevolmente, il falso – il comandante dei carabinieri del Noe, Giampaolo Scafarto, nell’informativa scritta per conto della procura di Napoli.
A oggi, però, non esiste alcuna evidenza circa un loro effettivo coinvolgimento. Si sa solo che il mitico capitano Ultimo, al secolo Sergio De Caprio, fu rimosso dal vertice del Noe dal comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette, poi indagato nel processo Consip per favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio, e di conseguenza inquadrato nei ranghi dell’Aise.
Nessuno può escludere che gli 007 abbiano inquinato o semplicemente monitorato l’inchiesta, nessuno può dire con quale obiettivo e al servizio di chi lo avrebbero fatto. A oggi, si tratta solo di fantasie. Di sicuro c’è solo che il capitano Scafarto, braccio operativo del pm Woodcock, ha compiuto due errori. O due falsi.
Ha attribuito all’imprenditore Romeo le parole su Tiziano Renzi pronunciate invece dal consigliere di Romeo, Italo Bocchino; ha adombrato la presenza dei servizi segreti. Perché l’abbia fatto sarà, forse, appurato dalla procura di Roma. Certo è che la tendenza ad accondiscendere ai desiderata dei politici che spesso caratterizza l’approccio dei servizi può contraddistinguere anche il legame tra polizia giudiziaria e pm.