1. “DISGRAZIO” NON MOLLA: VUOLE A RITIRARE LE DIMISSIONI PER UCCIDERE ROMA E IL PD
2. IL RITORNO DEL MARZIANO È UNO SCHIAFFO A RENZI CHE NON GLI HA VOLUTO CONCEDERE NEANCHE UDIENZA, FIGURIAMOCI L’ONORE DELLE ARMI. E ORA PARTE LA RESA DEI CONTI
3. SE I CONSIGLIERI DEMOCRATICI SI DIMETTERANNO IN MASSA O PRESENTERANNO UNA MOZIONE DI SFIDUCIA, MARINO PASSERÀ AL CONTRATTACCO IMPUTANDO AL PD (E NON AGLI SCONTRINI) LA RESPONSABILITÀ DEL SUO ADDIO E POTREBBE ANCHE CANDIDARSI ALLE PROSSIME PRIMARIE
4. PER FAR DIMETTERE MARINO NON BASTANO LE DIMISSIONI DEI PIDDINI, MA ANCHE ALTRI SEI CONSIGLIERI DELLE OPPOSIZIONI, VISTO CHE SEL È CONTRARIA. ANCHE VOTARE LA SFIDUCIA SAREBBE CLAMOROSO: I DEMOCRATS DOVREBBERO VOTARLA INSIEME AI 5STELLE

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1 - MARINO, IL RITIRO DELLE DIMISSIONI

Alessandro Capponi per il “Corriere della Sera”

 

IGNAZIO MARINO IGNAZIO MARINO

Alle otto del mattino su uno dei gruppi che sui social sostengono Ignazio Marino il post era inequivocabile: «Dimissioni ritirate»; alle otto della sera è un'agenzia a scrivere che «al più tardi domani (oggi, ndr) Marino le ritirerà». È una guerra di nervi quella che il sindaco dimissionario e il Pd stanno combattendo da giorni: ma è ormai evidente che il primo cittadino di Roma - ghiacciato dal silenzio di Matteo Renzi alle sue continue richieste di ottenere «l' onore delle armi», perché «non posso essere cacciato con ignominia», ha più volte detto ai suoi collaboratori - sia sull' orlo del colpo di scena.

 

ignazio marino in bici visto da spinoza ignazio marino in bici visto da spinoza

La giunta convocata alle undici di questa mattina sembra essere l' appuntamento ideale: pedonalizzazione integrale dei Fori Imperiali - provvedimento che ha creato non poche polemiche in città - e, appunto, il ritiro delle dimissioni. Per dirla in poche parole: il ritorno del marziano.

 

Secondo la voce che si è diffusa ieri si tratterebbe di una sorta di «ritiro tecnico» delle dimissioni firmate il 12 ottobre: quindi non per continuare fino al 2018 - o «fino al 2023» come ha più volte annunciato Marino anche di fronte alle platee pd - ma intanto per presentarsi in aula Giulio Cesare, sia pure senza la certezza (anzi, forse il contrario) di avere con sé una maggioranza in grado di sostenerlo. «Lui ha intenzione di portare in Aula la discussione, perché è incomprensibile che un sindaco venga deposto attraverso interviste e comunicati stampa», dice su Radio2 l' amico Guido Filippi.

 

ignazio marino su chi 5 ignazio marino su chi 5

La strategia del chirurgo, adesso, affonda nella carne del Pd: parlare in Aula, davanti alla città, e raccontare quanto fatto per sottolineare che la vicenda degli scontrini per la quale s' era dimesso è chiusa, e che l' eventuale scelta di farlo cadere è da ritenersi esclusivamente politica. Cioè, detto senza metafore: una precisa volontà del Partito democratico che pure lo ha eletto.

 

Evidente, quindi, che la mossa di Marino metterebbe il Pd di fronte a uno scenario non semplice da affrontare: perché, certo, il partito è convinto del fatto che la vicenda scontrini (la storia dei rimborsi per le cene ancora al vaglio della Procura) sia solamente «l' ultimo di una serie infinita di errori», che «si è rotto - per dirla con il segretario Renzi - il rapporto di fiducia con la città», ma al tempo stesso è altrettanto evidente che, dopo il ritiro delle dimissioni, si tratterà di contrastare il «racconto» che lo stesso Marino farà dell' accaduto. Certo il sindaco, anche nel raduno di sostenitori di domenica scorsa in Campidoglio, non ha «attaccato» il partito: ha detto di esserne un nativo, lo ha ringraziato.

ignazio marino su chi 2 ignazio marino su chi 2

 

Ma è possibile forse che, in caso di sfiducia o di dimissioni in blocco dei consiglieri, passi all' attacco ad esempio ricordando le difficoltà incontrate nella fase iniziale del mandato, quando negli scranni del Pd c' erano esponenti politici poi finiti nei guai per l' inchiesta Mafia Capitale. Di certo, quindi, per liberarsi di Marino al Pd non rimarrebbero molte strade, tecnicamente parlando.

 

La prima ipotesi, meno probabile, è la sfiducia: strada difficile da prendere perché in qualche modo il Pd si ritroverebbe a percorrerla in compagnia delle opposizioni, del centrodestra, e dell' ex sindaco Gianni Alemanno. Per essere chiari: l' ipotesi sfiducia non piace ai 19 consiglieri dem. I mal di pancia, tra quegli scranni, non sono pochi: alcuni accusano Orfini di aver avuto una linea ondivaga con Marino, prima difeso e poi abbandonato.

 

IGNAZIO MARINO PRIMA DELLA TINTA IGNAZIO MARINO PRIMA DELLA TINTA

Alla fine, comunque, «faranno ciò che il partito chiede», garantiscono al Nazareno. Probabilmente si dimetteranno in blocco: ieri era questa - al netto delle incognite dei numeri, sono 19 ma di dimissioni ne servono 25 - la strada più accreditata per contrastare il ritorno del marziano in Campidoglio. E se pure il Pd riuscisse a farlo cadere cosa accadrebbe dopo? Se Marino dovesse davvero decidere di partecipare alle primarie, cosa accadrebbe? Il senatore Stefano Esposito, evidentemente, s' è portato avanti con il lavoro: «Il partito proponga un candidato unico». Una guerra che va avanti da giorni, e che sembra destinata a proseguire.

 

2 - MARINO: "LA GIUNTA LAVORA E VA AVANTI"

Carlo Bertini per “la Stampa”

IGNAZIO MARINO PARRUCCHIERE ROCCO IGNAZIO MARINO PARRUCCHIERE ROCCO

 

Sulle sue dimissioni Ignazio Marino non si pronuncia, ma che stia accarezzando l' idea di ritirarle prima del gong del due novembre lo fa capire con i fatti e con una battuta decisiva, «è una giunta che lavora e guarda oltre, Roma deve andare avanti», annuncia battagliero inaugurando un viadotto alla periferia di Roma. Se la prima settimana dopo l' annuncio l' attività era congelata, il cambio di passo è evidente: dopo l'uscita in pompa magna di ieri in mezzo a nugoli di telecamere, oggi altre inaugurazioni di cantieri, altra riunione operativa della giunta, domani conferenza stampa su Musica per Roma.

 

Insomma, anche vista dal suo entourage, «Ignazio dà l' impressione di chi sta riprendendo il lavoro, ha un animus diverso». In Campidoglio, dopo le giornate dell' arrocco, tutti sono in attesa della mossa del cavallo e ogni partito scava le sue trincee per la guerra di posizione che si aprirà nel caso di un ripensamento: e quello a essere messo in croce è il Pd. Dove a prevalere è sempre la linea della fermezza: nessun arretramento, il sindaco se ne deve andare.

 

ignazio marino (7) ignazio marino (7)

Bersani prova a mediare Forza Italia chiede un passaggio in aula e la votazione della sfiducia, varie opposizioni sono pronte a dimettersi, ma i grillini vogliono stanare il Pd: «Per cacciare Marino c' è la nostra mozione, presentata nei tempi stabiliti», dice Roberta Lombardi. «Basta che le altre forze politiche la sottoscrivano: è l' unico modo per andare a quella verifica dei numeri che tutti invocano».

 

Semplice, ma non per il Pd. Dove ora scendono in campo pure i big della vecchia guardia: Bersani, che nei giorni scorsi ha avuto modo di parlare con Marino, suggerisce a tutti di evitare «il muro contro muro», perché «anche in passato abbiamo avuto problemi con sindaci e amministratori locali; e discutendo, anche litigando, ne siamo sempre venuti fuori. La soluzione va cercata insieme, cercando di tenere dentro tutti. Altrimenti» e qui l' ex segretario butta lì una delle sue immagini a effetto, «alla fine il pesce ti scappa di mano...».

ignazio marino ignazio marino

 

Il cul de sac e il Pd Per dare un' idea della fibrillazione nel Pd in attesa del ritorno di Renzi, basta dunque sondare in Transatlantico i più alti in grado: che ammettono, a condizione di restare anonimi, «siamo in un cul de sac se il sindaco davvero ritira le dimissioni». Per far decadere la giunta servono le firme in calce a dimissioni contestuali di ben 25 consiglieri: il Pd ne somma solo 19 e non tutti pare siano tutti pronti a gettare la spugna.

I VIAGGI DI IGNAZIO MARINO DA IL TEMPO I VIAGGI DI IGNAZIO MARINO DA IL TEMPO

 

Dunque bisognerebbe far dimettere non solo tutti quelli del Pd, ma anche altri sei consiglieri delle opposizioni, visto che Sel non è di questo avviso. Anche votare la sfiducia in aula consiliare, che resta lo sbocco più lacerante ma più probabile, non solo sarebbe un enorme boccone amaro da far digerire a quelli del Pd, che dovrebbero votare contro il loro sindaco insieme ai 5stelle: ma sotto il profilo formale la sfiducia deve essere richiesta da almeno 19 consiglieri e viene messa in calendario dal presidente del consiglio comunale non prima di 10 giorni e non dopo 30, quindi passerebbe altro tempo.

ignazio marino 3 ignazio marino 3

 

Ma la sfiducia, voto palese e chiamata nominale, diventa cogente solo se ottiene 25 voti su 48. Se il Pd capitolino, che non vuole votare insieme alle opposizioni, uscisse dall' aula non confermando la fiducia al sindaco, ma non votando la sfiducia (uno degli escamotage ipotizzati per non lacerare gli animi), questa non passerebbe: perché sommati, i 19 voti delle opposizioni non sarebbero sufficienti a farlo cadere. Insomma, un caos totale...

 

IGNAZIO MARINO VERSIONE NERONE IGNAZIO MARINO VERSIONE NERONE

 

 

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