1. QUEI TWEET RILANCIATI DALLA TOGA: NON HO MAI VOLUTO DUE MAMME
Alessandra Arachi per il “Corriere della Sera”
Non ha passato molto tempo a palazzo Spada, Carlo Deodato. L' estensore della sentenza sui matrimoni omosessuali registrati in Comune è stato consigliere di Stato soltanto per due anni all' inizio della sua carriera, nel 2001. E poi un altro anno adesso, da quando ha lasciato gli uffici della presidenza del Consiglio per l' arrivo di Matteo Renzi.
Era stato infatti il presidente del Consiglio Enrico Letta a nominare Deodato capo dipartimento degli Affari legislativi di Palazzo Chigi, un posto che il consigliere prestato alla politica (è passato anche attraverso i governi di Silvio Berlusconi) ha quindi lasciato trascinandosi però dietro non poche polemiche. Giurista cattolico, si autodefinisce Deodato sul social network che lo ha catapultato nell' occhio del ciclone. Perché sono stati in tanti ieri a scorrere avanti e indietro i suoi post su Twitter in difesa della famiglia tradizionale e contro le nozze gay.
Meglio, i suoi retweet. Ce ne sono diversi scritti da gruppi ultra-cattolici. Quello del 25 aprile, ad esempio: a tutta pagina la foto delle «Sentinelle in piedi», con scritto: «La nuova #resistenza si chiama difesa della famiglia». O quello di Tempi , del 5 maggio scorso: «#Gender a scuola. L' emendamento del Pd e le firme per fermarlo».
O anche quello di «Manif pour tous», del 5 aprile: «Non volevo due mamme, ho sempre voluto una mamma e un papà».
Una rassegna web che ha scatenato una ridda di polemiche per tutta la giornata, in testa quelle della comunità omosessuale. Ma il consigliere Carlo Deodato non si è scomposto, ha replicato con un' alzata di spalle: «Non uso mai Twitter, avevo aperto il profilo tempo fa e mi ero anche dimenticato di averlo». È del 10 giugno scorso l' ultimo tweet postato sull' account di questo giudice che non ne vuole sapere di entrare nel merito delle polemiche: «Ho solo applicato la legge in modo a-ideologico e rigoroso», dice. E poi spiega: «Ho lasciato fuori le convinzioni personali, che non hanno avuto alcuna influenza».
Manif pour tous, le Sentinelle in piedi, Tempi , Pro vita: tutti i gruppi retwittati dal consigliere Deodato sono da sempre in prima linea per contrastare non soltanto le nozze omosessuali ma anche il disegno di legge sulle unioni civili in discussione al Senato.
Sono proprio questi gruppi che il 20 giugno scorso hanno organizzato a Roma una manifestazione nella piazza di San Giovanni per opporsi apertamente alla legge sulle unioni civili omosessuali.
«La sentenza del Consiglio di Stato è collegiale e invece vedo che attaccano soltanto me», si difende il consigliere Deodato, prima di spiegare: «Noi abbiamo ritenuto che tecnicamente la trascrizione delle nozze gay celebrate all' estero fosse illegittima e che quindi il prefetto di Roma avesse il dovere di annullarle».
Non ha dubbi il giurista cattolico, padre di due figli, quarantotto anni, che in politica per la prima volta è entrato nel 2003 come consigliere giuridico di Maurizio Gasparri, l' allora ministro delle Comunicazioni del secondo governo Berlusconi. Carlo Deodato difende a spada tratta la sentenza che è andata contro la trascrizione dei matrimoni omosessuali. E alla fine taglia corto: «Tutto il resto sono illa-zioni che non mi interessano.
Io faccio il giudice dal 1992 in scienza e coscienza. La decisione che abbiamo preso è sicuramente quella più coerente con l' ordinamento giuridico italiano. La sentenza bisogna giudicarla sul piano tecnico e giuridico e invito chi mi critica a leggerla» .
2. DEODATO: “MI ACCUSANO SOLO PERCHÉ SONO CATTOLICO SE VOGLIONO I MATRIMONI, CAMBINO LA LEGGE”
Liana Milella per “la Repubblica”
Carlo Deodato “cede” a questo colloquio dopo molte insistenze. «Sono stato educato, come magistrato e figlio di magistrato, a parlare solo attraverso i provvedimenti giurisdizionali e a non commentare con la stampa il merito delle decisioni che assumo in sede collegiale». Fa un’eccezione solo perché ritiene «necessario chiarire il ruolo e la funzione del giudice».
La sua giornata è stata pesante e ora dice: «Non posso nascondere una certa amarezza per i violenti attacchi personali che mi sono stati rivolti. Ma resto comunque sereno perché ritengo di aver fatto il mio dovere». Carlo Deodato ha 48 anni, è magistrato del Consiglio di Stato dal 2000. Prima è stato giudice penale, civile e del Tar. Dal 2001 ha collaborato con tutti i governi, da Prodi a Berlusconi a Monti per finire con Letta.
matrimoni nozze gay lgbt mappa europa
Se l’aspettava una bufera come quella di oggi?
«No, perché ritengo che la decisione assunta sia tecnicamente e giuridicamente corretta, senza alcun inquinamento ideologico. Le accuse che mi sono state indirizzate sono tutte riferite a un mio presunto pregiudizio ideologico, ma non al merito della decisione, che invito tutti a leggere con animo sereno e distaccato ».
Che cosa ha provato quando ha visto uscire sui siti web la notizia che, da cattolico, aveva scritto questa sentenza?
«Sono rimasto molto sorpreso in quanto su questo punto il Consiglio di Stato si è limitato a confermare quanto aveva già stabilito il Tar del Lazio, nei confronti del quale non mi ricordo che siano state formulate le medesime critiche...».
Beh, certo, nessuno in quel caso ha scoperto che il giudice estensore aveva espressamente dichiarato su Twitter di essere cattolico.
«La ringrazio di questa osservazione perché mi consente di precisare che le opinioni personali e la formazione culturale che appartengono a ogni giudice, e che possono essere espresse in diverse forme, non incidono in alcun modo sull’esercizio della funzione giurisdizionale. Un buon giudice è quello che applica la legge assumendo decisioni coerenti con essa, senza farsi in alcun modo condizionare dai propri convincimenti di ordine politico, morale, o religioso».
Com’è possibile che un giudice, quando valuta un fatto, possa tenere del tutto fuori le sue convinzioni, l’essere cattolico nel suo caso?
«È molto più semplice di quello che si pensi. Basta limitarsi a identificare la norma di legge che disciplina la fattispecie in questione e provvedere alla sua rigorosa applicazione. Con questo modus procedendi non esiste il rischio che le convinzioni personali possano inquinare la correttezza del giudizio. Aggiungo che le decisioni del Consiglio di Stato sono assunte da un collegio di 5 magistrati, in modo da limitare al massimo il rischio che eventuali condizionamenti personali possano inficiare la correttezza della decisione».
Il fatto che nel collegio ci fosse più di un cattolico, a partire dal presidente Giuseppe Romeo, non ha determinato la sorte della causa?
«Premesso che al di fuori del presidente ignoro le convinzioni religiose degli altri componenti del collegio, ritengo che la decisione assunta fosse l’unica possibile in quanto l’unica rispettosa dell’ordinamento giuridico in vigore in Italia».
Sta dicendo che per una sentenza diversa doveva esistere una legge diversa?
foto del family day twittata da lorella cuccarini
«Esatto. Come abbiamo chiarito nella sentenza la responsabilità politica della disciplina giuridica delle unioni tra persone dello stesso sesso spetta in via esclusiva al Parlamento italiano. Né ai giudici italiani, né alle Corti internazionali ».
Quindi se il governo non fa una legge sulle unioni civili, dopo questa sentenza ce ne potranno essere altre identiche o simili?
«Questo non sono in grado di prevederlo. Ma ritengo che la nostra sia stata la decisione più corretta e coerente con la legislazione vigente. Mi pare improprio affidare ai giudici la soluzione di una questione tutta politica, e non certo giudiziaria».
Visti i suoi convincimenti non ha pensato di astenersi?
«No, perché mi sono sentito sereno e imparziale nell’esaminare la questione giuridica che mi è stata affidata».
Lei appare come un magistrato prudente. Come mai ha affidato a Twitter affermazioni che hanno svelato le sue convinzioni personali?
«In realtà io non ho fatto alcuna dichiarazione. Mi sono limitato a sporadici interventi di condivisione di altri messaggi che, ripeto, non hanno in alcun modo influenzato il mio giudizio».
Ora come si sente? Riscriverebbe quella sentenza?
«Mi sta chiedendo se sono disposto a cambiare idea per il solo fatto che la sentenza non è piaciuta ad alcune persone? Allora sì che non sarei un buon giudice. La riscriverei esattamente così. Mi resta però una profonda amarezza per gli attacchi personali molto violenti che non penso di meritare, ma mi auguro che questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale e soprattutto a chiarire che la soluzione alla questione della disciplina delle unioni omosessuali non deve essere chiesta al giudice, ma alla politica».
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