LA LEGA DEL VAFFA! ALTRO CHE LUMBARD RIPULITI, SALVINI TORNA AL CELODURISMO BOSSIANO E SCIPPA L’ESCLUSIVA DEL TURPILOQUIO A GRILLO: “VAFFANCULO ALLA CONSULTA!”. E RAITRE LO MANDA IN ONDA, SIA AL TG3 CHE A ‘’BALLARÒ’’ -

Il Tg3, unico in Rai, non bippa l’insulto del segretario leghista ai giudici costituzionali. E da Giannini si replica per tre volte – Quella di Salvini è una caduta di stile programmata e programmatica: calcolata e quasi proposta come fine politico, una controsvolta…

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1 - IL VAFFA DI SALVINI AL TG3 E A “BALLARO’”

matteo salvini matteo salvini

La bocciatura della Consulta sul referendum anti-Fornero ha fatto incazzare il segretario leghista Matteo Salvini come non si era mai visto fino a oggi. Una sconfitta politica pesante. Tutti i tg ne hanno dato conto, ma non tutti alla stessa maniera. Ieri Salvini in sala stampa a Montecitorio ha declamato la sua vibrante indignazione con un sonoro “vaffanculo” ai giudici costituzionali.

 

E quale è stato l’unico tg del servizio pubblico che lo ha mandato in onda? Il Tg3 progressista della rete di sinistra. Sia nell’edizione di pranzo che in quella delle 19. A differenza, ad esempio, di Tg1 e Tg2 che hanno evitato quella parte di sonoro del leader lumbard. Non contenta, la terza rete di Andrea Vianello ha fatto il bis (anzi, il tris) anche in prima serata a “Ballarò”.

 

La trasmissione di Massimo Giannini si è collegata in diretta con una stradina del centro di Roma, dove si svolgeva una cena tra Giorgia Meloni, Giulio Terzi di Sant’Agata e, appunto, Salvini. Un appuntamento giudicato evidentemente imperdibile. Eva Giovannini intervista Salvini, arrivato direttamente da La7 dallo studio di Lilli Gruber. Il segretario, sulla sentenza della Consulta, ripete la sua posizione politica: “Vaffanculo, vaffanculo e ari-vaffanculo”. Nessuno lo ferma o prende le distanze, né la giornalista né il conduttore, tanto che deve intervenire Il ministro Maurizio Lupi: “Detto questo, Giannini, non è che possiamo andare avanti in questo modo…”.

matteo salvini imam matteo salvini imam

 

2 - SE IL TURPILOQUIO DIVENTA PROGRAMMA POLITICO

Marco Demarco per “Il Corriere della Sera”

 

Non c’è rabbia o delusione che tenga. Salvini sapeva benissimo che ieri ci sarebbe stato il giudizio della Consulta sull’ammissibilità del referendum da lui proposto, quello sull’abrogazione della legge Fornero. E sapeva benissimo che dalla Corte poteva venire o un sì o un no. Aveva dunque tutto il tempo per prepararsi. Avrebbe potuto scegliere le parole, i concetti, le espressioni del volto, e perfino la felpa da indossare. E invece no.

 

MATTEO SALVINI 2 MATTEO SALVINI 2

Ha accennato, è vero, al tema di una democrazia che senza Senato, corpi intermedi e referendum è sempre più esposta al rischio del bonapartismo, dell’uomo solo al comando: nel caso specifico, Renzi, accusato di aver orientato con una telefonata i decisori. Ma in sostanza, Salvini ha risposto col turpiloquio. E lo ha fatto senza avere la leggerezza di un Alberto Sordi, che in un lontano Sanremo seppe mandare tutti a quel paese con una deliziosa canzoncina. Qui la musica e le parole sono state ben diverse.

 

Al no della Corte, da molti previsto, il leader della Lega ha risposto prima con un inflazionato «vaffa...!», poi con uno sciatto «sono incazzato», e un minaccioso «me ne fotto». Troppo, perfino per uno che ha Bossi come maestro e Grillo come concorrente. Troppo anche per essere un turpiloquio spontaneo, dettato dal momento, e dunque in parte giustificabile. Il troppo in questione non è solo volgare. È anche sospetto, perché è fuori tempo, esibito con compiacimento. È una caduta di stile programmata e programmatica: calcolata e quasi proposta come fine politico.

SALVINI CON LA MAGLIETTA E IL LOGO NOI CON SALVINI 5 SALVINI CON LA MAGLIETTA E IL LOGO NOI CON SALVINI 5

 

Chiusa la strada referendaria alla rappresentanza degli esodati, si tenta, forse, quella dell’indignazione tout court. Il «vaffa...» anticostituzionale di Salvini è quasi una controsvolta. Viene pronunciato proprio da chi ha portato la Lega lontano dal «celodurismo», fino a farne un partito nazionale e moderatamente lepeniano, se si considera il no alla pena di morte.

 

Perché, allora, correre proprio ora il rischio di travalicare i confini stessi del populismo, lì dove non c’è che il plebeismo della parolaccia al posto del concetto, dell’insulto al posto del ragionamento politico? «Le parole non sono cani, che tu fischi e loro ritornano», diceva Sciascia. È un insegnamento che i leader dovrebbero sempre tenere a mente. Purtroppo, invece, la crisi della politica si può valutare anche vocabolario alla mano.

UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 4 UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 4 UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 3 UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 3

 

 

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