1. MENTRE SILVIO SI CONSOLA CON “DUDINA”, LA FIDANZATA DI DUDÙ, FITTO GLI FA LA GUERRA: VUOLE LE PRIMARIE COME RENZI E PURE LA DIRETTA STREAMING COME GRILLO! 2. IL BANANA L’HA AZZITTITO: “BASTA, È UN DIBATTITO STERILE CHE NON PORTA DA NESSUNA PARTE”, MA L’EX GIOVANE MINISTRO TORNA SUBITO ALL’ATTACCO. PER ORA È SOLO RIUSCITO A RICOMPATTARE IL PARTITO IN CRISI INTORNO AL SUO CARO LEADER 3. CONDANNATO, SPEDITO AD ACCUDIRE GLI ANZIANI, RIMBAMBITO DALLA PASCALE? NON IMPORTA. IL BANANA È L’UNICO CHE PUÒ METTERE SOLDI NEL BUCO NERO DI FARSA ITALIA 4. GIÀ PERCHÉ LE CASSE DEI PARTITI SONO VUOTE: IL PD HA DEBITI PER 9-10 MILIONI, LA LEGA È A SECCO DOPO BELSITO. E NEL 2017 SI CHIUDE COL FINANZIAMENTO (FORSE)
1. A CASA DI SILVIO BERLUSCONI ARRIVA DUDINA: LA COMPAGNA DI DUDÙ
Da “Libero Quotidiano”
Non sorprende che anche Dudù come il suo padrone - Silvio Berlusconi - è sempre al centro di appassionanti corteggiamenti, gossip sorprendenti e voci incontrollate. In principio c'è stata Puggy, cagnolina di un anno e mezzo che di cognome fa Biancofiore: "Il mio miglior amico è Dudù - aveva dichiarato a Liberotv -, siamo cresciuti insieme e ci vogliamo molto bene. Mi corteggia, ma io me la tiro!".
Si sa, l'amicizia tra maschio e femmina è un falso mito e a furia di "tirarsela" Puggy rischia di rimanere con un palmo di muso. A minare le aspirazioni della cagnetta è piombata a casa Berlusconi quella che l'onorevole Michela Vittoria Brambilla ha già ribattezzato la nuova fidanzatina di Dudù: Dudina, una barboncina tutta bianca e riccioluta che stando alle foto esclusive di Libero è già entrata nei cuori della coppia Silvio-Francesca.
2.BERLUSCONI: BASTA PARLARE DI PRIMARIE MA FITTO NON CI STA. E SCEGLIE LO SCONTRO
Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
La bomba è esplosa, e non poteva essere altrimenti. Troppa tensione nell’aria, troppe stilettate reciproche, troppi furori accumulati dopo la sconfitta perché lo scontro tra le anime di FI non diventasse pubblico, esplicito, violento. Con Silvio Berlusconi che scende in campo per rimettere in riga Raffaele Fitto che, nell’intervista al Corriere della Sera , aveva rilanciato una parola quasi tabù nel partito azzurro: servono «le primarie» interne, basta scelte dall’alto, fossero anche quelle dell’ex Cavaliere.
Parole che sono state lette come un attacco al cuore del partito, allo stesso leader al quale pure l’ex ministro aveva chiesto di guidare lui, da capo riconosciuto, il passaggio a un nuovo modello di partito. Ma Berlusconi, già irritato per aver dovuto, proprio per l’opposizione di Fitto in Ufficio di presidenza, rimandare decisioni che considerava già prese — il varo dei congressi cittadini e provinciali, l’operazione di scouting «mille azzurri» da affidare al fedelissimo Toti e a Cattaneo — ieri mattina ha reagito molto male all’invito di Fitto. E ha diramato una nota dura che apre uno scontro frontale con l’ex governatore pugliese: «Chiedo a tutti di non proseguire con uno sterile dibattito a mezzo stampa sulle primarie e a non contribuire così all’immagine negativa che i media ostili costruiscono ogni giorno a nostro danno».
raffaele fitto silvio berlusconi
Se doveva essere il modo di ridurre al silenzio Fitto o di costringerlo a una marcia indietro, però, non è stato efficace. Perché il neoparlamentare europeo ha subito replicato: «Quello che fa male al nostro movimento, non è certamente il libero dibattito di idee, condotto da chi come me lo fa lealmente, ma la piccola dose quotidiana di falsità e veleni che alcuni mettono in circolo da troppo tempo», la premessa. Per poi comunicare che una «proposta» di primarie sarà presentata al prossimo ufficio di presidenza, del quale si chiede addirittura la trasmissione in streaming, per assicurare «trasparenza».
LA CASA DELLE LIBERTA FINI CASINI FITTO BUTTIGLIONE BOSSI BERLUSCONI
È insomma un muro contro muro che difficilmente vedrà una composizione quello che spacca FI, con forze in campo però piuttosto squilibrate. Perché con accanto Berlusconi, e contro Fitto, ci sono gran parte dei big del partito: oltre a Toti, i capigruppo, Gelmini, Verdini, Santanché, Tajani, ma anche Gasparri, Matteoli e tanti altri che in Ufficio di presidenza formano una maggioranza netta. Con il «ribelle» si schierano da Carfagna a Capezzone a Saverio Romano alla Polverini, ma con numeri che non permetterebbero mai un rovesciamento di fronte.
Si annuncia quindi, a oggi, la presentazione (da decidere se a nome di Berlusconi o affidato ai suoi) di un documento che delle primarie non avrà traccia, ma che ribadirà l’apertura di un percorso «democratico» del partito attraverso i congressi e di «rinnovamento» attraverso la ricerca di facce nuove. D’altra parte, è lo stesso Berlusconi ad assicurare che il confronto ci sarà, che lui farà la sintesi, e che comunque il «cambio di passo necessario» non potrà avere al centro gli organigrammi.
Racconta chi gli ha parlato che l’ex premier «certo non teme la sfida di Fitto», che anziché dividerlo «ha ricompattato quasi tutto il partito»: «In FI comando io, nessuno si può permettere di indire primarie finché ci sono io. Le preferenze? C’erano anche ai tempi di Mr Vito, non significano niente... ». Insomma, non sarà concessa a Fitto, che «finora era sempre stato contrario alle primarie, e lo fu anche quando le chiese Alfano», la «prova di forza che vorrebbe, anche se qualunque candidato io scegliessi, vincerebbe a man bassa».
Ma Fitto non sembra spaventato. E a chi nel partito si chiede quale sia davvero il suo obiettivo, visto che «mettersi contro Berlusconi è una scelta folle», Fitto replica solo che andrà avanti a testa bassa e che mai farà il favore di lasciare il partito. Piuttosto, si capisce che il ruolo che potrebbe di fatto acquisire se si andasse a un voto interno sarebbe quello del capo di una minoranza strutturata (dicono da FI del «25% al massimo»), ma gli amici dell’ex governatore ricordano che «anche Renzi è partito facendo la minoranza, e poi...».
Insomma, le ambizioni non mancano. Tanto più in un momento in cui tutto sembra in movimento. Angelino Alfano, in un’intervista alla Stampa , ha aperto ieri a un nuovo dialogo con FI e Lega. Dagli azzurri l’attenzione è d’obbligo, ma sul fatto che sia l’ex delfino a guidare le danze c’è scetticismo: «Vedremo, abbiamo un sacco di tempo prima di votare. Alfano si è mosso perché sa che altri amici suoi lo stanno facendo autonomamente con noi, scavalcandolo... Parleremo, ma le carte le diamo noi», dicono con distacco dalle parti di Arcore.
3.NEI PARTITI CRESCE LA TENSIONE PER LE CASSE VUOTE
Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera”
Che tirasse una brutta aria si sapeva da tempo. Se n’era accorto l’ex tesoriere del Pd Antonio Misiani, che annunciando di aver dovuto stringere la cinghia, un anno fa aveva fatto venire i brividi a qualcuno con una battuta alla Zanzara di Radio24 : «L’ultima cosa che farò è licenziare…». Già: l’ultima. Soprattutto se n’era accorto, eccome, il tesoriere del Popolo della Libertà (quando quel partito esisteva ancora), Rocco Crimi, che qualche mese prima aveva dovuto spedire una letteraccia agli eletti. Parlamentari e consiglieri regionali si erano impegnati a versare nelle casse del partito rispettivamente 800 e 500 euro al mese, ma molti di loro facevano il pesce in barile.
Risultato, alla fine del 2011 c’erano 4,6 milioni di arretrati. Forse pensavano che qualcuno prima o poi avrebbe provveduto a tappare il buco. E chi, se non il capo, colui che i soldi li aveva sempre tirati fuori senza battere ciglio? Una valanga, come risulta dai bilanci di Forza Italia, che negli ultimi cinque anni prima di risorgere aveva accumulato perdite per 149 milioni e debiti per 61. Il tutto, coperto da una fideiussione personale di 174 milioni. Di chi? Ma del Cavaliere, ovvio. Le spese correvano senza freni, anche dopo.
Tanto che Crimi, di fronte all’eventualità di rinunciare alla seconda tranche di finanziamento prevista per il 2012, per destinarla ai terremotati emiliani, veneti e lombardi, per poco non ebbe un mancamento. Sfido: molto prima di incassarli, quei soldi li aveva già tutti scontati in un istituto di credito. Addirittura nel 2009. E adesso, eravamo nel 2013, chi avrebbe tirato fuori i 20 milioni che sarebbero mancati all’appello per renderli alla banca?
Il bello è che allora i famigerati rimborsi elettorali che avevano ingozzato i partiti per tanti anni erano stati soltanto dimezzati. Ma ben presto sarebbe arrivata la pur discutibile (per certi aspetti) legge che invece li avrebbe azzerati del tutto entro il 2017. Nonostante questo le macchine dei partiti hanno continuato a bruciare risorse ben più rilevanti delle reali disponibilità. A sinistra come a destra.
L’agenzia Adnkronos ha rivelato che «i debiti ereditati dalla gestione Bersani ammonterebbero a circa 9-10 milioni, a fronte del 7 previsti finora». Giovedì il consiglio federale della Lega Nord, gestione Matteo Salvini, ha preso atto che le casse del partito sono vuote: bei tempi, quando Francesco Belsito investiva i rimborsi elettorali in diamanti, lingotti d’oro e fondi offshore. Mentre Silvio Berlusconi avrebbe fatto sapere che da vent’anni a questa parte si è svenato fin troppo.
FLAVIO TOSI MATTEO SALVINI ROBERTO MARONI jpeg
Tommaso Labate ha raccontato su questo giornale che l’avventura politica sarebbe costata al Cavaliere qualcosa come 98 milioni: ben oltre metà della fideiussione da 174 milioni prestata alle banche. Ma se investire tutti quei soldi poteva forse essere giustificato dal suo punto di vista quando c’era in ballo Palazzo Chigi, ora le cose sono radicalmente cambiate. L’anziano leader, azzoppato dalla condanna per frode fiscale e sotto la spada di Damocle delle altre inchieste giudiziarie, guida ormai il terzo partito italiano, che alle Europee del 25 maggio ha raggranellato appena il 40 per cento dei voti conquistati dal Pdl alle vittoriose elezioni politiche del 2008.
E a lui giocare in difesa non è mai piaciuto tanto. Aggiungiamo che i conti delle aziende di famiglia non sono più così brillanti come in passato e il quadro è completo. La situazione, insomma, potrebbe essere ancora più difficile di quanto non appaia: circolano persino voci di qualche difficoltà nel pagamento degli affitti per i locali occupati dal partito di Berlusconi a palazzo Grazioli.
La verità è che gli allarmi lanciati più volte dai tesorieri in questi ultimi due anni sono caduti quasi sempre nel vuoto. E quando si è deciso di tagliare, non si è tagliato abbastanza. Pochi mesi fa il Cavaliere ha inaugurato la nuova sede di Forza Italia nella centralissima piazza San Lorenzo in Lucina, a Roma, celebrata dal Giornale di famiglia con un articolo nel quale si descrivevano ambienti sfarzosi, come «quello che è stato rinominato il Salone degli Specchi, 150 metri quadrati di stucchi, lampadari di cristallo, soffitti affrescati o a cassettoni d’epoca…».
Passi che il costo di quei locali prestigiosissimi della «Roma ladrona», per dirla con i più virili esponenti del partito di Roberto Calderoli, che da ministro della Semplificazione li occupava senza un lamento, sia di «appena» un milioncino l’anno, contro i 2,8 milioni della sede precedente in via dell’Umiltà. La domanda è se quella somma, oggi, è compatibile con la nuova realtà finanziaria. Interrogativo più che legittimo, se per pagare stucchi e lampadari di cristallo Denis Verdini propone una piccola tassa di 50 euro l’anno a carico di ciascun militante. Ed è una domanda da girare anche al Pd, che paga per la sede di via del Nazareno, subaffittata dalla Margherita ormai defunta dell’ex tesoriere Luigi Lusi, qualcosa come 1,3 milioni l’anno.
LA NUOVA SEDE DI FORZA ITALIA A SAN LORENZO IN LUCINA
Il fatto è che il taglio dei finanziamenti pubblici non è stato preceduto, come invece doveva essere in tutti i partiti, da un serio piano di ridimensionamento degli esborsi cresciuti in modo abnorme negli anni della corsa all’oro. E non parliamo soltanto degli apparati, ma anche delle spese elettorali: che continuano a galoppare.
Da un sistema politico che a distanza di 65 anni non è ancora stato in grado di dare applicazione all’articolo 49 della Costituzione, stabilendo i paletti entro cui i partiti possono e devono muoversi, è difficile però pretendere tanto. C’è solo da sperare che non finisca tutto in caciara, magari con qualche leggina ad hoc per salvare i bilanci in rosso. Un film, purtroppo, che abbiamo già visto.
LA NUOVA SEDE DI FORZA ITALIA A SAN LORENZO IN LUCINA