TRA I NEMICI DI RENZI, PRENDE QUOTA L’IDEA DELRIO (STIMATO DA NAPOLITANO E MATTARELLA) PER UNA “STAFFETTA” A PALAZZO CHIGI - INTANTO IL “GIGLIO MAGICO” PERDE I PEZZI: INTORNO A RENZI C'È SOLO LUCA LOTTI VISTO CHE PEROTTI E ANDREA GUERRA HANNO PRESO LE DISTANZE
Alberto Statera per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Cupo destino per i cerchi magici. Da quello antico di Bossi al più recente di Berlusconi, in un' alternanza continua di nani e ballerine, come diceva Rino Formica della corte di Craxi. Non fa eccezione il giglio magico di Matteo Renzi, che nel giro di un anno è stato già rivoluzionato più volte, soprattutto allontanando i non toscani.
Luca Lotti, antico sodale del premier, è ormai l' unico gran visir ottomano che presidia palazzo Chigi nell' anticamera di influssi all' orecchio del potente. Graziano Del Rio, il composto endocrinologo di Reggio Emilia, che doveva essere il Gianni Letta di Renzi (pur essendo di pasta assai migliore) è stato scaricato la scorsa primavera al ministero delle Infrastrutture a confrontarsi con scandali quotidiani, malaffare, frane, alluvioni, eterne incompiute.
Non essendo un gregario di natura ("Io sono Graziano", replica a chi lo definisce renziano) ha il difetto di dire al capo, che non disdegna gli yesman, quel che pensa. E quel che pensa è diventato via via più trasgressivo rispetto al giro stretto del giglio magico. Il ponte sullo stretto di Messina? Non è una priorità. Il Tfr in busta paga? Inutile. Marino? Non dovrebbe fare un passo indietro.
Il pagamento di 3.000 euro in contanti? Sbagliato. Il tutto detto chiaro, ma con bon ton. L'asimmetria con Renzi è però diventata una voragine col progetto del partito della nazione e la cooptazione di fatto, con i buoni uffici di Lotti, di Denis Verdini, un personaggio con il quale è pericoloso persino prendere un caffè.
"Tra me e Renzi - disse quando ancora presidiava palazzo Chigi - c' è la differenza che c'è tra la fisica newtoniana e la fisica quantistica. Lui fa politica quantistica". Il modello di Delrio è Giorgio La Pira, l'antico sindaco santo di Firenze, terziario domenicano e francescano, il parroco della sua chiesa domenicale è il nipote di Giuseppe Dossetti, tra i fondatori della Democrazia cristiana.
Vederlo in un partito della nazione accanto al bancarottiere di Fivizzano sarebbe una cosa innaturale e lui l' ha detto: "Se qualcuno ha in testa il partito della nazione ne voglio discutere. Se è una marmellata io ne resterei fuori". Tutto ciò è bastato a collocarlo tra i gufi farisei da cui il presidente del Consiglio si sente assediato. Che insieme a lui allinea ormai nell' immaginario renziano Matteo Richetti, Angelo Rughetti, Andrea Orlando e Lorenzo Guerini.
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Quanto al giro esterno del giglio magico, sembra la porta girevole di un hotel: gli ultimi a lasciare sono stati l' economista Roberto Perotti, il manager Andrea Guerra e, per tornare alle origini, i commissari alla spending review Enrico Bondi e Carlo Cottarelli.
Ormai si parla di una corrente dei cattorenziani e, non si sa se per bruciarlo, di una possibile strategia per un premier alternativo a Renzi, che sarebbe assai gradito anche alla minoranza dem.
Discorsi prematuri, anche se nel giglio renziano si guarda con qualche irritazione alla dichiarata stima nei confronti di Delrio non solo dell' ex presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano, ma anche del successore Sergio Mattarella. C' è chi dice che persino Maria Elena Boschi, strettissima nel giglio come Lotti, sia incappata nell' irritazione del premier per alcune dichiarazioni sulle unioni gay che il premier ha giudicato improvvide.
Infine, Rossella Orlandi dell' Agenzia delle entrate e Tito Boeri dell' Inps, due nomine di peso fatte da Renzi, hanno criticato apertamente alcune norme della legge di stabilità e collocati di diritto tra i gufi. Chissà se qualcuno ha spiegato al premier che quanto più potere concentra cresce il rischio di rimanere isolati.