Lettera di Dario Franceschini pubblicata da “la Repubblica”
Caro direttore, con grande rammarico leggo che perfino uno scrittore di talento come Stefano Benni cade nella tentazione di lanciare strali senza documentarsi.
Da lui mi sarei aspettato che prima di evocare tagli alla cultura inesistenti, addirittura citando settori specifici (alla musica, al teatro, ai musei, alle biblioteche) si fosse informato.
La drammatica erosione di risorse statali alla cultura che per troppo tempo ha contraddistinto il nostro Paese si è arrestata con il governo Letta e ha segnato una inversione di tendenza con il governo Renzi. Pur in una difficile stagione di risanamento e razionalizzazione della spesa pubblica, il governo ha dimostrato di voler voltare pagina. I fatti e i numeri sono testardi: il Fus, fondo unico per lo spettacolo (teatro, musica, danza, cinema etc) è aumentato rispetto al 2014 di quasi tredici milioni di euro. Per il settore cinematografico c’è stato un incremento del 18% dei fondi, l’estensione del tax credit, che ha riportato le grandi major internazionali a girare nel nostro paese.
Grande attenzione è stata rivolta al settore bibliotecario e ai principali istituti del ministero, cito solo alcuni esempi: le due biblioteche nazionali, Firenze e Roma, il cui stanziamento complessivo, destinato alle spese di funzionamento, è passato dal 2013 al 2015, da 1.371.686,00 a 2.599.153,00 euro.
E quello dell’Opificio delle pietre dure e dell’Istituto superiore per la conservazione ed il restauro, che hanno avuto incrementati i fondi di funzionamento passando da 831.090 del 2013 a 1.780.653 euro del 2015. La tutela del patrimonio culturale ha visto il ritorno di importanti risorse pubbliche con lo stanziamento di un fondo annuale di 100 milioni di euro dal 2016 al 2020, oltre alla introduzione di un provvedimento rivoluzionario come l’Art Bonus che prevede agevolazioni fiscali tra le maggiori in Europa per il sostegno privato alla cultura.
I musei statali poi sono il cuore di una grande scommessa: l’autonomia gestionale e l’impegno dei nuovi direttori di venti di essi, per portare nuova linfa nel sistema museale italiano.
Quanto al Premio Vittorio De Sica, vorrei rassicurare Benni: non si tratta di un riconoscimento governativo ma di una lodevole iniziativa che Gian Luigi Rondi porta avanti fin dal 1975 e a alla quale, a volte, partecipa il ministro.
Poteva forse attendere fino al 26 novembre, giorno previsto per la cerimonia di consegna, prima di manifestare la sua infondata indignazione: per quella data saranno già noti i numeri della legge di stabilità. Avrebbe potuto valutare con più cognizione di causa se la prossima sarà una stagione di tagli o di risorse per la cultura.
Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali
LA REPLICA DI BENNI
Lettera di Stefano Benni pubblicata da "la Repubblica"
Caro ministro, la sua è una risposta da politico in leggera difficoltà, non da sereno amante della cultura. La mia infondata indignazione è condivisa da molti, e si fonda sui miei incontri con piccole, coraggiose, serie realtà che voi avete soffocato, e che lei farebbe bene a frequentare di più. Avrei preferito che dicesse chiaramente cosa vuole fare d’ora in avanti, piuttosto che elencare cifre sommarie per difendere il suo posto di lavoro. Sì avete dato soldi, ma a chi e con che criteri?
Prendo atto della sua buona volontà e il futuro dirà se lei vuole davvero riportare la cultura al centro (naturalmente al centro) dell’azione politica. È una frase affascinante che sentiamo ripetere da anni. Se ciò avverrà sarò il primo a riconoscerlo, accetterò premi e ci congratuleremo vicendevolmente. Ma si sbrighi, ho una certa età e non vorrei premi alla memoria.
franceschini si fotografa i piedi
Buon lavoro e chiudo qui,
BENNI FRANCESCHINI dario franceschini
Stefano Benni