I GIORNI CONTATI DI RE GIORGIO – DOMANI, MENTRE RENZI CHIUDE IL SEMESTRE ITALIANO IN EUROPA, IL PRESIDENTE ANDRÀ A SALUTARE I CORAZZIERI – MERCOLEDÌ SI DIMETTERÀ E DOPO 15 GIORNI SI INIZIERÀ A VOTARE PER IL SUO SUCCESSORE

La procedura prevede che la prima lettera di dimissioni arrivi alla Boldrinmeier, che ha l’obbligo di convocare le Camere in seduta comune per l’elezione del nuovo capo dello Stato. La seconda missiva va a Pietro Grasso, che come presidente del Senato inizierà il periodo di supplenza come presidente…

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Antonella Rampino per “la Stampa

 

giorgio napolitano giorgio napolitano

Si apre la settimana in cui Giorgio Napolitano darà le dimissioni. Una procedura studiata in ogni dettaglio, e non solo perché si tratta di delicati passaggi istituzionali nell’«eccezionalità costituzionale», come lui stesso l’ha definita, di un presidente della Repubblica che ha acceduto a un secondo settennato. Non è nemmeno la prima volta che Napolitano si dimette da capo dello Stato, lo fece anche alla fine del primo settennato, per accelerare l’elezione del proprio successore, secondo una procedura prevista che si definisce «di cortesia».
 

Stavolta, nella condizione fuori dell’ordinario di un secondo mandato al quale pone fine per precisa e personale volontà, le dimissioni sono, a termine di regola, il punto a partire dal quale si fissa la convocazione delle Camere in seduta congiunta per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, esattamente quindici giorni dopo.

 

corazzieri corazzieri

A Napolitano, dunque, in questo caso non è possibile fare come Ciampi, che nel maggio del 2006 firmò le proprie dimissioni poche ore prima del giuramento del proprio successore - che era per l’appunto Napolitano - evitando così la reggenza della seconda carica dello Stato (nel caso di un presidente il cui mandato è a scadenza naturale il periodo è di 30 giorni).
 

Domani mattina, mentre il premier Renzi terrà a Bruxelles il suo ultimo discorso da presidente di turno della Ue, Napolitano andrà a salutare i corazzieri, nella caserma Negri di San Front che dista poche centinaia di metri dal Quirinale. Questo ultimo appuntamento segnato sull’agenda presidenziale, di rito prima delle dimissioni, conferma che esse verranno vergate il giorno dopo, come anticipato su queste colonne prima di Natale.

 

Nonostante infatti da Palazzo Chigi continuino a spirare speranze anche solo di qualche giorno d’attesa in più - almeno fino al 20 o giù di lì, quando la legge elettorale potrebbe aver passato il voto a Palazzo Madama - il premier Renzi sa benissimo (secondo un’alta fonte addirittura dal colloquio al Colle del novembre scorso) che Napolitano si dimetterà il 14. 
 

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La lettera di dimissioni verrà recapitata dai motociclisti anzitutto alla presidente della Camera, perché è la carica istituzionale che deve convocare, di lì a 15 giorni, la riunione congiunta a Montecitorio di Camera e Senato per l’elezione del nuovo presidente. Poi la lettera giungerà a Palazzo Madama, e dal momento in cui Pietro Grasso la riceverà inizierà il periodo di reggenza. Il presidente del Senato lascerà l’assemblea nelle mani dei suoi quattro vicepresidenti, e si trasferirà a Palazzo Giustiniani. Ha comunque nella sua piena disposizione gli uffici del Quirinale per l’espletamento delle funzioni supplenti.
 

MATTEO RENZI A BERSAGLIO MOBILE MATTEO RENZI A BERSAGLIO MOBILE

Giorgio Napolitano invece, firmata la lettera di dimissioni, lascerà il Colle. Non è prevista al momento alcuna vacanza, e il suo ufficio da senatore a vita di diritto al secondo piano di Palazzo Giustiniani, lo stesso che fu di Oscar Luigi Scalfaro e che sta giusto accanto a quello di Carlo Azeglio Ciampi, è pronto e attende solo gli ultimissimi scatoloni di carte, in via di completamento: i libri erano già stati trasferiti alla fine del primo settennato, tanto che il Capo dello Stato era stato visto spesso in questi ultimi venti mesi recarsi a consultarli.

 

Poi, Giorgio Napolitano risalirà al Colle per il passaggio di consegne, dopo il giuramento, con il suo successore. Il quale riceverà altre dimissioni: quelle del presidente del Consiglio che, in ottemperanza al principio costituzionale per il quale il capo del governo è scelto e nominato dal presidente della Repubblica, mette il proprio mandato a disposizione del nuovo Capo dello Stato. Sono chiamate, anche queste, «dimissioni di cortesia». Perché vengono respinte.

laura boldrini laura boldrini

 

 

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