renzi mazzoncini

LA LOTTI-ZZAZIONE CORRE SUL BINARIO - RENATO MAZZONCINI E GIOIA GHEZZI PIAZZATI AL VERTICE DELLE FERROVIE. IL CDA RESTA LO STESSO, MA DIVENTA A MAGGIORANZA RENZIANA. LA MINORANZA RESTA IN QUOTA ALFANO, O MEGLIO LUPI, VISTO CHE I SUOI UOMINI RESTANO. INVECE DELRIO RESTA ESCLUSO DALLE DECISIONI

1. FS, LOTTI DETTA LA LINEA A DELRIO IL NUOVO CDA È DI RENZI (E LUPI)

Carlo Di Foggia per ''il Fatto Quotidiano''

 

RENATO MAZZONCINI CON  NARDELLARENATO MAZZONCINI CON NARDELLA

Rapidi", ha detto ieri Graziano Delrio. Rapidi, sono stati rapidi, i tempi: poco più di 30 ore dopo le dimissioni di tutto il cda delle Ferrovie, una nuova assemblea convocata all' istante (l' azionista è unico: il Tesoro) ne ha nominato uno nuovo, che poi è lo stesso di prima, fatta eccezione per un consigliere (Vittorio Belingardi Clusoni), ma soprattutto per l' ad Michele Elia e il presidente Marcello Messori: i due motivi del ribaltone al vertice del colosso di Stato.

MAZZONCINIMAZZONCINI

 

Sostituiti da Renato Mazzoncini e Gioia Ghezzi. Il cda passa così da 9 a 7 membri: restano Daniela Carosio, Giuliano Frosini, Simonetta Giordani e Federico Lovadina e Wanda Ternau. Rapidi, si diceva. Ma non coesi.

 

Proprio la decisione di confermare tutti i nomi ha impedito a Delrio, subentrato nell' aprile scorso al ministero al posto di Maurizio Lupi, ma in rotta con Renzi, di scegliersene due fidati. Per una prassi informale - mai scritta ma rispettata - infatti, al ministero dei Trasporti spetta l' indicazione di due consiglieri. Delrio ha invece dovuto subire la riconferma dei membri scelti a suo tempo dal predecessore ciellino, dimessosi in seguito all' inchiesta di Firenze che ha travolto il "sistema" di Ercole Incalza, l' ex dirigente e consulente del ministero che comandava dall' alto della sua poltrona la Struttura tecnica di missione.

gioia ghezzigioia ghezzi

 

Lupi non c' è più, i suoi uomini restano. Che sarebbe andata a finire così, a Delrio è stato fatto capire fin da subito, rapidamente, per così dire. Il messaggio è stato chiaro: non si tocca nulla. Il mittente è Palazzo Chigi, il postino il plenipotenziario di Renzi per questioni di poltrone, Luca Lotti, che ha recapitato la decisione.

 

Facciamo un passo indietro. Un anno e mezzo fa - si era nel maggio 2014 - Matteo Renzi sceglieva la via drastica per i vertici delle Fs: doveva solo sostituire l' ad Mauro Moretti, da lui spostato in Finmeccanica, con Elia (fedelissimo del vecchio capo azienda). E invece decise di azzerare l' intero cda, far fuori il vecchio presidente, il lettiano (nel senso di Gianni) Lamberto Cardia, quasi raddoppiando da 5 a 9 il consiglio: i vertici, 5 fedelissimi, più due scelti da Lupi.

 

matteo renzi graziano delriomatteo renzi graziano delrio

I suoi consiglieri sono una donna e un uomo: Daniela Carosio, una vita alla relazioni esterne del gruppo, moglie di Luigi Vianello, ex Mediobanca e Generali, oracapo delle relazioni istituzionali di Salini Impregilo, il gruppo delle costruzioni che chiede penali miliardari a Palazzo Chigi per il Ponte sullo Stretto; e Giuliano Frosini, manager di rito bassoliniano, ex potente lobbista di Lottomatica, capo degli affari istituzionali di Terna, il gestore della rete elettrica nazionale a cui le Fs hanno provato a vendere la propria rete senza successo.

 

LUPI RENZILUPI RENZI

A completare la quota di "relazioni istituzionali", Simonetta Giordani, lunga esperienza in Atlantia-Autostrade della famiglia Benetton, ex sottosegretaria nel governo di Enrico Letta in quota Renzi. Ai fedelissimi del premier va ascritto anche Federico Lovadina, nominato dal Matteo sindaco in una partecipata fiorentina. Tributarista, ha iniziato la sua carriera insieme al ministro Maria Elena Boschi nello studio Tombari, crocevia maestro del renzismo.

 

simonetta giordani nicola maccanico myrta merlino copiasimonetta giordani nicola maccanico myrta merlino copia

La quasi riconferma del cda è l' ultima tappa di una serie di attriti sotterranei tra Lotti e Delrio iniziati a Palazzo Chigi, dove poi il braccio destro renziano ha provato invano a portare la Struttura tecnica di missione, sfilandola al Mit dell' era post Lupi.

 

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoan

Ma è anche il riflesso delle scintille divampate in questi mesi intorno alla privatizzazione delle Ferrovie, dove si sono confrontate due visioni opposte: quella di Padoan-Renzi - vendita del 40% in blocco per portare a casa 4 miliardi circa - di cui s' è fatto interprete passivo l' ad Elia, e quella del presidente Messori, favorevole a una profonda ristrutturazione del gruppo, cedendo asset non strategici (tipo gli immobili) prima di provvedere alla quotazione in Borsa, scorporando però la rete.

 

MICHELE 
ELIA
MICHELE ELIA

Quest' ultimaè stata sposata in pieno da Delrio, mai convinto dalla fretta di Renzi di far cassa subito: l' operazione era prevista prima a fine 2014, poi a fine 2015, ora slitterà a fine 2016, nonostante i buoni propositi con cui il governo ha licenziato in via preliminare un decreto ministeriale dove Delrio ha spuntato il mantenimento in mano pubblica della rete. Scelta obbligata visto che vale a bilancio 35 miliardi, e se non veniva sfilata si sarebbe proposto al mercato a 4 miliardi per il 40% (cioè 10 di valore in tutto), un' azienda che ha un patrimonio di 40.

 

MARCELLO MESSORIMARCELLO MESSORI

Lo scontro tra Elia e Messori ha paralizzato il governo dell' azienda. Renzi ha così deciso di rispolverare il suo vecchio piano e portare il suo pupillo Mazzoncini. Ad di Busitalia, controllata delle Fs, Mazzoncini trattò nel 2012 con l' allora sindaco di Firenze la "privatizzazione" dell' Ataf (di cui è presidente e dove siede anche Lovadina), l' azienda tranviaria fiorentina, ceduta da un Comune allo Stato. Alla presidenza, arriva Gioia Ghezzi, laureata in Fisica teorica, già membro del cda con un passato in McKinsey.

 

 

2. L' IRRITAZIONE DI ALFANO PER L' IMPROVVISO RIBALTONE

Andrea Ducci per il ''Corriere della Sera''

 

Quello uscito ieri sulle Fs è un poker renziano. Le nomine al vertice delle ferrovie lasciano con l' amaro in bocca l' alleato di governo Angelino Alfano. Il leader di Ap (Alleanza popolare) aveva rivendicato il suo ruolo nelle nomine, ma raccoglie poco. Nel nuovo consiglio di amministrazione di Fs c' è ora una chiara maggioranza renziana (4 consiglieri su 7), a differenza del precedente. E ciò condizionerà anche le prossime importanti nomine ai vertici delle controllate.

LUPI E ALFANO LUPI E ALFANO

 

Ad accomunare il nuovo amministratore delegato, Renato Mazzoncini, e il presidente, Gioia Ghezzi, è l' avere sciacquato i panni in Arno durante la stagione in cui Renzi era sindaco di Firenze. Entrambi hanno il merito di essersi configurati come problem solver agli occhi dell' allora primo cittadino. Mazzoncini, ingegnere classe 1968, si è conquistato la fiducia risolvendo, in tempi rapidi, il passaggio di proprietà della municipalizzata Ataf dal comune a BusItalia-Sita Nord (gruppo Ferrovie).

 

Un' operazione necessaria per sollevare il bilancio di Palazzo Vecchio dal peso dell' azienda di trasporto pubblico, trasferendola alla controllata di Ferrovie, dove Mazzoncini era amministratore delegato.

 

ARRESTO DARIO LO BOSCOARRESTO DARIO LO BOSCO

Il neo presidente Ghezzi, forte di una duplice laurea e in veste di consulente Mckinsey, si è assicurata la stima di Renzi elaborando un piano per la sicurezza stradale del valore di 50 milioni di euro destinato al Comune di Firenze. Tra i meriti, forse, pure quello di essersi prestata a lavorare gratis. La matrice del nuovo consiglio di amministrazione, che Renzi vuole più coeso del precedente, è confermata, dalla presenza di Simonetta Giordani, organica all' entourage del premier, e di Federico Lovadina, avvocato trentacinquenne con trascorsi nello studio legale Tombari di Firenze. Lo stesso dove ha lavorato a lungo il ministro Maria Elena Boschi.

 

ARRESTO DARIO LO BOSCOARRESTO DARIO LO BOSCO

Nei prossimi giorni nella galassia Ferrovie scatterà un risiko per le nomine in Trenitalia, Grandi Stazioni (l' ex ad, Michele Elia, è il presidente), BusItalia (Mazzoncini lascerà il ruolo di ad) e Rfi. Al liberare il posto di presidente in quest' ultima è stato poche settimane fa Dario Lo Bosco, alfaniano finito agli arresti domiciliari per tangenti.

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - "LA STAMPA"  DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI...

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?